paypal
Nome:
Località: Italy
Links
archives
axteismo

lunedì, settembre 12, 2011

 

PROCESSO AL PAPA – Ecco perché Joseph Ratzinger dovrebbe essere inquisito per crimini contro l’Umanità di Geoffrey Robertson – Vertigo Libri

Descrizione

Mentre centinaia di milioni di cattolici si rivolgevano al Papa come ad una suprema guida morale, i loro figli venivano molestati a migliaia da preti pedofili in tutto il mondo. Per evitare che lo scandalo si diffondesse presso l’opinione pubblica, di fatto il Vaticano ha protetto questi preti. Sottraendoli alla giustizia ordinaria degli Stati, li ha giudicati secondo il diritto canonico, in base a norme obsolete e prive di reali sanzioni, sotto il vincolo assoluto del segreto pontificio. Spesso semplicemente riassegnati ad altri incarichi, dopo un inutile periodo di terapia e penitenza, questi soggetti devianti sono stati messi nella condizione di reiterare il proprio reato. Una simile condotta può configurare in capo al Papa una responsabilità di tipo non solo morale ma anche giuridico? Può la Santa Sede godere di un’immunità che la pone al di sopra della legge? Senza disconoscere i molteplici meriti di tanti preti, Robertson affronta, da grande giurista e instancabile difensore dei diritti umani e civili, uno dei peggiori scandali degli ultimi anni e, attraverso di esso, quella consolidata condizione di potere e privilegio, che ha nel tempo snaturato la genuina missione apostolica della Chiesa cattolica.

Dalla Prefazione

A Pasqua del 2010 ho scritto un breve commento per il “Guardian” e il “Daily Beast”; in quel periodo, tutti si aspettavano che papa Benedetto XVI intervenisse (cosa che non ha fatto) a proposito della crisi scoppiata a livello mondiale all’interno della sua Chiesa, in seguito alle rivelazioni riguardanti gli abusi sessuali da parte di membri del clero. All’epoca facevo notare che lo stupro e le molestie nei confronti di bambini, se commessi su larga scala e in maniera sistematica, potrebbero anche essere considerati un crimine contro l’umanità; e che se il capo di una qualsiasi organizzazione lascia impuniti o non persegue i colpevoli di tali atti, oppure li nasconde alla giustizia, potrebbe essere perseguibile per responsabilità di comando addirittura di fronte al diritto internazionale. Scrivevo, inoltre, che l’appello all’impunità a cui era ricorso il pontefice in quanto capo di uno Stato (la Santa Sede) – appello che l’amministrazione Bush ha rivolto in sua vece ai tribunali statunitensi – era una questione assolutamente aperta: si basava su uno squallido accordo con Mussolini risalente al 1929, che non poteva essere paragonato alla concessione di sovranità ad un popolo autonomo. Infine, sostenevo anche che l’ONU aveva sbagliato ad accordare alla Chiesa cattolica uno status eccezionale, negato a tutte le altre religioni e ONG.

Le mie opinioni sarebbero senza dubbio passate inosservate se un audace revisore non avesse deciso di pubblicarle in un articolo intitolato “Chiamate il papa al banco degli imputati”, una trovata innovativa che in un istante ha fatto notizia in tutto il mondo. Ben presto anche Christopher Hitchens, un amico di vecchia data che aveva acceso in me l’interesse per l’argomento, Richard Dawkins e Sam Harris, entrambi sostenitori della causa, sono stati trascinati in quello che, grazie all’assurdo titolo sensazionalistico di una rivista, era diventato un “Complotto per far arrestare il papa”. E così il nocciolo originale della questione si è perduto nel polverone sollevato dallo scandalo. Io volevo solo dire che i papi non sono immuni all’azione legale; e quindi, se il Vaticano non avesse fatto i conti con la sua storia di protezione dei preti pedofili e non l’avesse smessa di rivendicare il diritto di trattarli in base al diritto canonico, allora il suo capo avrebbe potuto tranquillamente essere citato per danni o venire indagato dal procuratore di un tribunale internazionale.

Il fatto è che decine di migliaia di bambini in tutto il mondo hanno subito abusi sessuali da parte di preti che, nella maggior parte dei casi, sono stati giudicati in segreto sulla base di leggi ecclesiastiche che non prevedono vere e proprie pene e che offrono ai colpevoli buone possibilità di ripetere la violenza. E per quanto sia stupefacente, né la Commissione ONU accusata di aver ignorato la Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia, né nazioni come Stati Uniti e Regno Unito, che hanno pubblicato delle inchieste riportanti gravi violazioni dei diritti umani, né tantomeno organizzazioni quali Amnesty International e Human Rights Watch riconoscono di trovarsi di fronte a un orrore contro i diritti umani. Ciò potrebbe essere dovuto, in parte, alle “opere buone” di tantissimi cattolici e di organizzazioni cattoliche a scopo umanitario come Caritas e CAFOD (Ente Cattolico per lo Sviluppo dei Paesi d’Oltremare), che ammiro molto e a cui rendo omaggio. Ma è anche una conseguenza dell’aver erroneamente considerato questa organizzazione come uno Stato, dotato di potenti legami diplomatici con gli altri governi, nonché di un capo beato presso cui i leader politici si recano in pellegrinaggio per essere benedetti. L’idea che questo uomo di pace e di saldi principi morali possa chiudere un occhio su un crimine riconosciuto a livello internazionale mette in forte discussione la fede stessa nella sua Chiesa.

Non c’è però dubbio che la portata dello scandalo degli abusi sessuali sia stata tale a causa di alcune direttive del Vaticano – più precisamente della Congregazione per la Dottrina della Fede (d’ora in avanti CDF) – nelle quali si prescrive che tutte le denunce relative a questo reato vengano trattate con la massima segretezza, nascoste ai tribunali e alla polizia locali, così com’è stabilito da un diritto canonico ormai obsoleto, inefficace e privo di adeguate sanzioni. La Santa Sede ritiene che il diritto di agire nell’interesse della propria organizzazione sia uno dei suoi privilegi in quanto Stato, proprio come il diritto esclusivo di parola e di fare pressione sull’ONU per promuovere il proprio programma teologico: l’omosessualità è un “male”, così come il divorzio; o l’aborto (le donne non hanno diritto di scegliere, nemmeno per rifiutare le gravidanze derivanti da stupro o incesto); la fecondazione in vitro (FIVET, Fertilizzazione In Vitro con Embryo Transfer) è vietata perché ha inizio con la masturbazione; il preservativo, anche se utilizzato all’interno del matrimonio e per evitare il contagio da HIV, è comunque inaccettabile. Il potere politico associato alla condizione giuridica di Stato deve aver affascinato papa Benedetto XVI. Papa che, dal 1981 al 2005, quando era ancora cardinale, è stato prefetto (ovvero capo) della CDF; ed è stato proprio sotto il suo sguardo vigile che è stato perpetrato un gran numero di abusi sessuali. Se fosse o no al corrente della portata del fenomeno e del fatto che i colpevoli venivano trasferiti in altre parrocchie, o spediti illegalmente in altri Paesi e nascosti alla giustizia penale del luogo, non potrà essere chiarito fino a quando non verrà richiesto alla CDF di aprire i propri archivi; certo, le prove emerse finora sono sufficienti a rendere perlomeno la sua responsabilità morale – e quella di Giovanni Paolo II – oggetto di un dibattito angosciante. Per quanto riguarda invece la sua responsabilità legale, il suo appello all’immunità sovrana complica le cose; ma vale sicuramente la pena di chiedersi, in un momento in cui Benedetto XVI ha messo il proprio nome su alcune riforme fondamentali, se è giusto che il papa sia rimasto l’unico uomo al mondo a essere al di sopra della legge.

Geoffrey Robertson

giurista di fama mondiale e saggista, insegna materie giuridiche al Queen Mary College di Londra. Da sempre impegnato nella difesa dei diritti umani e civili, nel 2008, per i suoi meriti di giurista, è stato nominato membro del Justice Council delle Nazioni Unite. Consulente di diritto costituzionale, penale e internazionale per i tribunali di numerosi Paesi, è stato il primo presidente della Corte dei Crimini di Guerra delle Nazioni Unite in Sierra Leone. Ha condotto numerose missioni per Amnesty International e si è occupato, per Human Rights Watch, del caso Pinochet. Attualmente difensore di Julian Assange per il caso WikiLeaks, ha anche assunto la parte della difesa negli ultimi due processi intentati per blasfemia nel Regno Unito (a carico dello scrittore Salman Rushdie e del giornale d’informazione omosessuale “Gay News”). Fra gli altri suoi libri ricordiamo: The Struggle for Global Justice (Penguin), The Justice Game (Vintage) e The Tyrannicide Brief (Vintage).

“Un libro che unisce passione morale e ferrea logica forense, animato da humour sagace... Uno dei lavori di demolizione più formidabili che si possano immaginare.” The Guardian

“Un libro scioccante, essenziale per chiunque voglia comprendere la tragedia degli abusi.” The Indepedent

“Incriminare il Papa per complicità nella vicenda degli abusi sessuali e delle coperture per insabbiarli: è ciò che chiede il celebre avvocato e difensore dei diritti civili, Geoffrey Robertson, nel libro The case of the Pope.” La Repubblica

“Geoffrey Robertson e Mark Stephens, i legali incaricati di preparare il caso, sono convinti di poter chiedere di procedere penalmente contro il Papa.” Il Sole 24 Ore

“Un giorno il popolo italiano assalterà e prenderà il Vaticano

come il popolo francese assaltò e prese la Bastiglia.”

Ennio Montesi

Scheda del libro

Autore: Geoffrey Robertson

Titolo: PROCESSO AL PAPA – Ecco perché Joseph Ratzinger dovrebbe essere inquisito per crimini contro l’Umanità

Titolo originale: THE CASE OF THE POPE – Vatican Accountability for Human Rights Abuse

Traduzione: Riccardo Bnà

Editore italiano: Vertigo www.vertigolibri.it

Editore britannico: Penguin Books www.penguin.co.uk

Collana: Polis

ISBN: 978-88-6206-028-8

Pagine: 288

Prezzo: 15,50 euro

Fonte

www.vertigolibri.it/libro.php?Id=42

Condividi questo link su Facebook:

http://nochiesa.blogspot.com/2011/09/processo-al-papa-ecco-perche-joseph.html

Etichette:


This page is powered by Blogger. Isn't yours?