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mercoledì, marzo 29, 2006

 

La Chiesa. E’ come un drago ferito a morte che agita la coda

“Le religioni e i governi sanno meglio di chiunque altro che il loro potere ha per base assoluta la scuola! La chiesa ha consolidato il suo potere sull’ignoranza delle genti, sulla paura dell’ignoto e della morte. Oggi che la cultura e l’istruzione sono alla portata di tutti cerca di egemonizzarla con la creazione di scuole e università private (clericali); in tutti i modi cerca di sopravvivere consapevole di essere alla fine, è come un drago ferito a morte che agita la coda, ma il progresso, la civiltà e la scienza saranno la loro pietra tombale.”
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Francisco Ferrer y Guardia

mercoledì, marzo 22, 2006

 

Tesi sull’oggettiva e palese pericolosità dell’insegnamento cristiano

Intervista a Sergio Martella
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Proponiamo l’intervista rilasciata da Sergio Martella a un giornale. L’intervista è stata pubblicata solo in piccola parte dal giornale: non ci è dato sapere se è stata “tagliata” o “sminuzzata” o “censurata” per motivi redazionali o di altra natura. Sta di fatto che qui di seguito c’è quella integrale.
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Preoccupati di difendere gli spazi di garanzia e di laicità dello stato dalla perniciosa invadenza dei simboli della chiesa cattolica in Italia, i soggetti impegnati nella battaglia sui valori della laicità, le associazioni e gli intellettuali italiani hanno tralasciato, fino ad oggi, di muovere una critica al cattolicesimo dal punto di vista dei suoi contenuti e dei valori che veicola nel suo insegnamento morale ed etico. Axteismo lancia questa sfida agli intellettuali che in ottiche disciplinari diverse vogliono aderire al progetto di una analisi approfondita su questo tema. Nell’intervista che segue il professor Sergio Martella, psicoterapeuta, delinea quali sono, secondo l’indagine psicologica, le principali colpe dell’insegnamento cattolico e le conseguenze che ne derivano sulla personalità nascente del bambino.
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Mi piacerebbe sapere: qual è il dato più inquietante che emerge dalla vostra ricerca?
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L'idea di un rapporto sui danni della dottrina cattolica è recente nella forma di divulgazione popolare che si intende adottare. C’è da chiedersi il perché di questo ritardo che contrasta con l’enorme varietà di confutazioni filosofiche, letterarie e storiche rivolte contro il cristianesimo. La risposta è disarmante quanto ovvia: solo l’indagine psicologica sul valore simbolico del racconto cristiano è in grado di svelare il senso diseducativo di un messaggio improntato al controllo degli affetti familiari. La carica suggestiva della religione è infatti la componente principale della sua efficacia e risiede unicamente nel gioco fisiologico ed affettivo che si instaura nel rapporto tra generazioni, cioè tra sessualità e potere, a cominciare dall’evento del parto-creazione. La spiritualità è una materia squisitamente psicologica che non può essere intaccata altrimenti sul piano della ragione e della razionalità. Sebbene i principali autori della ricerca in psicologia e in psicoanalisi siano dichiaratamente estranei ad ogni adesione fideistica alle religioni, la divulgazione mediatica delle loro opere ha avuto cura di sminuire e di occultare l’importanza della premessa di laicità di ogni indagine sulla natura psichica dell’uomo.
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Nel constatare quanto in Italia sia evidente tale carenza, stiamo cercando di coinvolgere in un progetto unitario coloro che a buon diritto intendono mettere la loro professionalità al servizio di un obiettivo di indagine. Nella mia attività professionale e clinica ho avuto modo di verificare e raccogliere una serie di connessioni tra modalità formative che tendono a deprimere l'identità psico-affettiva nella costituzione evolutiva della persona e le inevitabili conseguenze nella determinazione del destino individuale e sociale dell'uomo. Il mondo reale è, infatti, una rappresentazione di ciò che è stato impresso nella fase costituente dell'Io. La psicologa svizzera Alice Miller, per esempio, ne "La persecuzione del bambino"
[1] cerca con ansia di mettere in guardia gli educatori dagli effetti della pedagogia nera della religione. Ma ogni appello alla razionalità è utile solo se possiamo educare a riconoscere gli stili formativi che producono un accumulo di cattiveria, di distruttività e di infelicità nell'uomo. L'insegnamento cristiano è falsamente improntato all'amore universale: basta guardare il simbolo genetico del cristianesimo, il crocifisso e ciò che esso rappresenta, per capire la componente di ambivalenza sadica e masochista che questo "amore" veicola nell'inconscio dei bambini. Il sacrificio come premessa, l'esordio della vita nella colpa, l'inquietante percezione di un uso distorto dell'autorità del genitore, equiparato a dio, nell'espropriare il corpo del figlio e nel farne l'oggetto da distruggere per le proprie incarnazioni mistiche. Infatti, secondo il racconto cristiano: la trinità familiare si incarna nel ruolo del figlio, il quale viene destinato al martirio ed al sacrificio per la salvezza dei suoi stessi assassini e dell’umanità.
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Quanta perversione traspare nella semplice formulazione di un tale precetto! Quale amore ha bisogno di sacrifici umani? Può la salvezza dell'umanità derivare dalla disgrazia procurata ad un incolpevole?
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Si tratta di perversione, di cannibalismo affettivo e domestico! Come può accadere che una tale deviazione della coscienza si affermi in modo così radicale nella cultura dell'occidente? Perché l'intellettualità europea, salvo poche eccezioni, per lo più originate dall'ambiente di cultura ebraica, non sanno rilevare l'evidenza di una tale incongruità con i precetti fondamentali del rispetto umano?
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Perché ci si ostina a ritenere degne di fede false acquisizioni razionali e a falsificare la storia stessa senza suscitare una opposizione netta tra coloro che si dicono laici?
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Ho cercato di dare le risposte a questi quesiti in due saggi[2]: uno dedicato alla straordinaria metafora anticristiana del Pinocchio di Collodi, e l’altro alla intuizione di Nietzsche che contrappone l’eroe nella tradizione del mito greco alla sconfitta del prototipo del figlio cristiano che finisce in croce o sconfitto nel suo progetto di vita, come Amleto.
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Ora, con l'estendersi dell'interesse su questi temi, al di fuori della tradizionale banalità dell'ateismo che cercava di dimostrare la non esistenza materiale di dio, il gruppo Axteismo si è prefisso di registrare i danni della esistenza di dio come categoria della mente e dell'educazione di massa. Dove era dio, si chiedono in tanti, mentre in Europa imperversavano i roghi crematori della shoa? Il dio cristiano e antigiudaico della tradizione era proprio lì! Dinanzi alla logica conseguenza dell'odio che aveva seminato per secoli e, anche in quegli anni, sulle pagine dell'organo vaticano, la "Civiltà Cristiana"[3]. Rimase assente solo sui banchi degli imputati a Norimberga, dove si è negata la verità inconfutabile che gli Ebrei sono stati perseguitati in quanto tali – Ebrei – da una identità culturale altra ed egemone: i Cristiani d’Europa, luterani e laterani alleati per l’occasione! Mai il cristianesimo ha pagato per le conseguenze storiche dei suoi insegnamenti ambigui, di un amore sadico, improntato alla sofferenza come valore e all'infelicità dell'esistenza reale. Oltre la storia, la cronaca di ogni giorno – da Ave Maria di Cogne, ai giovani assassini di satana – registra le forme del disagio radicato nelle istanze della religione che continua impassibile a rivendicare per sé il diritto all'egemonia sull'etica e sulla morale. E' invece evidente che la presenza dei valori cristiani (esaltazione della sofferenza, prescrizione del peccato, liturgia del sangue e istituzione del demonio) è stata l'unica organizzazione sempre garantita nei luoghi del degrado umano ed economico, non solo non riuscendo ad apportare modifiche strutturali alle cause della sofferenza, ma legandosi in modo complementare ed ambivalente con le dinamiche stesse dell'ingiustizia e dell'ignoranza.
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L’affermarsi del degrado in ambiente umano non è quindi conseguenza della mancanza di quei valori dello spirito, come si dice da più parti, ma è conseguenza dell’affermarsi di quei valori egemoni in mancanza di una loro attenuazione ad opera dell’emancipazione civile e laica.
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Che soluzioni proponete per porvi rimedio?
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Al di là di un auspicabile risveglio della ragione di fronte alle palesi deformità introdotte dalla religione cristiana, cattolica in particolare, nelle basilari nozioni di igiene degli affetti e del rispetto umano; al di là delle incredibilmente gravi (e in parte inesplorate) responsabilità storiche che un amore così immaturo ha inculcato nella soggettività dell'Occidente, resta ancora non risolto il nodo centrale della comprensione profonda di questo fenomeno. Non è sufficiente contrapporre il darwinismo al conato del creazionismo nelle tendenze regressive del presente. E' necessario aprire gli armadi di una conoscenza così gravosa da recepire in termini estesi, da essere rifiutata largamente anche nelle fasce della popolazione "di sinistra" in Italia.
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DIETRO LA RELIGIONE E I SUOI DETTAMI DI CRUDELTA' OGGETTIVA NEI RAPPORTI PEDAGOGICI TRA GENERAZIONI SI LEGITTIMA IL MOTORE STESSO DELL'ALIENAZIONE SESSUALE DELLA DONNA (quindi dell'intera umanità), LA SUA ESCLUSIONE DA UNA COMPLETA INDIVIDUAZIONE E RESPONSABILITA' SOCIALE.
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La mistificazione di questo importantissimo tema è tale da riferire l'ambito delle discussioni unicamente al conflitto tra sessi. Niente di più sbagliato. Lo studio dell'esegesi analitica del mito, come accade con lo studio dei sogni e del simbolismo in generale applicato alla letteratura e all'arte, rivela nel racconto cristiano (eucaristia, spirito santo e pos-sesso sulla figlia Maria, negazione del ruolo del padre, incarnazione nel corpo dei figli con le stimmate sessuali femminili del sangue e del dolore) l'estensione in termini socializzati della psicologia della Grande Madre intesa nel senso junghiano, in particolare, nell’accezione di Erich Neumann[4]. L'alienazione della donna madre, unitamente all'enorme potere neuro-affettivo che il mistero del parto-creazione le conferisce (nella fisiologia dei mammiferi), connota l'identità dell'Eterna Fattrice di una attribuzione divina da sempre riconosciuta nelle culture di ogni epoca, a partire dalle più remote.
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La religione in genere e, in Occidente, il monoteismo e la religione cristiana costituiscono esattamente l'espressione più coerente della psicologia della Grande Madre. Da qui deriva l'invisibilità e la radicale impunibilità delle istanze, anche sadiche (ma ammantate di profonda affettività), del cristianesimo. Da qui l'assoluta incongruenza tra buon senso, ragione e fede. La madre può sbagliare, essere immatura negli affetti, esigere tributi di sangue a infinito risarcimento di quello da lei versato nella gestazione e nel parto, e tuttavia conservare intatta la forza del suo potere che le deriva dall'aver "pettinato" i neuroni e l'identità affettiva dei nati da lei, uomini e donne. Dalla natività di un essere destinato al rito di sangue e martirio, al controllo delle istanze sessuali e di generazione, alle perversioni mistiche del corpo martoriato esposte dalla gino-iconologia dolente e sanguinosa dell’arte sacra, la religione non è solo un’istanza del potere politico o culturale: essa è innanzitutto la realtà di una alienante e radicata violenza domestica, è un’affezione così profonda da essere riverita con tenacia anche da chi non si dice praticante e tuttavia, difende il cristianesimo nella sua essenza.
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Per lo stesso motivo il cristianesimo, subendo scismi e insanabili contraddizioni, ha resistito ad ogni critica razionale, ad ogni rendiconto di colpa pur riconosciuta valida e dimostrata. Ma non è più lecito tollerare un uso anti-umano del potere degli affetti, diretto specialmente contro i bambini e la loro aspettativa di benessere!
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Alla base di tutto ciò, è una originaria mancanza di generosità, una inveterata attitudine al possesso, all’esproprio della proprietà sessuale del figlio e della figlia in quanto causa di emancipazione e di distacco, in piena autonomia di generazione. L’attitudine al possesso (pos-sesso) è la modalità di dominio esercitata dalla generazione che detiene il potere attuale. Il potere ha, infatti, una origine sessuale: c’è un paradosso intrinseco alla natura sessuale dell’umanità che evidenzia come solo la figlia, in quanto femmina, può divenire più grande e potente del suo creatore, che è la madre. Unicamente lei, non il maschio vezzeggiato, può procreare e mettere in mora il ruolo di potere generazionale della madre! Solo alla luce di questa premessa si possono comprendere i legami di senso che uniscono riti crudeli contro la giovane donna, che non è ancora madre, come l'infibulazione (rito di ingresso della giovane nel clan delle donne adulte), la cacciata con maledizione e colpa della figlia Eva dalla gratuità domestica per partorire con dolo e dolore, e, peggiore di tutte, lo spossessamento del corpo e della sessualità della figlia Maria da parte della madre spirito-santo, trinità matriarcale che già incorpora, nel sistema monadico, il padre e il figlio.
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Alcuni lessici del linguaggio comune rivelano la natura matriarcale e androgina della chiesa: "Don" è contrazione di "donna", è anche il suono del batacchio sotto la gonna-campana, iconologia della madre che in sé trattiene il figlio-fallo, nella fattispecie il prete; "duomo" è, infatti, la fusione fonetica di donna-uomo; i frati recano il cordone ombellicale ancora non reciso alla vita, le suore il velo placentale segno di possesso della madre. Il divieto all'uso della sessualità sottolinea la centralità e l'obbedienza all'unico sesso della madre. Nel caso del racconto dei vangeli, la giovane donna semplicemente viene privata del diritto di succedere alla madre nel potere di una autonoma procreazione. Non bastano i cento anni di coma letargico della giovane, dal momento del menarca (la prima goccia di sangue) fino al risveglio, per placare l’ira della madre-strega. Il veleno della mela, la maledizione biblica e la cacciata dal mondo domestico non placano la sete di invidia e di rancore nella matrigna; né la sterilità della terra ripaga Demetra dell’insana gelosa nei confronti della figlia Core che assurge al ruolo di sposa in un altro regno. Né Psiche ha ancora finito di pagare alle altre donne (sorelle, madre e suocera) il tributo a causa della sua bellezza e del suo amore per Eros. La figlia é la vittima prediletta dalla brama del rispecchiamento di ogni madre. L'infelicità che ne consegue si riverbera nel rapporto con l'uomo, nel masochismo congenito che la lega al persecutore, nella depressione post partum che sfocia nel figlicidio o nella sterilità.
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Se il tema del conflitto tra matrigna e figlia viene trattato e risolto nel mito e nelle fiabe (Cenerentola, la Bella Addormantata, Biancaneve,...), l'entità unica matriarcale proposta dal modello cristiano imperversa, invece, nell'illusione di vivere due esistenze in una: la sua e quella della figlia che le appartiene per diritto di invidia (individia). Maria non ha sesso e non ha un amante, che invece la tradizione ebraica conferisce ad Eva. Il figlio Cristo, esito nella giovane e succube Maria di questa mancanza di riconoscimento della proprietà sessuale, prodotto di un tale spossessamento, nato per caso inopinato (per virtù dello spirito santo e non di una libera scelta), non può che essere predestinato al rango di un... povero cristo! Tale è il suo destino. Sul suo corpo, reso femminile con la ferita nel costato (da cui era nata Eva) e dagli attributi di innocenza, passività ed esclusione, convergono le istanze femminili irrisolte dell'infelicità e dell'immaturità affettiva. Lo scarico sul corpo mistico dell'uomo femminilizzato e mestruato da ferite emorragiche (Cristo, Che Guevara o Padre Pio,...) costituisce il punto di saldatura e di scarico emotivo delle scorie di violenza frutto della innaturale fusione tra madre e donna (ma-donna). Si completa così un ciclo di asservimento, sempre a scapito della giovane e del rinnovo di generazione. Cristo assume una apparente funzione lenitiva, attraverso la rappresentazione della sua morte nel rituale del ma-sacro (sacralità materna). Perciò il cerchio mistico dell’incesto cristiano si alimenta di dolore, perversione, proiezione e controllo.
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Guai a toccare questa figura sanguinante, emblema di scarico dell’ingiustizia e dell’infelicità, avvolta nel sudario della placenta sindone! Il corpo, oggetto di necrofilia, è pianto nella scena della deposizione dalla madre che lo ha sacrificato a compenso della propria alienazione; in ugual modo, nei riti dell’antico matriarcato tramandati da Euripide, la baccante Agave piange il figlio Penteo da lei stessa smembrato. Si tollera l'intollerabile pur di non riconoscere il conflitto tra generazioni al femminile!
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Cosa si può fare per porre rimedio a questa barbarie nella civiltà degli affetti? Si provi a spiegare alle masse di credini (credenti passivi) e fedenti (credenti in cattiva fede) quali istanze innaturali e contrarie alla naturale emancipazione della sessualità si riproducono nella formazione pedagogica cristiana. Da tempo combattiamo una battaglia impari contro le istituzioni alienate dello sfruttamento che conseguentemente e coerentemente con la disumanità del credo si sono stabilizzate in accordo e reciproco sostegno con la religione. Non è forse vero che, in economia, ogni Azienda Madre Controlla e Possiede le Azioni delle sue Filiali? Non è forse vero che il Nazismo (un primato composito di nascita e madre-patria) e il Razzismo fondino le loro ragioni sul diritto di sangue e di appartenenza forzata, che sono attributi del codice materno?[5] E i misfatti sanguinosi delle “nostre cose”, nella tragica epopea di “cosa nostra”, non sono forse ascrivibili ad una affiliazione intorno al corpo centrale del “mammasantissima”, nelle famiglie di mafia? Non è semplice capire fino a che punto si estendono le implicazioni di una sub cultura matriarcale degli affetti, che è al tempo stesso potente, disumana e incontrollata. Essa confonde uomini e donne in una esistenza crudele ed alienata.
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Chi riporta danni psicologici in seguito ad una certa dottrina, può essere recuperato?
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Molto si può fare in questo senso. La mia pratica professionale di terapeuta dimostra che le connessioni analitiche e culturali, difficili da spiegare in termini scientifici, diventano di colpo comprensibili nella valutazione clinica della storia personale di ciascuno. Di fronte al personale libro della vita e degli affetti familiari, ossia dinanzi al codice di relazioni che hanno determinato la nostra vita, risulta logico e facile distinguere la causa dall'effetto che governa la percezione di felicità o l'impotenza dolorosa del fallimento nel progetto di vita. I risultati si possono apprezzare in termini clinici. Ma ovviamente ciò non basta. Occorre mettere in atto strategie di recupero e di consapevolezza in larghi strati della popolazione. Sempre Alice Miller dimostra la ineluttabile relazione tra formazione affettiva e qualità della vita. Tuttavia, in Italia, non una sola ora di educazione alle ragioni della laicità è stata organizzata nei programmi scolastici nazionali!
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Eppure lo Stato italiano è nato su criteri di latinità pre-cristiana, la scienza (Giordano Bruno, Galilei,...) si è costituita intorno ad un nucleo anticristiano, il Rinascimento è stato possibile solo grazie alla riscoperta dei classici greci, l'antifascismo e la liberazione non ha visto il vaticano attivo contro i regimi, bensì schierato dall'altra parte, intento a redigere la propria legittimazione nei concordati con Hitler e Mussolini, ai quali garantiva consenso e sostegno nell’ascesa. Il meglio prodotto in Italia (compresa l'arte sacra, che non era certo realizzata da stinchi di santo) è stato ispirato da una visione laica e democratica della vita e del corpo. Proporre la necessaria questione della emarginazione del cristianesimo nel novero delle opzioni del privato incontra oggi una resistenza fortissima. In tutti i settori. Nella migliore delle ipotesi si tende a sminuire il problema e a lasciare intatte le contraddizioni.
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Non si pensi tuttavia che questa è una battaglia di retroguardia: è la prima volta che si pone in modo cosciente e radicale la proposta concreta di rendere visibile al largo pubblico le responsabilità, non solo storiche, ma formative e causali del cristianesimo. In questo senso dobbiamo agire.
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Il problema è la fede in sé o l'apparato che ogni religione monoteista costruisce intorno al proprio credo?
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Il credo monoteista sta ad indicare la centralità del ruolo sessuale della madre (anche se incarna corpi maschili) nel costruire la dinamica degli avvenimenti della realtà. Perfino la storia recente dimostra che la religione è più efficace della politica nel determinare gli eventi, per questo è importante che si voglia sapere dei reali contenuti trasmessi. Di per sé la religiosità sarebbe un fattore umano compatibile con la civiltà, a patto che si sia consapevoli delle istanze che si veicolano nel racconto di fede che poi diviene prescrizione e istanza morale.
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Sarebbe altresì necessario che le rappresentazioni religiose e rituali rimanessero tali, ossia distinte dall'imposizione di un credo che confonde il simbolico con il reale. Per esempio, il fatto di celebrare la festa della nascita a dicembre con il rito dei doni da parte di Babbo Natale non deve imporre la necessità dell'inganno sulla reale esistenza di un personaggio della fantasia come se fosse reale! Una cosa è la naturale progressione che i bambini attuano nel distinguere la fantasia dalla realtà, altra cosa è la pelosa e deleteria attitudine degli adulti di vedere realizzate le proprie istanze di insoddisfazione infantile facendo credere per forza l'esistenza del falso. Forse che non si può giocare o godere di un rito gioioso sapendo che è un rito in quanto tale?
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Le religioni monoteiste non sono uguali negli effetti delle istanze da esse inoculate fin dalla più tenera età. Non sempre è facile riconoscere, nel confronto, il grado di pericolosità; infatti, concorrono altri fattori nelle società a influenzare gli effetti del credo. In Occidente la cultura laica e razionalista ha attenuato enormemente gli effetti già deleteri del cristianesimo (oltre alla secolare reclusione e sterminio degli Ebrei, si pensi all'analogo scempio attuato nelle Americhe: la crudeltà è un vizio congenito al cristianesimo!). Nel paesi arabi l'islamismo non si giova di una analoga progressione sociale. L'ebraismo ha invece individuato le corrette radici del problema proponendosi in termini di patto (akedà) tra generazioni. Sempre la madre si pone nel ruolo di dio (l'appartenenza ebraica è matrilineare), ma conferisce il potere della legge terrena (Dio verso Mosè) al ruolo paterno. L'esatto opposto della regressione cristiana, che rimanda il padre nella vacuità dei cieli o nel pleonasmo di un vecchio e sterile sposo. Nell'ebraismo la madre ideale è colei che è disposta a separarsi dal figlio purché egli viva (il giudizio di Salomone). Nel cristianesimo la madre è entità globale, indistinta, inglobante e distruttiva, come la grande madre del clan o gregge pre-sociale. È la menade crudele e folle che smembra il figlio Penteo e poi lo piange, come fa Maria sul corpo di Cristo ancora avvolto nella placenta sindonica[6].
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Ogni religione rimane comunque una opzione implicita della coscienza su temi che invece sono alla portata della comprensione umana. Meglio sarebbe una civiltà fondata sulla capacità di rappresentare, senza obbligo di fede, tutte le istanze dell'animo umano. La tradizione dei Greci in questo è maestra.
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Lei ritiene che in Italia, oggi, sia possibile affrontare questi temi e dibatterne pubblicamente?
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E' necessario in tutti i casi. Personalmente non esito a rischiare attacchi personali o scomuniche di varia natura, poiché ritengo una battaglia di assoluta civiltà rendere visibili gli effetti dell'ignoranza e della malafede. Bisogna battersi in tutti i campi della società per affermare una civiltà ed una igiene degli affetti. So per certo che è possibile. Se qualcuno vuole reagire con la consueta violenza già riscontrata nella storia di fronte agli avanzamenti della coscienza e della società, è avvisato, noi siamo pronti. Esiste una minoranza numerica di individui che è già maggioranza qualitativa nel distinguere e rendere visibili i fantasmi dell'inconscio retaggio di una aggressività non risolta. Si tratta di individuare i percorsi di una emancipazione ulteriore per adeguare la consapevolezza umana allo sviluppo della tecnologia e all'inedito potere che essa conferisce all'uomo. Le nuove potenzialità richiedono una dilatazione della coscienza per far sì che ciò che abbiamo costruito non sia rivolto contro di noi, ma a vantaggio di una integrazione con la natura, di cui siamo e restiamo una cosciente emanazione.
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Infine mi servirebbero pochi suoi dati biografici.
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Sergio Martella
Psicologo Psicoterapeuta
Docente a contratto (dal 1993) presso la Facoltà di Medicina e ch. dell'Università di Padova
Via San Massimo, 91/24
35128 - Padova
tel. 049774225
mobile 3283841536
www.arte-e-psiche.com
sergio.martella@alice.it
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[1] Alice Miller, La persecuzione del bambino, Bollati Boringhieri, Torino,1989.
[2] Sergio Martella, Pinocchio eroe anticristiano. Il codice della nascita nei processi di liberazione, Edizioni Sapere, Padova, 2000.
Sergio Martella, Il furore di Nietzsche. La nascita dell'eroe e della differenza sessuale, Cleup, Padova, 2005.
[3] David I. Kertzer, I papi contro gli ebrei. Il ruolo del Vaticano nell'ascesa dell'antisemitismo moderno (titolo originale: The Popes against the Jews, Alfred A. Knopf Inc. 2001), Rizzoli, Milano, 2001.
[4] Erich Neumann, Storia delle origini della coscienza, Astrolabio, Roma, 1978.
[5] Jamine Chasseguet Smirgel, L’ideale dell’Io, Cortina Editore, Milano, 1991, pp. 59,60.
[6] Euripide a cura di Giorgio Ieranò, Baccanti, Appendice, Mondadori, Milano, 2006, p. XXIX-XXXIII.
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Nella foto, lo psicoterapeuta Sergio Martella

 

L’uomo crede abitualmente, anche se solo parole sente


L’uomo crede abitualmente, anche se solo parole sente
che vi debba poter trovare pur qualcosa da pensare.

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Johann Wolfgang Goethe, Faust, I, vv. 2565-66

sabato, marzo 18, 2006

 

Sono Atea. Censurare il proprio ateismo a scuola

Esprimo tutta la mia solidarietà alla collega denunciata
di Marcella Boccia
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Testimonianza
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“Maestra, io sono ateo” – esclamò un giorno un mio alunno di 11 anni.
“Non voglio fare l’ora di religione!” - aggiunse.
“Come mai non hai deciso per l’ora alternativa, all’inizio dell’anno?” – chiesi io, curiosa.
“Mia nonna si sarebbe arrabbiata!” – fu la risposta.
Quello fu il primo episodio in cui, nella mia classe, una quinta elementare si usò il termine “ateismo”. Più volte, da allora, i miei alunni, con i quali discutiamo di qualunque soggetto, mi chiesero se fossi atea, o buddista. Mai ho espresso la mia personale opinione sull’argomento, limitandomi ad insegnar loro la tolleranza e la ricchezza delle diversità.
Il nostro corso di convivenza civile più volte è stato messo in discussione da colleghi e genitori, a causa del comportamento degli alunni, che si sono “erroneamente” convinti, a causa delle mie lezioni, della loro libertà di opinione e di espressione, ed usano scrivere lettere di protesta contro insegnanti “un tantino rigidi”.
Lo scorso novembre, mio primo mese d’insegnamento nella scuola in questione, fui richiamata dal preside, urlante, perché ero stata denunciata da una coppia di genitori.
“Non si fa politica a scuola!”.
L’eresia era aver “costretto” dei poveri bambini indifesi a disegnare, come copertina del quaderno di convivenza civile, una bandiera arcobaleno…
Per tutta risposta, i genitori della bambina le avevano strappato la pagina (i genitori non possono intervenire materialmente sui quaderni, semmai segnalare all’insegnante la loro opinione) e l’avevano costretta a disegnare una bandiera tedesca.
Dov’è, dunque, la collaborazione tra insegnanti e genitori nell’educazione dei fanciulli?
Siamo sul piede di guerra…
Sono testimone dell’atmosfera che si vive ogni giorno a scuola: i colleghi sono preoccupati di ricevere una denuncia da un momento all’altro, perché la legge sulla privacy stabilisce che non si può riportare nei lavori scolastici argomenti che riguardino la famiglia.
I classici temi su “i tuoi genitori, i nonni, gli amici”, ecc. sono “illegali”, si rischia la denuncia.
I miei alunni, pertanto, sanno perfettamente cosa sia l’Unione Europea, l’Onu, gli organismi sopranazionali, ma mai si è toccato l‘argomento “famiglia”. Solo una volta, spiegando cosa fosse un referendum, espressi la mia personale opinione su quanto fosse stato importante che nel 1974 si decise di dar la possibilità ai loro genitori di divorziare, visto che il 99% dei miei alunni vivono tra casa di mamma e casa di papà.
Che io sia favorevole al divorzio non ha infastidito, perciò, i loro genitori, ma che sia pacifista sì.
Allora mi domando: e se sapessero che sono atea?
Ho vissuto giorni di tensione dopo aver raccontato in classe l’episodio, a tratti divertente, del mio matrimonio indù celebrato in India. Erano curiosi di saperne di più di questo ex marito indiano, di carnagione scura, che faceva il docente universitario. Loro credevano che in India vi fossero solo capanne di terra battuta…
Mi aspettavo polemiche da parte dei genitori. Per fortuna non sono ancora arrivate, ma… diamo tempo al tempo…
Lo stesso alunno, il poeta della classe, ha espresso, in un’altra occasione, il desiderio di non avere il crocifisso in classe.
“Non lo voglio!” – esclamò, con decisione.
Un forte desiderio di prendere quel crocifisso e riporlo in archivio, coi vecchi libri di religione che nessuno legge, invase tutto il mio corpo.
Mi sono sentita una codarda a dover rispondere: “Purtroppo non posso decidere se tenere o non tenere il crocifisso in questa classe”.
Cosa avrei dovuto rispondere? Forse che il crocifisso deve star lì perché è obbligatorio essere cattolici altrimenti si viene accusati di eresia? Certo, non si rischia il rogo, ma un processo in tribunale è anche peggio. Perché quando c’è una denuncia e si prosegue con contro-denunce per diffamazione, si scatena un meccanismo che non ha fine… E chi ne ha voglia?
Sono stata costretta a confidare nell’orecchio del mio alunno: “Anch’io sono atea, ma non dirlo a nessuno!”.
Perché?
Perché mai un giorno insegno che la nostra Costituzione sancisce l’uguaglianza tra individui di differente sesso, razza, opinione, credo religioso, ed il giorno dopo devo censurare il mio ateismo?
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Nella foto, Marcella Boccia

 

La vita: Una favola cantata da un'idiota tutta urla e furore


Spegniti corta candela, la vita non è che un'ombra in cammino, un pietoso guitto che sulla scena si pavoneggia e si sbraccia per quell'ora e dopo non se ne parla più. Una favola cantata da un'idiota tutta urla e furore che non significa nulla.
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William Shakespeare, Macbeth

 

La prof denunciata dai genitori: «E’ atea»


Alla Media Robecchi
In sette l’accusano: «Così condiziona i ragazzi»
Lei replica: «Sono offesa e pronta a chiedere i danni»

di Lorella Glauco
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VIGEVANO. Parlare di Dio in classe è come avventurarsi in un campo minato. Non esplodono bombe, ma esposti alla procura. Un gruppo che si definisce «di genitori cattolici» della media Robecchi scrive accusando un’insegnante di «avere più volte ribadito a lezione di essere atea».
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La lettera è indirizzata al preside Lucio Sollima e, per conoscenza, al procuratore della Repubblica, al provveditore agli Studi, al consiglio d'istituto, alla Curia e alla stampa locale. Il testo, seguito da sette firme scritte a penna, ma di difficile decifrazione, chiama in causa l’insegnante di lettere del corso E, colpevole, secondo i genitori, «di atteggiamento alquanto grave e deontologicamente scorretto», in quanto «ha più volte ribadito, durante le sue lezioni, di essere atea e di non credere in Dio». I firmatari poi si rivolgono al preside: «Le rammentiamo che l'insegnante esprime a dei minori un concetto personale, condizionandoli, senza un contraddittorio, e non rispetta la pluralità delle idee e della cultura in generale, abusando e snaturando il concetto stesso di libertà di insegnamento. Per quanto espresso, riteniamo di dover denunciare il fatto alle autorità competenti per abuso della professione di insegnante e abuso ideologico continuato su minori».
L'altra campana è quella della professoressa, che ieri non aveva lezione ed è stata avvertita a casa dal preside. «Sono allibita, affranta e offesa — dice con un groppo in gola —. Dopo 21 anni di insegnamento, di professionalità mai messa in dubbio, fa male sentirsi accusati così, messi all'indice come se fossimo ai tempi dell'Inquisizione. Francamente non mi ricordo di avere pronunciato quelle frasi. Può essere capitato, magari avrò risposto ad una specifica domanda, ma niente di più e non ho mai offeso la sensibilità di nessuno». L'insegnante nega di avere mai professato convinzioni politiche o religiose con intenti impositivi o propagandistici. «Se sono atea? Diciamo che sono una persona che ha dei dubbi e posso avere espresso qualche dubbio sulla condotta della gerarchia ecclesiastica spiegando ai miei allievi la Riforma protestante e la Controriforma. Ma se si chiede a qualcuno se è ateo e risponde di sì commette un reato? E se dicessi che sono musulmana, mi manderebbero al rogo? Se vogliamo alzare un polverone, alziamolo, ma mi sento mortificata, vittima di una cattiveria gratuita che forse nasconde solo risentimenti personali». La professoressa è pronta ad avviare azioni legali. «Mi rivolgerò ad un avvocato — dice — e se i genitori non usciranno allo scoperto confrontandosi faccia a faccia chiederò i danni a tutti. Soffro di tachicardia e ipertensione e questa vicenda mi ha prostrata».
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Il Preside
«Ma prima dovevano informare la scuola»
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VIGEVANO. «Non ho ancora ricevuto la lettera — afferma il preside Lucio Sollima —. Non appena arriverà, avvierò una verifica». La scuola Robecchi, qualche mese fa, era stata al centro di un altro caso: le lezioni di educazione sessuale sospese su richiesta di un gruppo di genitori. Ora una nuova polemica, su cui il preside vuole fare luce. Ieri Sollima ha parlato con la professoressa e stava cercando di rintracciare i genitori firmatari della lettera. «Voglio rendermi conto della situazione — continua Sollima — e capire se quelle frasi siano state pronunciate e, soprattutto, in quale contesto». Il dirigente scolastico esprime un rammarico. «Nessuno mi ha mai esposto il problema — dice Sollima — mi spiace, quindi, che i genitori abbiano preferito scrivere prima di parlarne a scuola». Intanto giungono manifestazioni di solidarietà all'insegnante. «Le esprimo la mia stima incondizionata — afferma il collega Massimo Sala — e considero assurda quella lettera». Alcuni docenti stanno pensando di preparare un documento di solidarietà. (l.g.)
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La Provincia pavese, 10.03.2006

giovedì, marzo 16, 2006

 

Ricostituzione dell’Inquisizione


CREAZIONE DI UNA NUOVA ASSOCIAZIONE
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Dichiarazione alla Prefettura di Polizia di Parigi: Associazione per la ricostituzione dell’Inquisizione. Oggetto: ricostituire l’inquisizione che dovrà soprattutto distruggere gli scritti opposti alla dottrina cattolica e impedire la propagazione attraverso altri mezzi di questo genere d’idee, cosa che comporta, naturalmente, la lotta contro le eresie, le false religioni e ideologie. Data della fondazione dell’associazione: 17/09/1996. Se qualcuno avesse dei dubbi sulla costituzione di questa associazione, non ha che da rivolgersi a codesto indirizzo per accertarsene: Sede sociale: K.J.J. von Hirschfield, 2237225, rue de Charenton - Parigi.
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Re-establishment of the Inquisition
CREATION OF A NEW ASSOCIATION
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Declaration to the Prefect of Police of Paris: Association for the re-establishment of the Inquisition. Object: to re-establish the inquisition which will have to destroy above all the writings against the Catholic doctrine and to avoid the propagation by other means of these kinds of ideas, which, of course, implies a battle against heresies, false religions and ideologies. Registered office: K.J.J. von Hirschfield 223-7225, rue de Chareton 75012 Paris. Date of the creation of the association: June 17,1996. (If anyone has doubts about the establishment of this association he can write to this address).
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Reconstitution de l’Inquisition
CRÉATION D’UNE NOUVELLE ASSOCIATION
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Déclaration à la Préfecture de la Police de Paris: Association pour la reconstitution de l’Inquisition. Objet: Reconstituer l’inquisition qui devra surtout détruire les écrits contraires à la doctrine catholique et empêcher la propagation par l’intermédiaire d’autres moyens de ce genre d’idées, chose qui comporte, naturellement, la lutte contre les hérésies, les fausses religions et idéologies. Siège social: K.J.J. von Hirschfield, 223-7225, rue de Charenton 75012 Paris. Date de la naissance de l’association: 17/09/1996.
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Dal libro-denuncia “La favola di Cristo – Inconfutabile dimostrazione della non esistenza di Gesù” del cristologo Luigi Cascioli www.LuigiCascioli.it

lunedì, marzo 13, 2006

 

Le religioni plagiano


Lettera agli intellettuali

di Vittorio Giorgini
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Per ricevere gratis questo libro digitale in formato Word
è sufficiente richiederlo con una mail a:
axteismo@yahoo.it
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Il movimento Axteismo ringrazia Vittorio Giorgini
per avere concesso la pubblicazione e diffusione gratuita
a mezzo internet di questo preziosissimo saggio.
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Questo testo è in regime di Copyleft:
la pubblicazione e riproduzione è libera e incoraggiata
purchè il testo sia riportato in versione integrale, con lo stesso titolo,
citando il nome dell’autore, tutti i riferimenti e riportando questa scritta.
Se un Editore è intenzionato alla pubblicazione prenda contatto.
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Copyright © by Vittorio Giorgini, Firenze 2006
via della Chiesa 62 - 50125 Firenze Tel. 0552382882
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Agli adulti e ai ragazzi
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Non so cosa darei perchè da bambino, la maestra a scuola e la mamma a casa, mi avessero dato da leggere “Le religioni plagiano”. Ragazzi e genitori possono fare tesoro di questo lucido saggio di Vittorio Giorgini. Riflettere sui danni che le religioni provocano sulla salute e sulla personalità delle persone eviterà il formarsi nella mente della terribile “segatura religiosa”. Mente che deve essere libera e pronta a vivere la vita con serenità e raziocinio piuttosto che con addosso l’oscurantismo, la colpa, l’oppressione: pesi enormi messi sulle spalle da uomini furbi con l’intento di controllare la mente e la vita di altri uomini.
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Ennio Montesi
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Credenti e non credenti
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I credenti si servono di strutture forti ed autoritarie per plagiare le società: chiese, pulpiti, sinagoghe, moschee, tutti i mezzi di comunicazione e di educazione che invece mancano ai non credenti e che vengono loro resi inaccessibili in tutti i modi possibili.
Tale plagio è così evidente ed efficiente che pare impossibile non notarlo; ma allo stesso tempo la sua pervasività spiega perché i credenti non se ne rendano conto e manchi la distanza critica e la tolleranza.
Possiamo prendere in esame, a caso, due religioni diverse ma di uguale radice, come quella cattolica e quella musulmana: ognuna è pronta a giurare sulle proprie verità, assai diverse per quanto simili, ed in nome di queste a combattere e uccidere. Così è stato per centinaia di anni: assurdo totale, ma ogni parte in causa pretende di avere ragione.
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Ringraziamenti
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Vorrei dar credito per l’aiuto, le critiche, i consigli e le correzioni a Paolo Anselmi, Cecilia Dozza, Marco del Francia, Caroline Gallois e Mario Solina.
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In un filo d’erba
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Io sto’ in un filo d’erba e laggiù in fondo
- con le mie vertigini - guardo le formiche ed odo
il rombo intorno dei mosconi.
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Uomini di mondo e di comando
Uomini dell’industria capitani
Uomini della politica
Uomini di chiesa
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Gli alberi e le pietre vivono più di voi,
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l’acqua di sorgente conosce piante, pietre e fango
la luce del sole i lievi riflessi lunari
le corse folli il lento andare
i salti capricciosi le attese silenziose
e tutto porta con se e poi si dissolve ed in varie forme
guarda dall’alto dove tornerà a dar vita
guarda e sceglie e si getta sulla terra o vi scende
librandosi leggera
e la ripenetra ed ancora conosce – ritrova – ama – prende – dà –
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Uomini di mondo e di comando –
Venite –
Io sto’ in un filo d’erba – con le mie vertigini -
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Vittorio Giorgini (1968)
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Le religioni plagiano le società
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Gli infanti sono semplici, ingenui, curiosi ed appunto perciò, creduloni e pronti all’entusiasmo: è facile far credere le cose ai bambini, che poi crescono spesso senza dubitare dei primi insegnamenti ricevuti. E poi succede che, in una concatenazione senza fine, i credenti insegnano a coloro che, divenuti credenti, a loro volta insegneranno in una spirale senza fine.
I credenti si servono di strutture forti ed autoritarie per plagiare le società: chiese, pulpiti, tutti i mezzi di comunicazione e di educazione che invece mancano ai non credenti e che vengono loro resi inaccessibili in tutti i modi possibili.
Tale plagio è così evidente ed efficiente che pare impossibile non notarlo; ma allo stesso tempo la sua pervasività spiega perché i credenti non se ne rendano conto e manchi la distanza critica e la tolleranza.
Possiamo prendere in esame, a caso, due religioni diverse ma di uguale radice, come quella cattolica e quella musulmana: ognuna è pronta a giurare sulle proprie verità, assai diverse per quanto simili, ed in nome di queste a combattere ed uccidere. Così è stato per centinaia di anni: assurdo totale, ma ogni parte in causa pretende di avere ragione.
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Nascita del sacro (‘sacrogonia’)
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I viaggiatori del passato hanno lasciato racconti che parlano di popoli primitivi, poi quasi tutti sterminati o trasformati ed inglobati nelle culture religiose dei conquistatori ad opera dei missionari e dei militari, che sono sempre stati gli eserciti delle chiese.
Nonostante il danno fatto da questi ‘depositari di verità’, esistono ancora popolazioni come gli indios delle Americhe, i pigmei ed altri gruppi sociali in Africa, in Oceania, in Australia che mantengono costumi primitivi. Molti antropologi contemporanei ce ne danno resoconti.
Molte di queste testimonianze, accostate e comparate, raccontano come le religioni si siano sviluppate.
Le storie dei viaggiatori del passato, gli studi di scienze recenti come l’antropologia, l’etnologia, la paleontologia ed altre testimoniano di credenze più antiche del paganesimo politeista e raccontano storie di geni, fate, maghi e dèi. Ci parlano di popoli vissuti in un periodo in cui il linguaggio era inesistente come noi lo conosciamo od elementare. Così sappiamo che gli argomenti del cosiddetto sacro si sviluppano a partire dal preanimismo e dall’animismo e assumono la forma del teismo politeistico e monoteistico.
Tale svolgimento segue lo sviluppo della cosiddetta civiltà, che inizia molto tempo prima della civitas.
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Quando l’australopiteco esce dalle foreste e si inoltra nella savana ha ancora i comportamenti dell’animale. I paleontologi parlano di quattro milioni di anni e più (ma questo i maghi o gli stregoni primitivi, ed anche i più vicini a noi, non lo sapevano o non lo hanno voluto credere!).
Ancora è difficile dire quando questo quadrupede, trasformatosi in bipede con il pollice articolato (osservare la differenza fra il pollice della mano e l’alluce del piede), abbia iniziato a disegnare e poi a dare il nome alle cose (si parla di 250.000 anni fa, ma nel periodo precedente - da 2 milioni di anni - già costruiva utensili litoidi, di legno e di fibre vegetali).
Certo le sue prime comunicazioni, oltre alla mimica (mezzo di comunicazione di ogni animale) furono dei disegni per evocare cose non presenti: un animale, un pesce, per esempio, disegnati sulla terra, sulla sabbia, sulla roccia o sulla corteccia dell’albero. Quando dall’Africa si inoltrò in Asia ed in Europa (si parla di 800 000 anni e più), già aveva dato nomi alle cose ed anche articolava qualche verbo più o meno semplice: indicazione delle cose con i nomi e delle azioni con i verbi.
Prima di ciò conosceva solo istinti primari: conservazione, paura, procreazione, fame, fuga, riposo, fatti fisiologici, insomma strumenti per la conservazione della specie dei quali nemmeno era cosciente.
Il pensiero si sviluppa molto lentamente nell’arco di diecine di millenni.
Fra istinti animali e l’inizio di una parvenza di linguaggio (e del pensiero che ne consegue) s’instaura anche la percezione di forze nascoste, di potenze superiori, sconosciute e terrificanti: la bestia che appariva repentina e sbranava i malcapitati, la terra con le sue pianure e le sue montagne che vomitavano fuoco o gas bollenti, oppure tremavano e magari si aprivano in voragini. Il cielo si faceva scuro, lanciava tuoni e fulmini che potevano appiccare il fuoco ed anche uccidere. Piogge e venti che tutto travolgevano; questi e tanti altri fenomeni come la fame e la sete le genti primitive non potevano capirli, e quindi li mitizzavano e li temevano, anzi ne dovevano essere terrorizzate.
Paura, paura, paura e basta!
Il nome, ma ancora di più il verbo, segnano l’inizio del pensiero come noi lo conosciamo.
Intanto diviene possibile evocare ciò che non è presente: Tizio e Caio, il pesce, il vento, l’acqua... quando non ci sono.
Il nome e il verbo danno così inizio al fenomeno illusorio nell’evocare la cosa o l’azione assente, e anche consentono di raccontarne una non accaduta. Nasce quindi la menzogna che prima del racconto non era pensabile…
Evocare cose ed azioni sembra segnare il vero passaggio dalle maniere animali a quelle del cosiddetto homo abilis e sapiens. Questi furono più coscienti delle loro paure ed i più abili svilupparono il rapporto con le ‘potenze terrificanti’; la menzogna infatti! Ormai le avevano definite con nomi e ne avevano raccontato le azioni e quindi potevano evocarne il potere e di conseguenza dare ad intendere di potersele accattivare.
Come?
Come quelle genti già erano abituate a fare, cioè con il baratto: io do una cosa a te, tu dai una cosa a me. Nasce l’offerta, che è subito sacrificio (fare cose sacre, appunto): il sacrificio indica già la proprietà di cose e di persone; per dare occorre avere.
Nasce anche il concetto di colpa, in quanto le azioni terribili delle ‘potenze’ vengono interpretate come punizioni verso i trasgressori delle regole.
Per controllare i membri della tribù o della società ecco create le regole e le punizioni per i trasgressori.
Nel rapporto regola - infrazione - colpa - punizione, fa leva la paura (la soggezione), l’arma più efficace del potere.
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Nel periodo preanimistico le potenze prendono forme di bestie, rettili, insetti, pesci ed uccelli; con il perfezionarsi del fare immagini questi animali si compongono: i rettili con gli uccelli, i draghi paiono aver più successo; via via le composizioni evolvono e divengono sempre più complesse. Il fatto di comporre cose immaginate con pezzi magari caricaturali è l’unico modo per disegnare rappresentazioni di cose inesistenti o sconosciute. E’ così che ancora oggi si fa, si vedano le rappresentazioni degli extraterrestri che, come gli dèi, sono ‘altri’, alieni.
Nasce l’iconografia immaginata (immagine da magia, come si chiamava nelle lingue più antiche?); nascono immagini alle quali poter parlare, chiedere, supplicare, quindi offrire e sacrificare. Ma le immagini servono anche a oggettivare (reificare) le potenze per meglio far credere ai sudditi profani, per coloro che non possono ‘vedere’ se non ciò che viene mostrato loro.
Era nata la superstizione, il senso del sacro aveva preso forma e consistenza .
L’intermediario fra queste immagini delle ‘potenze’ e l’impotente, il pauroso, era chi pensava e creava (quindi disegnava e componeva) le immagini. Era chi aveva capito di guadagnarsi rispetto ed autorità dai timorosi che, succubi, gli davano potere.
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Sviluppo dei credi e del potere religioso
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Alla nascita del sacro (‘sacrogonia’) segue il potere, l’autorità del sacro (‘sacrocrazia’) cui seguirà la teocrazia. Nascono lo stregone, il mago, lo sciamano, che ricoprono nelle tribù una posizione di prevalenza e di autorità. E’ lui (o lei, ma meno spesso) che si assume il privilegio di fare da intermediario fra gli dèi ed i miseri umani, è lui che si autonomina demiurgo, depositario di segreti, di poteri miracolosi, di capacità profetiche ed esorcistiche, il rivelatore.
Ancora oggi queste figure sono chiamate con i nomi di ‘padri’, ‘popi’ e ‘papi’: etimo antico legato a padre, potere, patria, potenza, potestà e comunque al significato tribale di autorità. Padre, figura dominante: “Padre nostro che sei nei cieli … sia fatta la tua volontà”.
E’ questa la prima professione che le società si inventano e che nel tempo si trasforma secondo lo sviluppo delle tecniche e delle idee: la più comoda e proficua delle professioni, e soprattutto la più potente.
Dalle percezioni di paura del periodo prelinguistico si passa all’animismo.
Anima, spirito, pneuma… come si chiamava in lingue precedenti? Certamente con parole di significato simile al vento, il movimento dell’aria.
Troppo logico.
Il notare che la morte, l’inerzia, è legata al cessare della respirazione, porta ad osservare e convenire che la respirazione, il movimento dell’aria rappresenta la vita, mentre l’immobilità appartiene alla morte. La potenza dà e toglie la vita per mezzo dell’aria, che diviene mezzo di vita, ma anche indice della scansione di ‘prima’ e ‘dopo’, del movimento e del collegamento con queste potenze che hanno sede in qualche luogo, che viene immaginato come un aldilà (ci si inventi poi che cos’è questo aldilà!).
Al vento, in un secondo tempo, si aggiungono cibo ed acqua, quando con l’animismo l’anima passa a tutte le cose: ciò si è poi chiamato panpsichismo. Il concetto si sarebbe sviluppato proprio perché il vento viene da un là e va verso un di là e sfiora tutto. A questo poi si aggiungevano i movimenti degli astri, della pioggia e dell’acqua. Venire da una parte, andare da un’altra, deve essere stato importante per i primitivi che si muovevano continuamente alla ricerca di cibo e sicurezza ma che anche assistevano ai moti, alla comparsa e scomparsa degli astri, delle stagioni, e comunque ai cicli più diversi. Ne è testimonianza la quantità di miti, leggende, fiabe e cerimonie, particolarmente di iniziazione; già la parola inizio presuppone un successivo movimento e svolgimento e quindi una fine. Si parla di viaggi più o meno mitici o fiabeschi: un esempio recente è il battesimo contemporaneo, con cui si fa passare l’acqua sul capo, rito che già in precedenza aveva il significato di purificazione; nei riti più antichi (da cui deriva), consisteva però nella immersione totale e riemersione dall’acqua, e indicava purificazione ma anche viaggio, andata nell’aldilà e ritorno.
Questo concetto di ‘passare dall’altra parte’, di morte e rinascita, era espresso nei riti del ‘passare attraverso’: non solo attraverso l’acqua, ma anche attraverso il foro di una pietra, di un albero, o addirittura l’essere sotterrati e dissotterrati, oppure il saltare al di là di un fosso o di un segno qualunque o fatto appositamente (vedi Romolo e Remo).
Il passare da un mondo all’altro - che era desiderio di elevazione al divino ed atto di magia oltre che esorcismo della morte - fu rappresentato nel mondo cristiano, dopo il battesimo, con la crocifissione, il sepolcro, la resurrezione e l’ascesa al cielo del Cristo. Rappresentazione ultima degli antichi viaggi di iniziazione e di salvazione, come fu la storia della venuta al mondo e della dipartita del Cristo. Antica mitologia, questa, della divinità che si trasforma in umano e viceversa.
La lista dei viaggiatori è lunga: Prometeo, Ulisse, gli Argonauti, Enea; i viaggi sono l’argomento di molte fiabe e leggende: si racconta anche oggi ai bambini de Il gatto con gli stivali, di Alice nel paese delle meraviglie, de I viaggi di Gulliver; anticamente i viaggi, per lo più di caccia, erano l’iniziazione dei giovani nelle tribù.
I grandi viaggi sono l’argomento delle grandi narrazioni classiche: quello degli ebrei alla ricerca della terra promessa , narrato nell’Antico Testamento; il viaggio di Enea narrato da Virgilio; quello dell’Ulisse omerico e quello di Dante.
La curiosità e la speranza, motori dei viaggi, spiegano i motivi di tutte le esplorazioni della terra, dei mari e degli abissi, tanto sottomarini quanto sotterranei, e del cosmo, sia reali che illusori .
E’ interessante notare come storie e miti simili, una volta creduti con gran fede, perdano di credibilità col passare del tempo.
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Il sacrificio. Colpa e punizione
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Passaggi, viaggi, iniziazioni costano sempre sacrifici (fare cose sacre).
Il Cristo costa, col suo avvento, il più orrendo infanticidio che la storia, od il mito, ci raccontino e termina il suo viaggio con la croce, ulteriore sacrificio e punizione, e con la resurrezione, successiva salvezza.
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Il ‘fare cose sacre’ è legato al baratto di cui si è parlato.
L’antico do ut des, io do una cosa a te, tu dai una cosa a me, in termini mercantili è contrattazione che dovrebbe risolversi con soddisfazione delle due parti, mentre il sacrificio dà per certa la parte del sacrificante, ma non è assolutamente certo che la controparte sia lì a ricevere ed a contraccambiare: non è mai stato provato da nessuno, solo ne parlano scritti, miti e leggende. La sola controparte presente e certa è lo stregone od il sacerdote, il ‘rappresentante’, insomma. E’ per ciò che il credente deve solo credere, aver ‘fede’, non deve pensare né fare domande.
Ma il sacrificio nasce insieme alla supposizione che dietro alle cose incomprensibili esistano forze occulte e pericolose. Queste sono infatti forze ignote e, come già visto, pronte a punire i trasgressori: la bestia, il terremoto, i venti, le alluvioni, le eruzioni e quant’altro.
Tali forze sono pensate come entità da propiziarsi, alle quali dare cose o fare atti di richiesta, di supplica e di sottomissione; tutte cose che vanno solo ad arricchire gli stregoni, i maghi, i sacerdoti e a nutrire il loro potere. Vediamo che nei sacrifici e nei riti delle religioni attuali come di quelle più antiche, primitive, le differenze sono tra riti più o meno cruenti oppure differenze solo formali, ma l’attitudine di sottomissione è sempre la stessa.
Queste abitudini sono radicate, dai tempi più antichi fino alle indulgenze vendute, l’acquisto di giorni di purgatorio od altro, nei giubilei dei giorni nostri, fino alle attuali figlie delle indulgenze, le tangenti, che sono fatti in cui il tornaconto concreto è però evidente e verificabile. Certo che, rispetto al sacrificio di una vergine scannata o data in pasto ad una belva, l’essere chiusa in clausura o penitente viandante verso un santuario, a un giubileo, oppure il recitare un certo numero di avemarie, appare meno barbaro; ma è anche una questione di opinioni e punti di vista e di costumi!
Il fare cose sacre appare barbaro ed è comunque brutale, ad un'analisi più attenta, e la parola stessa ha assunto anche il significato di atto ‘contro’ la vita.
Già dalle religioni più primitive l’atto cerimoniale produce risultati drammatici per lo sviluppo delle cosiddette civiltà. Umilia la gente accettare che il giovane figlio o figlia vengano sacrificati (generalmente è più probabile si tratti di una vergine). Analogamente l’immolare animali, o dare i frutti del proprio lavoro, è in gradi diversi altamente umiliante, così come il dover sottostare a cerimoniali e riti, compreso quello dell’educazione imposta. L’umiltà è precetto primo, con la fede, per essere sudditi fedeli.
Il segno di fedeltà, così come il suo opposto e conseguente, quello di infedeltà, in qualunque sua forma, è debilitante dell’intelligenza, ma efficiente strumento politico per il mantenimento del potere, dell’autorità e quindi della soggezione del suddito. Infatti si applica nei confronti dei più deboli: dei figli in famiglia, della femmina per affermare l’autorità virile del maschio, degli schiavi, dei militari e dei diaconi. Più dipendenti e servi si hanno, più si dispone di autorità, forza e credibilità.
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Nelle religioni, da quelle degli stregoni a quelle dei sacerdoti, in molti casi ancora oggi, i dissidenti, i trasgressori sono socialmente emarginati o, peggio, eliminati fisicamente, e/o torturati.
L’ignoranza voluta e mantenuta nei sudditi costituisce la parte forte nella struttura delle religioni e, nonostante queste si siano anche rinforzate (nel sommarsi dei tributi) come maggiori potenze economiche, le loro fondamenta dogmatiche diverrebbero fragili se la base dell’ignoranza crollasse.
Per capirlo basta una sola domanda: perché in ogni tempo, in qualsiasi società, non si è voluta, non si è permessa ed anzi si è combattuta con ogni mezzo una vera educazione sulle religioni, cioè l’insegnamento della storia delle religioni comparate, compresi i miti, le leggende e le fiabe, mentre si è voluta ed imposta solo la confessione ufficiale, demonizzando o occultando o almeno ridicolizzando le altre? Insomma, i religiosi si sono da sempre impossessati, usurpandolo, del diritto all’educazione ed hanno combattuto, impedito l’informazione riguardo a ogni ‘diversità’.
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Ignoranza e Massificazione
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E’ sempre stato per mezzo dell’ignoranza in cui sono state tenute che milizie e folle sono state condotte a compiere distruzioni, omicidi e genocidi orribili. Miseria ed ignoranza fertilizzano il fondamentalismo di qualsiasi colore esso sia.
Oggi, le statistiche ci dicono che molti atti criminali sono ancora fatti eseguire dalle masse più ignoranti.
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La curiosità. Domande e risposte
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Lo studio delle trasformazioni delle religioni, a partire da quando non erano che paure e superstizioni, prova come esse non siano rivelazioni di un dio, ma piuttosto una costruzione della mente umana fin dall’inizio del pensiero.
L'homo abilis sviluppa il pensiero per usare tecniche (non ancora capite come tali), per fare utensili, cacciare, pescare, mantenere e poi accendere il fuoco e via via allevare animali e coltivare la terra, fino alle tecniche contemporanee.
Ma il vero fenomeno ‘pensiero’ nasce con la speculazione della curiosità sull’ignoto ad opera della paura, con domande e risposte del tipo: perché si cessa di respirare e di muoversi? Il respiro è vento che porta l’aria della vita, il pneuma, l’anima. Che cosa succede quando si muore? Da dove si viene? Dove si va? Ed il sole, la luna e tutto il resto? (Curiosità delle cose, fascino del movimento, del viaggio e paura della morte).
Ne seguono tante diverse speculazioni pre-artigiane e post-artigiane.
Le genesi, le cosmogonie, ierogonie ed androgonie, possono, per le loro stesse descrizioni, essere datate. Gli uomini che nascono da connubi di materie tipo terra-aria-cielo-acqua, o da pietre gettate sulla terra, oppure la gente che esce da una grande zucca che si rompe, appartengono a visioni preanimistiche ed animistiche. Le genesi che fanno riferimento alla provenienza da ‘pezzi’ di dèi, semidei od altri esseri, sono di tipo animistico.
Anche agli astri venivano attribuiti progenitori e queste attribuzioni si precisano con le osservazioni astronomiche.
Altrove si parla di semi che producono genti ed animali, interpretazioni databili dalle prime conoscenze sull’agricoltura.
Post-artigiana è la narrazione biblica, per cui ci vogliono sette giorni per la creazione! Non c’erano forse ancora i sindacati, ma la settimana lavorativa era già in funzione.
Si dice che furono i Sumeri, circa 15-20.000 anni fa, a definire l’anno e dividerlo in settimane; e così si data la genesi ebraica: “Ed il settimo giorno si riposò”.
E ancora: l’uomo plasmato con la creta, la statuetta, è androgonia artigiana. Nelle teogonie greche gli etimi indicano queste origini legate alla terra: Gea, per esempio, la grande madre terra; da lì le genti (e anche ‘l’altra’ madre delle donne, Pandora, era generata con argilla e vento, il soffio).
Del resto, umano viene da humus, terra. Per i vasai terra e argilla si equivalevano.
Di genesi artigiane parla anche Esiodo ne Le opere ed i giorni (con le cinque razze che, a parte quella degli eroi, sono derivate da statuette d’oro, d’argento, di bronzo e di ferro), mostrando una degenerazione dai tempi aurei, dal paradiso terrestre (l’oro), alla cacciata fuori (il ferro).
Nella tradizione biblica la donna, estratta dalla costola, rappresenta ancora un generare animistico.
Nel trasformarsi le religioni si mescolano e si intrecciano. Per mantenere i benefici del potere lo stregone e poi il sacerdote devono dare risposte, devono convincere di essere in contatto con le forze e le potenze il primo, e con gli dèi il secondo. Quindi devono fare atti di magia, profetare, mostrare quell’infallibilità che è degli dèi (i ben noti oracoli oggi non sono più presi sul serio, ma i profeti, i santi ed i papi lo sono ancora, come pure gli astrologi, i chiromanti o simili).
Il contatto con la divinità era raggiunto con mimiche, danze, urla e canti, ipnosi e stati di trance e di esaltazione con o senza droghe; in alcune culture ancora oggi questo avviene, mentre tutto ciò nella religione cattolica è sostituito da cerimonie come la messa e la preghiera.
Però il contatto era nelle mani del sacerdote, il profano non ha mai avuto accesso ai misteri.
Questi, insieme al sapere, sono sempre stati proprietà dei religiosi, gli unici ad essere autorizzati al controllo della scrittura e della lettura.
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Prima furono la paura delle potenze e gli stregoni a plagiare il pensiero umano, poi furono i sacerdoti, i capi che si proclamarono dèi, semidei, esseri umani a metà, che si elessero re ed imperatori divini. Dai Sumeri ai Babilonesi, dagli Egiziani ai Romani, tutti dèi, divini, divinizzati. E così anche molti ‘pensatori’, filosofi e profeti che si dissero dèi o semidei o figli di dèi, da Epicuro a Pitagora, da Akhenaton a Nerone e così tanti altri fino a Cristo, Maometto, ai papi, fino all’ultimo imperatore del Giappone, Hirohito, che si è ‘sdivinizzato’ dopo la seconda guerra mondiale, costretto, potremmo dire, dagli Stati Uniti perché questi non potevano più divinizzare il loro presidente!
Molte sette, invece, non hanno avuto successo perché i loro iniziatori non sono riusciti a convincere della loro provenienza divina.
E questa tendenza è ancora presente fra le varie sette che tentano di imporsi ed anche fra i cattolici, nei riti di beatificazione e santificazione.
Le molte specialità che i santi del cattolicesimo personificano sono uguali a quelle delle varie divinità secondarie dell’Olimpo, e ricreano così una forma di politeismo nel monoteismo, ulteriore prova di forza della tradizione. E’ questo aspetto pagano, insieme ad altri, che differenzia il Cattolicesimo dall’Ebraismo, dalle confessioni protestanti e dall’Islamismo.
Insomma dalla nostra infanzia, che ancora dura, si ebbe sempre una certa confusione, dove i primi pensatori furono gli stregoni, i maghi ed i sacerdoti e poi i filosofi, i santi, rappresentanti in terra degli dèi. E’ divertente notare che in fondo l'invenzione del sacro cresce e si trasforma con lo sviluppo dell’esperienza; strano che gli dèi onniscienti non abbiano fatto altro che trasformarsi e contraddirsi!
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Pensiero religioso e scientifico
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La mente umana nasce curiosa. La curiosità viene poi uccisa dalla mortificazione del plagio e della prevaricazione dell’autorità.
Abbiamo avanzato l’ipotesi che la paura e la curiosità stiano alla base dello sviluppo del pensiero e che la sola differenza fra la religione e la scienza, ambedue figlie del pensiero e nipoti della curiosità, sta nel fatto che la paura ed il suo sfruttamento, uniti, producono la religione; la curiosità senza paura, se vista in una prospettiva contemporanea e laica, produce la scienza, conoscenza, cioè, senza verità cui prestar cieca fede, credenze e dogmi vari cui aderire acriticamente. Poiché tuttavia, in situazioni di minori conoscenze, non si poteva prescindere dalla paura, il pensiero religioso in tali situazioni va assimilato a quello scientifico, e ciò appare chiaro fin dai presocratici. Il loro pensiero di ricerca prescientifica è, per lo più (salvo alcune eccezioni, già che siamo in tempi recenti e si hanno già segni di illuminismo), religioso.
I presocratici, con i profeti, gli evangelisti ed i santi dell’antico e del nuovo testamento, lavorano anche per affermare cosmogonie, androgonie, miti e risposte con caratteri dogmatici più che scientifici, ovvero confondendo e mescolando le due categorie.
Occorre arrivare al 1600 d.C. perché con Copernico, Galileo, Harvey, e poi Darwin e tanti altri, le cosmogonie e le androgonie, le domande e le risposte assumano caratteri più propriamente scientifici, in senso laico, e lentamente si faccia strada un approccio conoscitivo più indipendente da dogmi religiosi e pregiudizi.
Ciò non è avvenuto senza reazioni, che hanno prodotto martiri e dolorose offensive contro i trasgressori, delle varie chiese: siamo ancora lontani da una vera ed effettiva indipendenza dal potere e dalle culture religiose.
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Il trasformarsi del pensiero è visibile anche nelle varie iconografie. Come si è già detto, prima si mistifica rappresentando la divinità nella bestia; poi, per renderla più astratta e terribile, la si trasforma in una composizione fantasiosa di pezzi di bestia, molto spesso caricaturali.
Tali composizioni durano fino ad oggi e si riconoscono nelle rappresentazioni degli angeli, donna - uomo - uccello, o dei demoni, per lo più uomo-capra ed anche pipistrello. Anche Lucifero, angelo ribelle, è rappresentato in una figura che deriva da quella di demoni sotterranei precedenti e ricordiamo che le caverne che gli antichi hanno abitato erano a volte anche abitate da grossi pipistrelli, vampiri sotterranei ed assetati di sangue; infatti le ali dei demoni sono quelle dei pipistrelli.
Pare logico lo sviluppo di certe osservazioni-conclusioni primitive. I pipistrelli collegano le caverne, il sottosuolo, con la superficie terrestre ed il cielo; sono abitanti ed anche messaggeri degli inferi. Gli uccelli collegano la terra con i cieli. I pesci, i serpenti, i rettili ed i draghi collegano la terra ed i suoi sotterranei con l’acqua e gli abissi marini.
Logico era il desiderio dell’umano di trasformarsi o di immedesimarsi in questi esseri capaci di volare, nuotare e correre: tutte abilità che si aggrappavano al desiderio di immortalità ed onnipotenza. E la fede ‘cieca’ nei dogmi, nei miti, nelle storie, è dimostrata da un infinità di esempi.
Uno dei più divertenti si trova nei moltissimi scritti, litigi e nelle speculazioni che fan parte del famoso dibattito sul sesso degli angeli, senza che mai venisse posta la domanda se gli angeli esistessero…
Il periodo di transizione fra le figure di bestie composte, draghi, chimere, leoni alati e la figura umana, vede comporsi pezzi di animali e pezzi di umani. Teste di uccello e corpi umani o corpi di uccello con teste umane. Teste e corpi umani ed ali di uccello, quindi esapodi, avendo sei estremità (cosa che differenzia angeli e demoni dalle arpie!)
I fauni con barbe, corna e gambe di capra (come i diavoli); i centauri, le sfingi, le sirene, Poseidone, donna, uomo, pesce, sono il passaggio per arrivare a...dio creò l’uomo a sua immagine e somiglianza. Zeus ed Atena furono dagli uomini creati a loro immagine e somiglianza.
Le bestie erano già passate di moda! Solo in parte, comunque: fino al tardo gotico infatti, e per tutto il medioevo e oltre, vediamo i decori delle chiese riempirsi di raffigurazioni e mostri di tutti i tipi, a testimoniare la permanenza di superstizioni ed immagini antiche ancora vivide fra i primitivi e superstiziosi contemporanei, ignoranti di storia.
E’ incredibile come per continuare a credere non si ‘notino’ prove così evidenti. Infatti queste rappresentazioni oggi vengono intese come opere d’arte, e non trasmettono più il loro significato e la provenienza di quel significato, e ciò non succede solo nelle società occidentali. Gli antichi credevano nelle loro superstizioni, noi crediamo nelle nostre. Ma per noi, gli antichi sono primitivi, ignoranti e superstiziosi, come anche lo sono i contemporanei ‘altri’. Noi invece no!!
A questo proposito ci domandiamo che differenza esiste fra una divinità rappresentata da una bestia o una bestia composta (bestia-bestia o bestia-umano) e una rappresentata con figura umana, come nel caso del dio giudeo-cristiano, ma anche di molti dèi dell’Olimpo greco ed altri.
Il passaggio dalle rappresentazioni primitive a quelle contemporanee (altrettanto primitive), ove la divinità si umanizza, rende questa molto più credibile, perché dalla paura, che rimane, si passa al narcisismo mimetico che rende l’umano più simile al divino, umanizzando il divino. E’ perciò che il Cristo, uomo che fu divinizzato nel mito, è narrato come Dio che si fece Uomo. E’ tutta qui la chiave della mimesi narcisista di certe religioni: creata la divinità, la si umanizza e poi si divinizza l’umanità.
Che successo avrebbe avuto la nostra religione se il dio giudeo e suo figlio Gesù fossero rappresentati come Osiride, Visnù, Krisna ed altri simili?
La rappresentazione assume importanza capitale e meglio la si capisce quando la si riconosce per ciò che è: pubblicità.
E’ certo che gli iconografi hanno sempre concretizzato ciò che non c’era, essendo pittura, disegno e scultura mezzi di comunicazione come il nome ed il verbo, linguaggi primi, come già detto. E tanto Cimabue, quanto Michelangelo furono incaricati così come Fidia e tanti altri bravi artigiani, di ‘materializzare’ dèi, semidei, storie e miti. A questi e tanti altri artigiani dobbiamo il fatto che le immagini reificanti sono divenute personaggi e fatti reali e quindi ‘veri’, impressi nel subcosciente e nei quali è impossibile non credere.
Pittura, scultura, disegno, racconto e la mimica, il teatro ed il ballo: tutto ciò è presente nei riti, nelle cerimonie e nella rappresentazione (che appunto vuol dire far vedere una cosa al posto di qualche altra cosa che non c’è) del sacro al fine di materializzare, reificare quel che è soltanto immaginazione, illusione.
Oggi ciò è raggiunto in modo impeccabile dal cinema e dalla televisione. Un film su Mosé ne rende la storia assolutamente reale, come quella di Conan il Barbaro; solo che, mentre questa viene recepita come una narrazione fiabesca, l’altra si intende come narrazione sacra.
Dipende poi dal costume, dalla tradizione culturale di questa o quella società che - condizionando il subcosciente (e il cosciente) collettivo - qui si creda in un ‘figlio di dio’ con certe caratteristiche e là invece in altro.
Per esempio il politeismo precede il monoteismo, che sembra soppiantarlo, ma costante rimane la presenza di miti, superstizioni e credenze: taluni vengono distrutti, altri instaurati o trasformati a seconda delle necessità o delle convenienze; e infatti nelle religioni più moderne si ritrovano contenuti di quelle precedenti.
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Il trasformarsi delle conoscenze porta una conseguente trasformazione del pensiero. Per mantenere la fede, dunque, con l’evolversi della scienza occorre trasformare il sacro, inglobando elementi delle religioni precedenti nelle nuove.
Per esempio uno dei dogmi della religione cattolica è quello della transustanziazione nella comunione. Ma la comunione è ed era rito comune fra le religioni animiste, nato per assimilare le caratteristiche (qualità) dell’altro per mezzo del cannibalismo e del vampirismo.
Era credenza animistica che bere il sangue della preda o del nemico, o anche dell’amico, così come mangiarne parti del corpo ne trasferisse forza, energia e caratteristiche. Il cuore dava coraggio, i genitali potenza sessuale e così via.
E’ sintomatico che i religiosi non vogliano che questi confronti vengano messi in evidenza, e che si siano sempre opposti (succede tuttora) allo studio della storia comparata delle religioni ed alla comunicazione con altre confessioni.
La loro forza è fondata sull’egemonia che deriva dal controllo che vuole essere totale nell’educazione, non solo dai pulpiti e nella scuola, ma anche nell’editoria, nello spettacolo, nella stampa, nella radio, nel cinema, nella televisione; anche nei momenti ludici, di sfogo, interviene al fine di occupare, distrarre e plagiare ulteriormente, dando al popolo ignorante e profano spettacoli di gladiatori, di calcio ed illusioni di speranze: il paradiso, il Lotto e le operette, basta che siano anche cose ben redditizie per chi le gestisce.
In forme più o meno cruente tale controllo è simile a quello dei paesi a dittature tiranniche (oggi o nel passato, come fra i Sumeri, gli Egizi ed altri, quando re ed imperatori erano anche dèi o maghi).
Quasi sempre, anzi sempre, l’autorità politica al potere si accorda con l’autorità religiosa, per cui questa ha accesso autoritario nella politica che a sua volta trae vantaggio dal potere autoritario della Chiesa - come in Italia col Concordato - oppure, alla maniera di tempi più antichi, addirittura governa direttamente, come fa un Ayatollah nell’Iran dei giorni nostri.
Il simbolo divinizzato viene ancora oggi diffuso ovunque, sia che si tratti di crocefissi (in Italia, non troppo tempo fa, ogni luogo pubblico e non solo aveva al centro il crocefisso, ai lati i ritratti del duce da una parte e del re dall’altra! Ora rimane solo il crocefisso) oppure, altrove, dei ritratti di Lenin, Hitler, Mao e di tanti altri: pontefici, santi ed ayatollah.
Potenza delle immagini, potere della divinizzazione e... divinizzazione del Potere.
Oggi si sono aggiunte le presenze in televisione, mezzo formidabile di reificazione e pubblicità.
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La paura ci ha reso schiavi.
Fin dai tempi più arcaici, si è costruito il concetto della potenza cui appellarsi e che intimidisce, soggioga. La potenza uccide, ma anche salva. Su questi presupposti si sono basate le religioni, anche le più recenti. Gli intermediari sono gli stregoni, gli sciamani, i maghi, i demiurghi ed i sacerdoti, coloro cioè che in questi ‘intrallazzi’ di paure, punizioni e salvataggi, dirigono una redditizia orchestra. Basta notare quanto successo abbiano i vari cartomanti, astrologi o chiromanti per capire quanto maggior potere sia amministrato dalle religioni più strutturate, dal Vaticano o da una qualsiasi istituzione anche di altre religioni, soprattutto quando queste sfruttino ambienti estremamente poveri.
Un milione di sudditi con un tributo di un euro rende assai più di un singolo con un tributo di cinquanta euro.
Che le religioni non siano rivelazioni, ma costruzioni fatte da questi intermediari pseudo-scienziati, prototiranni crudelissimi un tempo, ora più prudenti, è reso evidente dal susseguirsi di risposte sempre identiche a domande che nel tempo si trasformavano.
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Il pneuma, l’anima, lo spirito vitale è una delle basi e degli inizi del pensiero pseudoscientifico e religioso come l’interpretazione degli astri e di altri fenomeni.
Come si sa il sangue è legato al respiro e quindi alla vita. Si sanguina, si perde il sangue, si smette di respirare, di vivere.
E’ questo il pensiero più primitivo, il ‘preanimismo’. Da qui si sviluppano le concezioni successive: l’animismo si afferma perché tutto è esposto all’aria e questa porta l’anima in tutte le cose.
E’ così che il sacro si universalizza. Si passa dal fenomeno singolo all’universale e si aggiungono ai fenomeni materiali quelli spirituali.
Si inventa lo ‘spirituale’, e si umilia il ‘materiale’.
Solo molto più tardi si opera la distinzione fra regno animale, vegetale e minerale, fra l’organico e l’inorganico.
Ma in un primo momento, tutti quelli che respirano sono animati e quindi animali (anche ora è così)... Potremmo usare i neologismi: “ventati” e “ventali”, ove il vento ha assunto significato sacro e di legame col sacro.
E il vento tocca le piante, i minerali, tutte le cose che comunque sono esposte al vento, e così estende l’anima a tutte le cose.
Nel tempo l’anima viene persa da pietre, piante ed insetti e ritorna ad essere un bene virtuale soltanto umano. Ma non per tutti.
Ancora oggi, nel mondo, esistono circa 11.500.000 animisti distribuiti su vaste superfici, oltre il polo artico, fra Alaska e Groenlandia, dal centro Russia alla Siberia, da Bali all’Australia e fra il Centro ed il sud delle Americhe;1.150 000.000 Islamici, 1.000.000.000 Cattolici e circa 14.000.000 Ebrei oltre varie altre confessioni. Ma è segno della confusione e del disordine cui già si è accennato che ‘animale’, se detto dell’umano, è divenuto termine offensivo, ed è ora solo attributo degli… animali, che, poveretti, l’anima non l’avrebbero più, nonostante continuino a respirare.
Lasciatemi ribadire ancora che la lotta contro l’educazione religiosa come storia comparata e ragionata è sintomatica (e funzionale) a mantenere poteri e benefici. Ogni suddito educato oltre un certo livello diviene un cittadino più evoluto, ma un ‘fedele’, cioè un suddito, in meno.
Occorrerebbe uno studio serio per capire e far capire le ragioni di questa lotta e di quanto le società siano state plagiate e sfruttate. Si potrebbe parlare di “circonvenzione d’incapace”, ma l’incapace lo si coltiva per avere ‘materiale’ umano utile, altrimenti chi pagherebbe le costosissime strutture religiose, numerose di personale da mantenere nel lusso più sfrenato nonostante si predichi la modestia e la povertà, specialmente nel caso delle ‘sue Santità’, Eccellenze, Arcivescovi e Monsignori?
E chi andrebbe a combattere per difendere questi interessi?
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Sarà qui opportuno dire che i sistemi hanno recentemente trovato un altro modo per mantenere l’ignoranza: il vecchio perbenismo che vien fatto passare per atteggiamento politically correct. Il che significa che non si può dire ad altri cosa che metta in evidenza le manchevolezze, o che comunque suoni come critica. Quale modo improduttivo ed offensivo dell’intelligenza!
Il risultato è che nelle società aumentano la volgarità e la violenza (ma è politically correct non parlarne!).
Ecco come, pure affermando il contrario, le religioni hanno fallito il mandato all’educazione, che non è poi un mandato dal momento che esse se ne sono da sempre appropriate di propria volontà.
Il mandato ai religiosi per l’educazione è da rivedere, compreso il fatto che gli educatori che si credono laici sono plagiati e loro stessi dipendono dal pensiero religioso, così come molti scienziati.
Occorre ricordare che all’interno di una data società, la credenza prevalente tende a esser considerata l’unica valida, mentre le altre sono fandonie ‘blasfeme’ e da distruggere. Occorre capire il significato del termine ‘infedele’.
E’ qui la radice del razzismo e di tutti i crimini e delle guerre religiose che per ragioni (irragionevoli!), si sono combattute.
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Le guerre sono sempre giustificate con motivi religiosi anche quando sono prodotte da interessi economici: guerre economiche che diventano delle crociate!
Nella storia del mondo, nei tempi e nei luoghi diversi, da millenni nessun pensiero si è macchiato di crimini come quelli prodotti dal pensiero religioso.
Ancora oggi, alla fine del secondo millennio del calendario gregoriano, le prove non ci mancano, è triste riconoscerlo.
L’equivoco assurdo, l’ipocrisia che si manifesta nell’educazione religiosa, è che mentre questa, nel coltivare l’ignoranza è causa di comportamenti volgari e criminali, dà invece ad intendere che si sta predicando il bene, la fratellanza, insomma il ‘comportamento umanitario’.
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Discriminazione e razzismo. Il Capro Espiatorio
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E’ questa presunzione di verità per cui si dice “la mia religione è la migliore, è la sola vera (e rivelata), mentre la tua è malefica” (sì - malefica alla mia!), che mette le basi del razzismo.
Il concetto di migliore, aristos, (per cui per aristocrazia s’intende il governo dei migliori) è collegato all’idea della competizione evolutiva della specie, all’idea di eroismo, ma ha anche valenze discutibili che occorre analizzare bene, per capire che significato ha poi assunto nelle culture.
Del resto anche i termini Dio e divino etimologicamente sono collegati all’immagine del sole, della luce, del giallo (che poi è l’oro), del calore, forse la maggior potenza vitale; ma successivamente questi termini si collegano alle lotte per le gerarchie del potere e alla sottomissione degli altri col pretesto del bene e del male.
E’ su queste basi - divinità, potere dell’oro, bene e male - che si sono rinforzate le gerarchie del potere religioso.
Si può certamente dire che, al di là di tutte le ipocrisie, il pensiero religioso è l’origine del razzismo e quindi responsabile di tutti i crimini razzisti, degli odi, delle gelosie e delle discriminazioni.
E’ questo un terribile paradosso, visto che non ci sono razze diverse, ma solo culture diverse e queste sono la conseguenza dell’aver immaginato divinità, religioni, miti, abiti e riti diversi.

Il discorso relativo all’educazione fideistica che produce la discriminazione e l’odio razzista fra le società, inizia già a livello individuale. Gli stessi moventi che producono atteggiamenti collettivi, li producono a livello individuale.
Come gli individui di una stessa società, di uguale cultura, si discriminano fra di loro e quindi si odiano e sono pronti ad azzuffarsi, così fanno le collettività e tale comportamento si chiama sciovinismo, ed è figlio della politica del dividi et impera, dei razzismi, delle discriminazioni.
Ha priorità il principio primitivo mors tua vita mea, e le religioni che si sono assunte il privilegio ed il diritto all’educazione, non solo non hanno voluto modificare tale principio primitivo, ma possiamo ben dire che lo hanno coltivato e, sofisticandolo, rinforzato. Sempre, maghi e religiosi hanno operato per mantenere le popolazioni legate a regole che non onoravano condizioni di sviluppo intellettuale, per poi atteggiarsi a difensori del bene e punitori del male; e per fare ciò hanno avuto bisogno di ‘materiale umano’ così come i generali hanno bisogno dei fanti, come il potere ha bisogno di schiavi e di manovalanza. Lo hanno fatto anche sviluppando quel potere nefasto che è la burocrazia, sfruttando la competizione per ‘essere il migliore’, divenuta lotta di potere, non fattore di merito.
Teocrati si era per nascita, aristocratici si era per diritto di nascita.
Anche gli schiavi erano tali per diritto di nascita!
Tralasciando di approfondire l’argomento della relazione tra paura, colpa e discriminazione nei contenuti di culture più primitive, facciamo alcune considerazioni relative al derivato di alcune di tali culture, i monoteismi giudeo-cristiano e giudeo-musulmano. In questi filoni il concatenarsi dei binomi colpa-punizione e penitenza- salvezza (che è il sacrificio-salvezza) permane ed affonda le sue radici nelle paure e nelle superstizioni come strumento di potere.
Solo in tempi recenti, e solo parzialmente, la colpa è stata discussa in termini di giustizia razionalmente collegata, in senso laico, ai concetti civili di coesistenza e collaborazione e ciò si deve all’Illuminismo e a pochi altri fenomeni di presa di coscienza di poco anteriori all’Illuminismo stesso. Comunque ciò avviene ancora solo in misura parziale per il radicato permanere dell’associazione: colpa, penitenza, salvezza.
Infatti, per lo più, prevale la tradizione primitiva della colpa e della penitenza (la paura, il sacrificio per placare la divinità) non prevalgono il diritto ed il rispetto di altra persona o cosa.
Il concetto di capro espiatorio, di colpevole da punire, diventa parte integrante delle discriminazioni, delle vendette e dei razzismi sia a livello individuale che collettivo.
In tutte le culture, per quanto diverse, esiste tale concetto tutt’oggi ben radicato proprio perché fa credere di salvarsi atteggiandosi a giudice, così illudendosi di essere più simili alle divinità. Le religioni ci hanno effettivamente ‘regalato’ esempi classici di punizioni e distruzioni. Fra i Giudei si punisce tutta l’umanità già nei suoi presunti progenitori, non solo cacciati dal paradiso terrestre, ma anche dannati a vivere nella fatica e nel dolore. Ma questo mito è presente anche in più antiche narrazioni, dove si parla di altri paradisi, tempi dorati poi perduti per colpe commesse.
Ci si domanda: se il creatore ha preveggenza, bontà e soprattutto il bisogno di creare, perché mette alla prova la povera Eva (e perché non Adamo?) sapendo già che cosa succederà? Oppure non lo sa? Ma che Dio è se non sa?
E perché ha l’ambizione di creare e poi tutta la sua politica è terrificante e distruttiva?
E’ descritto come onniveggente ed onnipotente e onnisciente, come del resto altri dèi, e allora perché non fa funzionare bene le cose? E non ci parlino i teologi di libero arbitrio, o di altre ragioni insufficienti a giustificare le punizioni orrende.
Intanto la donna era vista come l’oggetto da punire, perché porta il male fra le genti, fino dai tempi di Pandora (una delle tante Eve pre-giudee). Si è detto e si sa che l’oggetto dei sacrifici è stato nella maggior parte dei casi la donna, e possibilmente vergine, già, perché l’atto della fecondazione, altro paradosso assurdo, toglierebbe con la verginità la purezza, il che è come dire che tutte le procreazioni sono impure! Ma perché questo dio onnisciente crea una cosa (progenitrice, quindi creatrice) per renderla poi così orrenda, impura nella creazione, fino al punto che gli organi della fecondazione sono definiti vergogne? Anche se teologi e sacerdoti si prodigano in spiegazioni e giustificazioni, queste non bastano, non soddisfano.
Si tratta di un Dio ben mediocre e non può essere che così, essendo creato esso stesso da genti mediocri!
Molto è stato detto sulla demonizzazione della donna allo scopo di prevaricarla, ma la motivazione di questo comportamento è forse più semplice di quanto si pensi e non si vuole accettarla. Il maschio viene eccitato dalla femmina, per inseminarla. La femmina sceglie l’inseminatore, per cui è lei il soggetto forte, mentre il maschio - che è l’oggetto debole - diviene strumento e perciò si vendica: non accettando di essere l’oggetto, si fa soggetto per mezzo della demonizzazione e della violenza sulla donna. Sic.
Dèi cattivi che chiedono ai padri di uccidere i figli (si pensi ad Abramo ed Isacco) e, discriminando le offerte (Caino ed Abele), promuovono il fratricidio.
La Bibbia e la mitologia sono piene di fratricidi, parricidi, matricidi e poi genocidi. Le religioni si basano sulla paura e sono necrofile e ricorrono alla morte ed alla paura di questa. Basta osservare tutti gli apparati funebri, le molte simbologie religiose, le mummificazioni, le rappresentazioni e le storie di viaggi agli inferi, di vampiri, fantasmi, morti viventi, per non parlare poi delle reliquie, cuori ed altri pezzi anatomici.
L’antico ed il nuovo testamento sono da leggere in questa chiave, come lo Jus primae noctis sull’esempio dello Spirito Santo e della povera vergine Maria e, scusate l’apparente blasfemia, troppo simile a quel cigno in cui Giove si sarebbe nascosto, trasformato, per ‘ possedere’ la povera Leda (notare il significato della parola); e a proposito di ‘possedere’: anche in tutto l’antico testamento nel raccontare del succedersi delle generazioni, si parla di ‘possesso della donna’.
Di Leda possiamo dire che, per lo meno, rispetto a Maria vergine ha la fortuna di godere della sensualità del cigno.
Infatti i giudeo-cristiani-musulmani tolgono alla religione il carattere sensuale di molte religioni precedenti.
Ancora a proposito del travaso di miti e riti da una religione all’altra, ricordiamo che quando Paolo, quello fulminato sulla via di Damasco, convertì gli abitanti di Eleusi, questi, che adoravano Artemide, vergine dèa della fertilità, maga ed altro, ne sostituirono il culto con quello di Maria vergine.
La stessa cosa avviene per religioni precedenti con caratteri matriarcali, dove il culto mariano si sviluppò con più forza.
Continuando con gli esempi criminali, vediamo genocidi famosi, come quello dell’affogamento in massa dell’esercito egiziano che inseguiva il popolo eletto. Ma che dire dell’affogamento di quasi tutta l’umanità ad opera del diluvio?
Il diluvio è narrazione mitica diffusa fra le genti antiche, che spesso si distribuivano lungo i fiumi: l’Indo, il Tigri, l’Eufrate, il Nilo ed altri fiumi, paludi e laghi.
Le alluvioni avvenivano anche nei tempi passati, ma c’era sempre (fra i sopravvissuti) qualche bellimbusto che parlava di punizioni divine e poi c’erano gli altri sprovveduti che ci credevano.
E che dire di Sodoma e Gomorra, città probabilmente distrutte da qualche catastrofe naturale? e così di tante interpretazioni di eventi naturali trasformati in leggende utili a spaventare il popolo?
Punizioni e lotte. I Titani si ribellano, come gli angeli. Angeli buoni, angeli cattivi, così come gli dèi e le loro beghe uguali a quelle umane. Sono in molti a non credere più ad alcune di queste leggende od interpretazioni di storie, ma già le confessioni monoteistiche danno segni di una ulteriore trasformazione ed i creduloni troveranno altre ‘verità’ in cui credere.
Come già in passato, le sette religiose nascono e scompaiono, si trasformano, si indeboliscono, si rinforzano, a seconda delle convenienze.
Ma ritorniamo su questo fatto così pieno di nefaste conseguenze, che è il Capro Espiatorio, cioè il colpevole che avendo prodotto il danno, e quindi l’ira con la conseguente vendetta degli dèi, è da punire, da sacrificare. Anzitutto, nel mito, erano e sono le divinità a punire per placare la loro ira o per vendicarsi del danno prodotto. La punizione divina si estende nel tempo, ma nel presente la punizione va inferta anche dai loro rappresentanti, dal singolo o dal collettivo, che si sostituiscono alle divinità.
E comunque le calamità persistono, e continua la confusione in quanto le calamità esistono. Se vi sono le punizioni degli dèi, quelle degli uomini si aggiungono a queste.
I capri o il capro espiatorio sono un importante punto di riferimento per l’identità individuale e collettiva. E’ ciò che dà senso di appartenenza e di avere, comunque, dei valori. L’identità è un efficiente collante per il controllo del potere: “Io sono migliore di lui, di lei. Noi siamo migliori di loro”, non importa se il sacrificato/i sacrificati, è/sono, innocenti? L’importante è pensare di essere i migliori. Basta incolparli, basta credere di aver ragione. Basta discriminare .
Ciò produce una preoccupante confusione fra innocenti e colpevoli, fra il che cosa è la colpa, che cosa l’innocenza, ciò che è giusto e ciò che non lo è. Leggi incomprensibili, complicate e numerose; permessi e proibizioni in strutture demenziali ed equivoche.
Esempio sfruttato, ma sempre esemplare, è quello di Galileo Galilei, nuovo Giobbe, al quale anche si chiedeva (sotto tortura) di denunciare altri: si impone al peccatore di pentirsi e divenire delatore, spia.
Ciò è pratica comune ed anche oggi si parla di pentiti. Alla fine del XV° secolo il Botticelli dipinge la stupenda allegoria de La Calunnia.
Non si sa quante donne siano state arse vive solo perché un frate od un prelato avevano voluto ‘possederle’ e le avevano poi calunniate e denunciate come streghe, possedute dal demonio od altro.
Paura e colpa si intrecciano così anche fra credenti di una stessa confessione (continuiamo a fare attenzione, a notare gli etimi), figuriamoci fra confessioni diverse. E’ comunque molto più facile individuare un capro espiatorio fra ‘diversi’, alieni, forestieri, barbari (dal greco “balbuzienti”: così vennero chiamati perché non se ne comprendeva il linguaggio) e stranieri, strani, con abiti ed abitudini inverosimili (mentre i nostri abiti non lo sono per noi, ma lo sono per gli altri).
‘Strano’: nelle società monogame lo è chi pratica la poligamia; in quelle poligame, chi pratica la monogamia; lo è chi in una società di nudi si veste, chi in una di vestiti si ignuda e così via, gli esempi sono infiniti. Diciamo quindi che nella stessa società è ‘diverso’ il trasgressore, o meglio i trasgressori sono ‘diversi’, cioè strani, stranieri.
La trasgressione è causa di razzismo a livello individuale, come anche a livello collettivo, per società diverse, in seguito a credenze, abitudini e regole diverse. E’ così radicato questo pensiero primitivo del discriminare l’altro da sé, da essere divenuto istinto aggiunto all’istinto di conservazione. Sia l’individuo che il gruppo si riconoscono, come detto, nella ‘conservazione’ dei propri costumi, della propria identità, e nella discriminazione degli altri, barbari, infedeli, incapaci, creduloni e stupidi; basta notare che pettegolezzo e critica negativa degli altri è per lo più pratica di ‘ignoranti’.
Le società trovano modo di riconoscersi e rassicurarsi essendo conservatrici.
Per meglio riconoscersi si inventano le uniformi (continuiamo a prestar attenzione all’etimo).
I più primitivi segni di riconoscimento erano addirittura mutilazioni e ferite sul corpo, disegni per mezzo di cicatrici, deformazioni del cranio, del collo, dei piedi, di orecchie, nasi e labbra. Così come l’infibulazione e la circoncisione, molte di queste mutilazioni-uniformi sono ancora attuali o stanno tornando di moda!
E poi capigliature, piumaggi ed anelli in tutte le parti del corpo, scettri e bastoni, corone, copricapi e…chi più ne ha più ne metta. “Una forma” non tanto per vestirsi ma per legarsi alle regole. I vocaboli regola e religione derivano da “legare”; e ci si lega non solo ai membri di una stessa società ma anche ai gruppi, alle sette e alle gerarchie.
In ciò le uniformi si equivalgono sia fra i militari che fra i religiosi con la stessa funzione di distinguere l’amico dal nemico e le varie gerarchie.
Una differenza interessante è che i religiosi conservano forme più antiche. Lo dimostrano tanto gli assidici che gli ortodossi oltre ai cattolici e tanti altri.
A noi, per abitudine, non fa che un effetto di soggezione, vedere i paramenti di un papa o di un generale ma se riuscissimo per un solo attimo a staccarci dall’abitudine, tale visione ci darebbe una reazione simile a quella di un paracadutista vestito con la gonna di un milite romano o scozzese.
Ci sembrerebbe altresì ridicolo vedere la rappresentazione un dio vestito da papa, cardinale o generale, eppure in tempi arcaici era l’abito ad individuare nell’iconografia la figura del dio.
D’altro canto, l’uniforme che viene usata proprio per identificarsi nel simile, non viene riconosciuta, anche se è quasi identica, se è indossata da gruppi diversi: per esempio non ci accorgiamo che l’uniforme di un Ku Klux Klan è del tutto simile a quella di un monaco, che certamente non vorrebbe riconoscersi nel K.K.K.
Alle uniformi aggiungiamo i titoli: Cavaliere, Onorevole, Monsignore, Eccellenza, (continuo a sottolineare gli etimi), suggestivi retaggi arcaici di gerarchie della sudditanza, del servilismo e delle burocrazie clericali e laiche, che producono differenze e quindi discriminazioni, già forme di razzismo.
Parte, e conseguenza, di queste abitudini è la cosiddetta guerra fra i poveri: le risse per la squadra di calcio, per la conquista di un parcheggio, e tutti i comportamenti simili, giuoco di poveretti che da plagiati non educati si criticano, litigano e battono fino al delitto, la tortura, il genocidio, ed il vandalismo, con altri poveretti non educati e plagiati.
Infatti, la fedeltà, il credo fanatico per la squadra di calcio o simili passioni che uniscono gruppi o ganghe, sono di carattere fondamentalista, si basano sulla ricerca del migliore e del peggiore, e di quello che sta fuori dal gruppo e di cui fare il colpevole e sono del tutto uguali ai comportamenti di religiosi fanatici, che del resto sono comportamenti primitivi e ben coltivati dagli educatori religiosi.
Il capro espiatorio rappresenta anche l’oggetto di sfogo di istinti o di bisogni indotti che vengono repressi, sfoghi che si sviluppano in gelosie ed invidie il più delle volte non capite, non ammesse o misconosciute dall’individuo stesso (o dalla società).
Spesso si colpevolizza il trasgressore di voglie che abbiamo noi stessi, anche se nascoste dall’ipocrisia o dall’educazione repressiva.
Esempi classici sono il trasgressore delle regolamentazioni del sesso, ma anche del cibo, dell’alcol e della droga, e certo chi compie atti ‘contro la società’, come lo sono le innovazioni che vanno contro la conservazione. Così furono i cristiani per i pagani, i protestanti (si noti l’etimo) per i cattolici. I manichei, come tanti altri, sono stati battuti, non ce l’hanno fatta.
Altri esempi di queste influenze del pensiero religioso sono le lotte fra diverse ideologie politiche.
Si critica il trasgressore, lo si vuol punire, lo si uccide e così si cerca di colpire nell’altro, quello che potrebbe, può anche essere un nostro desiderio recondito; e così si nasconde nell’ipocrisia la nostra invidia o paura, perché nella cosa diversa, forse, esiste un piacere o una soddisfazione (o una verità) che noi perdiamo, che non ci è concessa o permessa. Ne sono prova la curiosità, gli interessi morbosi e l’attrazione-repulsione per l’esotico, il diverso e le conseguenti paure, timidezze ed odi.
Tutto ciò è anche alla base della nostra incapacità ad ascoltare le idee dell’altro.
Nelle discussioni accese il seme del razzismo è già evidente.
Nello scambio c’è un succedersi di fasi: dialogo, argomentazione, discussione, litigio, mimica di attacco-difesa, combattimento, uccisione: la discussione è una prima fase della lotta. Ci si interrompe l’un l’altro, non si conosce la disciplina del rispetto degli altri, si gridano le proprie ragioni volendo essere ascoltati senza ascoltare, e si sviluppa l’incriminazione, l’odio e l’incomprensione.
Ci si impedisce il piacere dello scambio di opinioni, di informazioni, di idee, ma è così che siamo stati programmati: questi atteggiamenti nascono infatti dall’abitudine radicata nel credere in cose astratte ed illusorie. L’abitudine al basarsi su fatti non verificabili, che portano al credere con fede, il che poi vuol dire fanatismo (visto che non c’è ragionamento su cui si basa), cioè abitudine ad affermare senza esprimere le ragioni dell’affermazione: è così e basta.
E perciò si dice: non fare domande, devi solo ascoltare, credere, aver fede, e morire così come uccidere per la guerra santa.
E’ importante riflettere sul fatto che gli altri viventi, dagli insetti ai pesci, dagli uccelli ai mammiferi uccidono solo per nutrirsi e, solo molto raramente, per difendere il territorio o per l’accoppiamento, obiettivi questi ultimi per i quali si limitano a segnali o prove di forza.
Noi umani invece lo facciamo per idee non verificabili, illusioni fiabesche.
Tutto ciò dovrebbe anche consentirci di rivalutare il nostro concetto di identità etnica come valore da conservare sì, ma solo come fatto culturale di informazione ed arricchimento adatto per i musei e solo così, non come oggetto di critica, di fanatismo fondamentalista e di discriminazione.
Perciò facciamo attenzione al culto del vernacolare e dell’esotismo, utile per lo sfruttamento turistico, colonialista, o per nutrire poteri a carattere tirannico.
A proposito del politically correct occorrerà crescere dalla nostra immaturità primitiva se vorremo porre fine ad ingiustizie e crimini non più accettabili.
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Illusorio e reale
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Non è sufficiente parlare di cambiamenti, del nuovo, se non si sa di quali cambiamenti e di quale nuovo si parla. E’ impressionante e suscita ilarità nella sua tragicità, sentire i prelati intervenire e parlare del nuovo e di cambiamenti nelle varie categorie della politica, proprio loro che, abusando dell’autorità di cui hanno sempre abusato, il nuovo, e quindi il cambiamento, lo hanno anche sempre combattuto disseminando le vie della storia di martiri e sofferenze. Ancora una volta contraddizioni non registrate o non capite. Proprio alla fine di questo secondo millennio, dal Vaticano si dichiara che le società attuali sono necrofile, quando la necrofilia è stata e continua ad essere la base forte della cultura religiosa! È necessario prendere argomento per argomento ed analizzare, di questi argomenti, le provenienze, le cause e gli effetti, e cominciare ad operare nelle scuole senza la paura di disturbare il sistema o di essere politically incorrect.
Su questa prospettiva occorrerà discutere e studiare l’abitudine alla discriminazione, il significato delle regole e i rapporti fra sociale ed illusorio, specialmente quando questo è ritenuto reale.
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Abbiamo fin qui fatto riferimento allo sviluppo del sacro dal periodo primitivo alle tre religioni monoteistiche, l’Ebraismo, il Cristianesimo e l’Islamismo, tralasciando le religioni orientali come il Buddismo ed altre. Per queste il discorso cambia nella forma ma non molto nel contenuto, specialmente quando si parla del rapporto tra illusorio e reale. Ma occorrerebbe fare un discorso a parte.
E anche si dovrebbe parlare di un piccolo gruppo di persone che non si riconosce nelle forme rituali e nei simboli del sacro, in quanto si ritengono ‘al di sopra’, più evolute. Queste persone però continuano ad essere legate alla tradizione arcaica del sacro, non avendo altre risposte alla meraviglia dei misteri dell’universo. A questi misteri non vogliono dare risposte dogmatiche, ma ne danno sempre comunque almeno una, ma anche di più. Sottintendono infatti una creazione e al mistero della creazione un’intelligenza superiore, oppure danno qualche interpretazione soggettiva ma sempre in odore di mistica (mistificazione).
Ciò che è sensazione interiore e che viene identificata come segno del trascendente, rimane comunque legata alle credenze.
“Qualche cosa ci deve essere” insomma, anche se gli ‘evoluti’ cercano di sottrarsi a certe banalità, millenni di superstizioni e dogmi rendono arduo disintossicarsi.
Poi c’è l’atteggiamento più ipocrita di coloro che (disprezzando negli altri ciò di cui essi stessi sono responsabili: ovvero l’ignoranza in cui sono tenuti i diseredati), dicono di non credere, loro, nelle banalità religiose, ma sostengono che il ‘popolino’, invece, ha bisogno della religione.
Ne ha bisogno per essere controllato e trattenuto dai suoi ‘mali comportamenti’, per evitare l’anarchia e dare…speranza ai disperati.
Tutte queste, ed altre simili ragioni, sono certamente gravi offese alla ragione!
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Illusorio e reale.
Come vogliamo definire tali parole?
Non è semplice perché lo studio e la ricerca scientifica, non spiegano tutto.
Ma se ciò è certamente affermabile, è più saggio chiedere queste risposte al dogma religioso?
Abbiamo visto che anche le risposte delle rivelazioni, come e più di quelle scientifiche, si dimostrano fallaci e che anche il dogma necessita di continue revisioni interpretative. In più, se non fosse per le distorsioni dell’educazione religiosa, non è detto che quella scientifica produrrebbe gli stessi danni.
Senza odio e fanatiche discriminazioni, gelosie ed invidie, repressioni psicologiche, di costume ed altro, per chi si costruirebbero le armi?
Utopia? Forse meno di quanto la nostra arcaica intelligenza e pigrizia mentale ci faccia credere.
Prendiamo, di ciò che già è stato accennato, quattro punti.
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1) La dannazione del peccato originale nella tradizione giudeo-cristiana (che in forme diverse è presente in tradizioni precedenti), è probabilmente la tara più nociva che il pensiero religioso potesse costruire per instaurare un potere forte.
Questa tara permane anche in coloro che tentano di liberarsi dall’influenza della religione.
Abituare a credere di nascere colpevoli è criminale in quanto nocivo alla vita delle persone. Significa deresponsabilizzare l’individuo e mettere nelle mani della chiesa, del sacerdote, le responsabilità personali, toglie la responsabilità individuale a favore di quella della chiesa aumentandone l’autorità e così rendendo l’individuo succube della chiesa e dei suoi burocrati, i confessori.
Questi, nel loro potere di salvare dopo aver incolpato e quindi punito il ‘peccatore’, lo vogliono ignorante e spaventato per meglio manipolarlo, e renderlo dipendente da un autorità senza la quale non esiste speranza di salvezza, invece di coltivare il senso di responsabilità verso se stessi, la società, l’ambiente e la natura: altro crimine verso la vita, legato al peccato originale, e di questo sono figli la negazione, la repressione e la colpevolizzazione del sesso.
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2) L’eros è l’impulso vitale primario, il motore stesso della vita. La sua repressione produce ed ha prodotto grandi sofferenze psichiche e perversioni come la pornografia, la prostituzione, la pedofilia (l’uso di questo termine è improprio, avvilisce il significato di “amore- rispetto per i giovani” che è dovuto, e perciò andrebbe trovato un altro termine, signori intellettuali e giornalisti!), ed altre manifestazioni criminali e distorte che si producono, come ben sappiamo, anche negli ambienti ecclesiastici.
Così come nel caso della cultura della morte, le religioni parlano della cultura della vita, reprimendo poi e negando la bellezza dell’impulso che la genera così come il fenomeno che la termina.
Questi atteggiamenti sono paradossali ed inaccettabili in quanto producono danni gravissimi: pensiamo alla rappresentazione del corpo, della vita fisica, come di ‘cose inferiori’ contrapposte alla ‘nobiltà dell’anima’.
Ciò che è naturale, fisico e corporeo è visto come peccato, valutazione negativa che porta tutte le conseguenze dannose per l’ambiente oltre che per la psiche umana che ben conosciamo: una perdita definitiva della naturalità, della spontaneità e della capacità di vivere in modo più equilibrato, libero e gioioso, il rapporto con il proprio corpo, con gli altri con l’ambiente e la natura.
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3) Legato ai punti precedenti, altro crimine è l’aver ‘sporcato’ l’immagine del femminile, declassando la donna ad ‘essere inferiore’. Qui ancora si va contro l’origine della vita fisica ed organica, quale è il femminile.
Delle ragioni di tale attitudine si è già parlato, ed i risultati si conoscono: sono società patriarcali che praticano la superiorità e l’autorità dell’uomo sulla donna, la costituzione di gerarchie maschili ed altro.
Lo sono le gerarchie ecclesiastiche, lo sono gli dèi, i profeti, i discepoli, gli apostoli, i santi maggiori, e Dio stesso col suo figlio.
Conseguenza della prevaricazione patriarcale nei confronti delle donne, e forse anche per tale ragione, queste sono divenute il pilastro forte delle strutture religiose in quanto da loro dipende la prima fase dell’educazione dei giovani. E’ nei primi dieci anni di vita che se ne stabiliscono le basi, e ciò viene fatto prima in famiglia, per lo più da madri, zie e nonne, e poi nei primi sei, sette anni di scuola da insegnanti che, per la maggior parte, sono donne.
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4) Tutti questi aspetti, mentre sembrano avocare alla vera vita, sono invece le politiche culturali per compiere il crimine ultimo verso la negazione della vita.
Si nega la bellezza delle meraviglie e dei misteri della vita usandoli come li usiamo, per poi demandare il loro significato nell’‘Al di Là’; mentre il di qua è sporcato come la donna, degradato a condizione impura ed infelice: ‘valle di lacrime’. Il puro in alto, nei cieli, l’impuro in basso, negli inferi.
L’alto ed il basso esistono solo in funzione della gravità, chiedetelo agli astronomi ed ai fisici!
Promettere la vera vita nell’aldilà significa svalorizzare la vita che si vive fra nascita e morte così come l’universo fisico.
Svalorizzare gli astri, i fiori, gli insetti, la natura tutta e volgarizzare l’esistenza sottraendo agli umani responsabilità, curiosità, impegno e coinvolgimento di sintonia, favorendo invece il dubbio, l’attesa, la passività e tutta l’inedia intellettuale che ne deriva.
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5) Che molti religiosi siano dediti alle cosiddette ‘opere di bene’ sarebbe scorretto e falso non riconoscerlo, ma pensiamo che i concetti di solidarietà, tolleranza, perdono ed altri non siano appannaggio del sacro o del religioso.
Il pensiero si sviluppa come abbiamo visto, nel tempo.
Si sviluppa con l’esperienza dell’ambiente e del vivere insieme. Modi e concetti derivati da queste esperienze sono parte di riflessioni, osservazioni, e trasformazioni logiche che con il passare del tempo si sommano e diventano ciò che noi chiamano cultura e/o civiltà.
Il pensiero religioso si è sempre appropriato di tali sviluppi che non dipendono da fatti trascendentali o rivelazioni non ben identificabili.
La logica è facilmente comprensibile, ma le religioni non sono che deduzioni ed appropriazioni del pensiero che logiche possono sembrare ma che invece logiche non sono.
Non è tragicamente illogico pensare che i conflitti nell’attuale Iugoslavia, il terrorismo israeliano e palestinese (e tutti i terrorismi) hanno origini religiose, e poi che le chiese arrivino, subito dopo i disastri prodotti, col loro buonismo degli aiuti ‘umanitari’?
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Quale educazione?
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Il sacro ed il religioso sono alla base dell’esperienza culturale che l’umanità si è nel tempo costruita.
Anche se molti possono dissentire, occorre dire che l’educazione e la cultura sono sempre state figlie dello sviluppo del sacro e del religioso. Infatti come definiamo le varie culture?
Nominiamo solo alcuni gruppi culturali ancora esistenti: Animisti, Sunniti, Sciti, Induisti, Buddisti, Scintoisti, Taoisti e Confuciani, (il confucianesimo è l’unica cultura meno sacrale), Mahaiani, Hinayani, Lamaisti, Cristiani cattolici, protestanti ed ortodossi, Ebrei.
Le culture (il religioso) si sono e si vanno lentamente trasformando seguendo le evoluzioni dell’esperienza e, così facendo, sembrerebbe che invece di indebolirsi, si rinforzino.
L’educazione basata sull’illusorio impedisce la ricerca logica del reale, e nonostante lo sviluppo dell’empirismo e di una ricerca scientifica più razionale, alla base rimane il riferimento illusorio.
Il tema è complesso e l’affrontarlo può essere presuntuoso. Ma, come già detto, perché non accettare che millenni di illusorio non hanno che prodotto danni e ritardato la ricerca di un rapporto sociale ed ambientale più sano e libero nel rispetto delle relazioni fra le genti e queste e le cose?
Credo che quando si parla dei cambiamenti, occorre rendersi conto che questi sono intesi come il passaggio da un ‘vecchio’, che però non è capito, ad un ‘nuovo’ che conseguentemente non può essere previsto.
Occorrerebbe, per non incorrere in discriminazioni e fanatismi, evitare che le società siano prefabbricate rosse, nere, verdi o gialle.
Basterebbe mostrare, con distacco, la tavolozza dei colori agli infanti con tutta la storia di come i colori sono stati impiegati nei luoghi e nei tempi diversi.
Per le legittime domande su chi siamo, da dove veniamo e dove andiamo, inclusa la domanda: come si sono fatte le meraviglie che ci vediamo intorno? basterebbe la favola del bambino che con un cucchiaio voleva mettere tutta l’acqua del mare in una pozzetta.
Insegnare la bellezza dello studio dei fenomeni, della ricerca e delle scoperte dal vero, non toglierebbe poesia e meraviglia, anzi, le amplierebbe. Al posto di risposte prefabbricate si favorirebbero l’arte, lo stupore ed il piacere delle piccole, modeste scoperte possibili che sono infinite - questo sì - così lasciando aperto all’orizzonte un panorama certo più vasto di quello del sacro, così arricchendo la fantasia e l’intelletto.
Per ciò che riguarda il crimine e dintorni, una giustizia laica, e non di parte (fanatica), meglio risolverebbe i rapporti fra persone e persone, e tra persone e cose.
Questa nuova educazione forse ci darebbe una cultura più efficace, sana e costruttiva. Ma tale prospettiva è vista come utopia visionaria, blasfema, ‘contro natura’ anche da parte di molti ecologisti!
E così l’umanità continuerà a moltiplicarsi, a consumare, a distruggere, e, credendo di vedere, a non vedere.
E’ categorico, questo sì, mettersi a lavorare per evitare che ciò si avveri.
La natura delle cose è troppo bella perché una sottocultura continui a danneggiarla e infine giunga a distruggerla.
Forse sarebbe l’ora (partendo da Copernico, Galilei ed Einstein) di imparare che cosa vuol dire non essere teocentrici, geocentrici, androcentrici, e …quindi, egocentrici!
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Perché una lettera agli intellettuali?
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Perché questi sono gli unici con responsabilità e conoscenze per operare cambiamenti.
Le nostre abitudini, le nostre credenze e i nostri comportamenti sono figli di tempi arcaici, di un pensiero grossolanamente sviluppato.
Le masse sociali, assorbite dal lavoro necessario alla sopravvivenza, impegnate nei divertimenti, negli ‘sfoghi’ e nell’apprendimento delle varie nozioni strutturate dai sistemi - comprese quelle indispensabili ad orientarsi nella lotta quotidiana con regole burocratiche, trasporti ed organizzazioni inefficienti - non hanno tempo per studiare e meditare. Perciò non sono in grado di distinguere ciò che è primitivo da ciò che non lo è.
Neppure molti ‘intellettuali’ sono nelle condizioni di farlo, o se lo sono soffrono di paure e di timidezze che paiono insuperabili. Ciò avviene non per caso, dato che l’argomento comporta l’analisi dell’influenza della credenza religiosa. Tabù dei tabù (il più primitivo dei primitivi) per il quale si contano a migliaia di migliaia le vittime, fra trasgressori emarginati, torturati, imprigionati, uccisi.
Il ‘dubbio’ religioso, mentre formava e trasformava le religioni con costanza progressiva, mieteva più vittime di qualsiasi altro dubbio, di tutti gli altri dubbi messi insieme. Oltre quelle del passato, molte vittime noi potremmo contare anche nel presente. Non possiamo che aborrire che debbano esistere ancora questi martiri, e proprio vorremmo che più persone si svegliassero. I più adatti per farlo sono appunto coloro che sanno di antropologia, di genti antiche e primitive, di genti contemporanee, di psicologia e di storia antica e contemporanea (dagli antichi tiranni ai recenti, da Gengis Kan a Hitler), di miti, leggende, fiabe e tante altre cose.
A partire da queste conoscenze si potrebbe dare inizio ad una trasformazione nell’educazione e nei comportamenti sociali.
Utopia impossibile? Ma perché?
I religiosi si sono accollati il privilegio e l’onere dell’educazione, eppure il risultato che vediamo è quello di società ancora primitive (anche se alcune sembrano in apparenza più evolute), volgari, disoneste, ipocrite e violente.
A queste società le guide religiose si vantano di insegnare ‘buonismi’ ed altro, trovando nel male da combattere, quello stesso male che esse hanno prodotto e coltivato, ulteriori ragioni per rinforzarsi. Diciamo piuttosto che tale ‘male’ è conseguenza di influenze educative e morali sbagliate: la troppo lenta crescita delle società lo dimostra.
E’ tempo di dire: vi siete appropriati della patente per l’educazione, ma non avete avuto successo; avete fallito pur avendo avuto migliaia di anni a disposizione, il che dimostra che c’è qualcosa di sbagliato. Ora desideriamo fare altri esperimenti che, per quanto possano costare, costeranno meno dei danni che avete provocato in questi millenni.
Vi togliamo la patente.

Iniziamo un lavoro di studio, di analisi e di critica con l’intento di dare alle società un livello di educazione che sopprima l’ignoranza e che liberi l’umanità da paure antiche, da superstizioni e da timidezze mediocri od ipocrite; per trovare nell’essenza delle cose di natura quella bellezza e quello stupore che possano finalmente darci una poetica che non sia ambigua, decadente, necrofila, volgare, falsa ed assassina, che ci insegni ad agire nel rispetto della meraviglia di tutte le cose comprese le genti.

Occorre imparare a capire che ‘sovrannaturale’ sta per ‘contro natura’.
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Nella foto Vittorio Giorgini



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