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giovedì, settembre 23, 2010

 

Crocifisso: Richiesta di rimozione da una camera dell’Ospedale di Jesi Asur 5

Jesi (Ancona) – Ennio Montesi, cittadino italiano e scrittore di narrativa, ha richiesto formalmente il giorno 16/09/2010 la rimozione del simbolo religioso del crocifisso dalla parete della propria camera n. 17 del reparto di chirurgia generale dell’Ospedale di Jesi, Asur n. 5, viale della Vittoria, nella quale camera Montesi era ricoverato per un intervento chirurgico. Il paziente Montesi ha fatto varie richieste: una verbale all’infermiera capo sala del reparto, e contemporaneamente una richiesta scritta a mano consegnata personalmente da Montesi alla dr.ssa Virginia Fedele della direzione medica di presidio ospedaliero di Jesi. Non ottenendo alcuna risposta, nella mattinata di venerdì 17/09 Montesi presenta allora una terza richiesta, sempre scritta a mano, a una collega della dr.ssa Fedele, appartenente della direzione ospedaliera. «La mia permanenza in ospedale sarebbe stata di pochissimi giorni» commenta Montesi «e mi aspettavo una risposta veloce per non dovermi sorbire l’imposizione forzata del simbolo chiodato del crocifisso, simbolo di violenza, torture, morte e di crimini atroci contro l’Umanità. L’ospedale è pubblico e ha sede dentro il territorio laico dell’Italia e mai avrei potuto accettare che mi venisse imposto, oltre che discriminandomi, non avendo io nulla a che fare con la setta della Chiesa cattolica. La risposta è arrivata poche ore dal mio terzo sollecito - e poco prima del mio intervento chirurgico - dalla dr.ssa Fedele la quale mi comunicava, a voce e non per iscritto, che il crocifisso doveva restare lì, punto e basta, adducendo nebulose motivazioni. Ho fatto notare alla dottoressa che la mia lettera per la richiesta di rimozione del crocifisso faceva riferimento agli importanti articoli n. 3 e n.19, della “Costituzione della Repubblica Italiana, faceva riferimento all’articolo 9 della Carta Internazionale per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo, recepita anche dall’Italia, e inoltre faceva riferimento alla sentenza della Corte Europea di Strasburgo del 3/11/2009 (caso Lautsi Soile contro Italia) e alla sentenza del 21/2/2008 (Alexandridis contro Grecia) sempre del C.E.D.U. Tutto questo è accaduto tra miei prelievi del sangue e dell’urina, tra i vari controlli della mia pressione e temperatura corporea, visite mediche, inserimento dell’ago nel polso pronto per l’entrata dei farmaci liquidi, fasi indispensabili prima della mia anestesia totale ed ingresso in sala operatoria. Curioso che nell’assentarmi pochi minuti dalla mia camera per una di queste fasi, al mio ritorno, abbia trovato sul mio comodino accanto al letto un pieghevole in carta con orari di messe a rito cattolico presso la cappella dell’ospedale, con stampate icone di madonne con bambolotto in mano, icone di “santi” e “martiri” e una filastrocca farneticante denominata “preghiera del malato”, pieghevole presumo lasciatomi in omaggio dal frate cappellano che si aggira per l’ospedale a indottrinare i pazienti ammalati e a fare proseliti. Al mio ritorno dalla sala operatoria il crocifisso era, ed è, ovviamente ancora lì, attaccato al muro, a beffa e a dispetto delle mie repentine richieste, ma soprattutto a dispetto delle leggi dello Stato Italiano, a beffa di sentenze di altissimo livello, a dispetto di Carte costituzionali. L’Italia è indubbiamente una colonia del Vaticano e gli italiani non sono considerati cittadini, ma sudditi genuflessi del Pontificio Stato Papalino.»

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