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domenica, giugno 02, 2013

 

Corte di Cassazione: I PRETI CHE INDUCONO A NON DENUNCIARE I CRIMINI DI ABUSI E VIOLENZE SESSUALI SUI BAMBINI E SULLE BAMBINE COMMETTONO REATO DI FAVOREGGIAMENTO


Corte di Cassazione: I PRETI CHE INDUCONO A NON DENUNCIARE I CRIMINI DI ABUSI E VIOLENZE SESSUALI SUI BAMBINI E SULLE BAMBINE COMMETTONO REATO DI FAVOREGGIAMENTO - Sentenza 10 aprile 2013, n. 16391 - I miserabili organi di informazione tacciono omertosi

Corte di Cassazione: Sentenza 10 aprile 2013, n. 16391
Delitto di cui all’art. 609 quater c.p. e reato di favoreggiamento da parte di un ministro di culto
Autore: Corte di Cassazione - Penale
Data: 10 aprile 2013
Argomento: Ministri di culto
Dossier: Chiesa cattolica
Nazione: Italia
Parole chiave: Favoreggiamento, Ministro di culto, Denuncia, Molestie, Abusi nei confronti di minori, Investigazioni

Abstract: Per condotta di favoreggiamento personale deve intendersi non solo quella diretta a deviare le indagini già in atto, ma anche quella diretta ad evitare che l’autorità proceda ad accertamenti in ordine al reato e alla scoperta dell’autore di esso. Nel caso di specie, il consiglio di non sporgere denuncia per il delitto di cui all’art. 609 quater da parte di terzi, dato da un parroco alla madre della vittima, è stato ritenuto dotato di obiettiva valenza elusiva, tenuto conto che per l’integrazione della fattispecie non è necessaria la dimostrazione dell’effettivo vantaggio conseguito dal soggetto favorito, occorrendo solo la prova della oggettiva idoneità della condotta favoreggiatrice ad intralciare il corso della giustizia. 
Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 21 marzo – 10 aprile 2013, n. 16391: "Delitto di cui all’art. 609 quater c.p. e reato di favoreggiamento da parte di un ministro di culto". 

Presidente Agrò – Relatore Capozzi

(omissis)

Considerato in fatto 

1. Con sentenza del 3.7.2012 il G.U.P. del Tribunale di Savona dichiarava n.d.p. perché il fatto non sussiste nei confronti di F.L. , parroco di (omissis) , imputato del delitto di cui all’art. 378, 61 n.9 c.p. per aver aiutato P.P. - dopo la commissione da parte di quest’ultimo, e senza avervi concorso, del delitto di cui all’art. 609 quater c.p. ai danni di una infradecenne - ad eludere le investigazioni dell’Autorità di Polizia in quanto, contattato dalla madre della vittima, cercava di dissuaderla dallo sporgere denuncia suggerendole espressamente di non fare nulla e anzi dicendole - tra l’altro – “devi dire a tua figlia che la denuncia è contro la Chiesa”, con l’aggravante dell’aver commesso il fatto con abuso dei poteri e comunque violazione dei doveri inerenti alla qualità di ministro di culto. 
2. La sentenza liberatoria impugnata ha fondato la decisione ritenendo -in punto di diritto - insussistente l’elemento oggettivo del delitto contestato. Ha argomentato che, in assenza di un obbligo di denuncia da parte della madre della vittima, il suggerimento di altri di non sporgere denunzia si pone sullo stesso piano della stessa omessa denuncia, cosicché, non punendosi l’omessa denuncia da parte di chi non ha obbligo di effettuarla, non deve parimente punirsi colui che istiga la predetta omissione. Inoltre, la mancata denuncia e l’eventuale persuasione del terzo mancherebbero dell’elemento oggettivo dell’elusione delle investigazioni della p.g., in quanto l’omessa denuncia costituirebbe atto neutro che non elude le investigazioni, anche se non le aiuta e non ne determina l’avvio.
3. Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica di Savona il quale deduce erronea applicazione della legge processuale penale e manifesta illogicità della motivazione laddove postula l’assimilazione tra l’omessa presentazione della denuncia e la condotta di suggerire ad altri di non sporgere denunzia: la prima, anche se non obbligatoria, deve essere libera e consapevole e non essere influenzata da falsi argomenti agitati da terzi che obiettivamente aiutano il reo ad eludere le investigazioni. Cosicché risulta erronea la decisione resa nell’udienza preliminare di escludere già in astratto la riconducibilità al delitto di favoreggiamento la condotta dell’imputato di suggerire alla madre della giovane vittima di non denunciare il parrocchiano abusante per pretesa contrarietà alla religione cattolica certamente così, ed almeno in ipotesi, aiutando il reo ad eludere le investigazioni. 

Motivi della decisione 

1. Il ricorso è fondato. 
2. Il principale argomento - sopra ricordato - utilizzato dalla sentenza per negare l’accesso alla verifica dibattimentale dell’accusa di favoreggiamento è evidentemente eccentrico rispetto al thema sottoposto dall’organo di accusa. 
3. Non si versa, nella specie, in un preteso concorso per istigazione dell’imputato nella omissione altrui di denunciare l’abuso sessuale, quanto, invece, in una autonoma condotta commissiva dell’imputato volta a determinare l’altrui libera condotta ed, in ipotesi, finalizzata all’ausilio dell’autore del delitto presupposto. 
Risulta così errato l’assunto in ordine alla insussistenza dell’elemento obiettivo del reato secondo la stessa impostazione accusatoria. 
4. In tema di favoreggiamento personale, la giurisprudenza di legittimità ha insegnato che l’“aiuto” comprende anche la pressione esercitata su un terzo per indurlo a ritrattare le accuse formulate a carico del soggetto che si intende favorire, aggiungendo che non ha rilevanza che l’agente operi quando le investigazioni dell’autorità non siano ancora iniziate o siano già avviate o addirittura concluse (Sez. 2, Sentenza n. 10211 del 02/07/1985 Rv. 170936 Imputato: Clemente; v. anche, sotto il primo aspetto, Sez. 2, Sentenza n. 9512 del 11/12/1989 Rv. 184776 Imputato: Materazzo) e, sin da risalente autorevole dottrina, si è chiarito che l’aiuto deve essere positivo e diretto, in relazione allo scopo, ma non occorre che lo sia anche in rapporto alla persona aiutata, alla quale può benissimo prestarsi aiuto mediato. Cosicché la condotta di favoreggiamento può commettersi anche mediante pressione esercitata sopra un terzo, ed in tale ipotesi, se la legge riconosce a codesto terzo la facoltà giuridica di determinarsi a vantaggio del favoreggiato, il titolo di favoreggiamento si presenterà se l’ausiliatore abbia usato violenza fisica o morale o frode. 
5. Ebbene, una siffatta pressione morale è sottesa alla accusa allorquando ascrive all’imputato di aver agitato pretestuosamente nei confronti della madre della vittima la finalità antagonista della denuncia dell’abuso. 
Si esula nella specie dall’Ipotesi del mero consiglio - ritenuto irrilevante ai fini della configurazione della fattispecie da Sez. 6, sent. n. 18164 del 26.4.2012, Giorgieri - che comunque implica la ponderazione dei reali elementi del caso in favore di chi ne è destinatario. L’imputato ha, invece, abusato della qualità rivestita, violando i doveri connessi al suo ministero pastorale, allorquando ha strumentalizzato il legame spirituale di colei che gli si era rivolto in quel grave frangente ponendo, senz’altro e radicalmente, in conflitto la denuncia con la stessa istituzione e confessione religiose. In tal modo, conculcando la libera determinazione della madre così pressata ad omettere la denuncia ed a condizionare nello stesso senso la piccola vittima. 
6. A tal riguardo, del tutto omessa nella sentenza è la considerazione della contestata qualità di ministro del culto rivestita dall’imputato con la correlata violazione dei doveri discendenti da detta qualità, che la giurisprudenza di legittimità ravvisa anche se - come nella specie - il reato non sia stato commesso nella sfera tipica e ristretta delle funzioni e dei servizi propri del ministero sacerdotale, in quanto è sufficiente, da un lato, che a facilitarlo siano serviti l’autorità ed il prestigio connessi alla qualità di sacerdote e, dall'altro, che vi sia stata violazione dei doveri anche generici nascenti da tale qualità (Sez. 3, Sentenza n. 37068 del 24/06/2009 Rv. 244963 Imputato: Abbiati). 
7. Secondo l'insegnamento di questa Corte, inoltre, l'art. 378 c.p. prevede condotte finalizzate a frapporre ostacoli, e comunque a fuorviare l'attività diretta all'accertamento dei reati e alla individuazione dei responsabili, onde per condotta di favoreggiamento personale deve intendersi non solo quella diretta a deviare le indagini già in atto, ma anche quella diretta ad evitare che l’autorità proceda ad accertamenti in ordine al reato e alla scoperta dell’autore di esso (ex multis, Sez. 6, 24.10.03 n.709 Rv.228257; Sez, 6, sent. del 26.4.2012 n. 18164, Giorgieri, non massimata). Risulta, quindi, errato anche il secondo argomento della sentenza sulla assenza di obiettiva valenza elusiva della perseguita omissione della denuncia, tenuto conto che per l’integrazione della fattispecie non è necessaria la dimostrazione dell’effettivo vantaggio conseguito dal soggetto favorito, occorrendo solo la prova della oggettiva idoneità della condotta favoreggiatrice ad intralciare il corso della giustizia (ex multis, Sei. 6, Sentenza n. 3523 del 07/11/2011 Rv. 251649, Papa). 
Oggettiva idoneità che, quindi, deve ravvisarsi nell’omessa denunzia e senza considerare l’ulteriore concorrente contestazione - non valutata dalla sentenza – dell’induzione della madre a condizionare la vittima minorenne affinché non dichiarasse la verità dei fatti. 
8. Ritiene, quindi, il Collegio che nella specie sussistano i vizi denunciati dal ricorrente rispetto alla ipotesi di favoreggiamento, nella specie, correttamente contestata. 
9. La sentenza va, pertanto, annullata con rinvio al Tribunale di Savona per nuovo giudizio che si atterrà ai principi di diritto sopra enunciati. 

P.Q.M. 

Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuova deliberazione al Tribunale di Savona.

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