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giovedì, maggio 28, 2009

 

LUIGI TOSTI, MAGISTRATO: LETTERA APERTA AD ALEJANDRO AMENABAR PER LA REALIZZAZIONE DI UN FILM SUL CASO EDGARDO MORTARA

Lancio l'iniziativa di indirizzare allo spagnolo Alejandro Amenàbar, regista del recente film Agora sul martiro della matematica filosofa pagana Ipazia da parte dei cristiani, una lettera aperta con la quale invitarlo a realizzare un film sul caso di Edgardo Mortara, un bambino ebreo che nella Bologna del 1858 venne sottratto ai suoi genitori, all'età di sei anni, su ordine di Papa Pio IX perché era stato battezzato di nascosto da una domestica cristiana. Si tratta di una delle pagine più infami della storia recente della Chiesa, di cui neppure i cattolici attuali si vergognano. Anzi, Pio IX è stato beatificato da Karol Woityla ad onta di questo e di altri crimini, e il giornalista Vittorio Messori ed altri revisionisti cattolici hanno tentato di sfatare quella che hanno definito una semplice leggenda nera su questo Papa criminale e rapitore di bambini. Suggerisco la lettura del libro di David Kertzer "Prigioniero di Papa Re", e riporto qui di seguito quanto scritto da Wikipedia sull'allucintante caso di Edgardo Mortara, avendo peraltro cura di ricordare che altri casi analoghi si sono verificati sino alla fine della seconda guerra mondiale, allorché altri bambini ebrei vennero sottratti ai loro genitori o ai loro parenti più stretti perché erano stati battezzati. Non bisogna dimenticare, infatti, che i cattolici prestano ancor oggi fede alla credenza superstiziosa che il battesimo sia un sacramento non cancellabile, neppure con lo "sbattezzo".

Luigi Tosti
tosti.luigi@yahoo.it
http://tostiluigi.blogspot.com

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera:


Edgardo Mortara (27 agosto 1851 – 11 marzo 1940) fu un presbitero italiano, nato da famiglia ebraica. Battezzato all'insaputa dei suoi genitori dalla domestica cattolica, a seguito di ciò nel 1858, all'età di 6 anni, fu tolto alla sua famiglia per ordine di papa Pio IX per essere educato al cattolicesimo. Il c.d. "caso Mortara" divenne il centro di uno scandalo internazionale che funse da catalizzatore per mutamenti politici di vasta portata. Le ripercussioni di questo evento permangono ancora oggi all'interno della Chiesa cattolica e nelle sue relazioni con le organizzazioni ebraiche..

La sera del 23 giugno 1858 la polizia dello Stato Pontificio, che a quei tempi comprendeva ancora Bologna, si presentò alla porta della famiglia ebrea di Marianna e Momolo Mortara per prendere uno dei loro otto figli, Edgardo (che all'epoca aveva sei anni) e trasportarlo a Roma dove sarebbe stato allevato dalla Chiesa.
La polizia agiva su ordine degli uffici vaticani autorizzati da Papa Pio IX. I rappresentanti della Chiesa dissero che una cameriera cattolica della famiglia Mortara aveva battezzato il piccolo Edgardo durante una malattia ritenendo che se fosse morto sarebbe finito nel limbo. Secondo le leggi dello Stato Pontificio il battesimo di Edgardo lo rendeva cristiano e quindi una famiglia ebrea non poteva allevarlo anche se era loro figlio. Nella relazione che poi lo stesso Edgardo scrisse per la causa di beatificazione di Papa Pio IX annotò che le leggi dello Stato Pontificio non permettevano ai cristiani di lavorare per gli ebrei. Questa legge era però largamente disattesa.
Edgardo fu portato in una "casa" di ex ebrei cattolici convertiti a Roma che era stata costruita con tasse imposte agli ebrei. Ai suoi genitori non fu permesso di vederlo per diverse settimane e, quando in seguito fu loro concesso, non poterono farlo da soli. Pio IX prese interesse personale nella storia e tutti gli appelli alla chiesa vennero respinti.
L'incidente arrivò alla ribalta sia in Italia che all'estero. Nel Regno di Sardegna, che allora era lo stato indipendente centro dell'unificazione nazionale, sia il governo che la stampa usarono il caso per rinforzare le loro rivendicazioni alla liberazione dello Stato Pontificio che era governato dall'oscurantismo medievale e doveva essere liberato dal controllo papale.
Le proteste furono supportate da organizzazioni ebraiche e da figure politiche e intellettuali britanniche, americane, tedesche e francesi. Non passò molto tempo che i governi di questi paesi si unirono al coro di chi chiedeva il ritorno di Edgardo dai suoi genitori. Protestò anche l'imperatore francese Napoleone III nonostante le sue guarnigioni sostenessero il Papa nel mantenimento dello status quo in Italia.
Pio IX non si fece smuovere da questi appelli, che principalmente venivano da protestanti, atei ed ebrei. Quando una delegazione di notabili ebrei lo incontrò nel 1859 egli disse: "non sono interessato a cosa ne pensa il mondo". In un altro incontro fece partecipare Edgardo per mostrare che il ragazzo era felice sotto le sue cure. Nel 1865 disse: "Avevo il diritto e l'obbligo di fare ciò che ho fatto per questo ragazzo, e se dovessi farlo lo farei di nuovo".
Il caso Mortara servì a propagandare in Italia e all'estero l'immagine di uno Stato Pontificio anacronistico e irrispettoso dei diritti umani nell'età del liberalismo e razionalismo. Aiutò inoltre a persuadere l'opinione pubblica in Francia e in Gran Bretagna che fosse giusto permettere al Regno di Sardegna di andare in guerra contro lo stato Pontificio nel 1859 e annettersi gran parte dei territori controllati dal Papa, lasciandogli solo il controllo del Lazio con la città di Roma, e solo fino al 1870 quando l'esercito italiano conquistò anche questi.
Nel 1859 quando Bologna fu annessa al Regno di Sardegna, i Mortara fecero un altro tentativo di recuperare il loro figlio, ma non ci riuscirono. Nel 1870, quando Roma fu annessa al regno d'Italia, tentarono nuovamente, ma l'oramai diciottenne Edgardo dichiarò l'intenzione di restare cattolico. In quell'anno si spostò in Francia. L'anno seguente il padre, Momolo, morì. In Francia Edgardo entrò nell'ordine degli agostiniani e venne ordinato prete all'età di ventitré anni e adottò il nome di Pio. Egli fu inviato come missionario in città come Monaco di Baviera, Magonza, Breslavia per convertire gli ebrei, peraltro con scarso successo. Egli imparò a parlare nove lingue incluso il difficile basco.
Durante una serie di conferenze in Italia ristabilì i contatti con la madre ed i fratelli. Nel 1895 egli partecipò al funerale della madre.
Nel 1897 predicò a New York, ma l'arcivescovo di New York fece sapere al Vaticano che si sarebbe opposto agli sforzi di evangelizzare gli ebrei in terra americana e che i suoi sforzi mettevano in imbarazzo la Chiesa. Mortara morì l'11 marzo 1940 a Parigi dopo aver passato diversi anni in un monastero.
Pio IX e gli ebrei [modifica]
La dottrina cattolica, avente forza di legge nello Stato della Chiesa, da sempre considera che il battesimo di qualunque bambino, anche eseguito da non appartenenti al clero, porta il bambino stesso ad essere cristiano, appartenente alla vera religione. Anche se la dottrina non è certo pensata per essere contro gli ebrei, in pratica fu applicata solo a loro dato che nello stato Pontificio erano l'unica minoranza religiosa non cattolica tollerata e la sola religione, escluso il cattolicesimo, che poteva essere esercitata. La sua applicazione riflette un atteggiamento non certo antisemitico ma che sarebbe semmai meglio definire "antigiudaico" essendo un dato sostanzialmente religioso e non razziale, diffuso nel XIX secolo nella chiesa cattolica in generale e condiviso da Pio IX .
Prima che Pio IX fosse Papa (1846) gli ebrei di Roma erano obbligati a risiedere nel ghetto. All'inizio Pio IX mostrò tendenze liberali nei confronti degli ebrei. In particolare revocò l'obbligo di risiedere in particolari quartieri e a partecipare a speciali incontri in cui i preti li incoraggiavano alla conversione al cattolicesimo. Dopo la rivoluzione romana del 1848 e l'instaurazione della esile Repubblica Romana, però, Pio IX cambiò idea e, come molti dei conservatori dei suoi tempi, egli associò gli ebrei con il radicalismo e la rivoluzione. Gli ebrei continuarono ad essere tassati per pagare le scuole ad ex ebrei convertiti al cattolicesimo. Non furono ammessi nei tribunali come testi a carico di imputati cristiani. I protestanti erano tollerati solo come visitatori stranieri.
A questa visione si aggiunse in seguito un antigiudaismo personale, sviluppato da Pio IX dopo l'esperienza della Repubblica romana e dopo la perdita del potere temporale. In una conferenza pubblica tenuta nel 1871 egli chiamò gli ebrei di roma "cani" e disse: "questi cani sono troppi a Roma nei nostri tempi, e li sentiamo guaire per le strade e ci disturbano in ogni dove".
Il caso Mortara è tornato alla ribalta negli ultimi anni per effetto della causa di canonizzazione di Pio IX fortemente voluta da Papa Giovanni Paolo II e dalla parte conservatrice dei suoi seguaci. Gruppi ebraici ed altri, guidati dai discendenti della famiglia Mortara, hanno protestato presso il Vaticano per la beatificazione di Pio IX nel 2000. Nel 1997 David L. Kertzer pubblicò il libro The Kidnapping of Edgardo Mortara (Il rapimento di Edgardo Mortara, in italiano "Prigioniero del Papa Re") portò nuovamente all'attenzione del grande pubblico tutta la vicenda. L'interesse mostrato alla vicenda portò alla realizzazione di uno sceneggiato televisivo, andato in onda negli USA, dal titolo Edgardo Mine (Edgardo mio) a cura di Alfred Uhry e forse ne verrà tratto anche un film. Nel 2005, lo scrittore cattolico Vittorio Messori ha pubblicato per Oscar-Mondadori il libro "Io, il bambino ebreo rapito da Pio IX" dove è riportato integralmente il memoriale del protagonista stesso del caso, Edgardo Mortara, scritto nel 1888 quando era in Spagna. In questo memoriale il protagonista stesso del caso descrive Papa Pio IX come un padre affettuoso e premuroso, contrariamente al pensiero comune.
In Italia i maggiori rappresentanti degli ebrei e alcuni cattolici hanno messo in evidenza che la canonizzazione di Pio IX può danneggiare il recente lavoro per far dimenticare i comportamenti antigiudaici della chiesa cattolica. Anche B'nai B'rith, un importante gruppo ebraico con sede negli Stati Uniti, ha fortemente protestato contro la canonizzazione di Pio IX.
Alcuni conservatori all'interno della Chiesa Cattolica difendono l'operato di Pio IX nel caso Mortara. L'Arcivescovo Carlo Liberati, che ha seguito la causa di canonizzazione ha detto a questo proposito: "Nel processo di beatificazione questo non può essere considerato un problema perché era una consuetudine dei tempi battezzare i giudei e farli diventare cattolici", Liberati aggiunge anche "non possiamo guardare la chiesa di allora con gli occhi dell'anno 2000, con tutta la libertà religiosa che abbiamo oggi" e continua "la giovane domestica voleva dare la grazia di Dio al bambino. Lei voleva che andasse in Paradiso... [e] a quei tempi la paternità spirituale era più importante di quella civile".
Il Padre gesuita Giacomo Martina, un professore dell'Università Pontifica Gregoriana a Roma, scrisse in una biografia di Pio IX: "in prospettiva, la storia Mortara dimostra il profondo zelo di Pio IX... [e] la sua fermezza nel perseguire quello che lui percepiva come suo compito anche a costo della sua popolarità". Egli inoltre dice che il Papa considerava i critici "non credenti... [utilizzanti] una macchina da guerra contro la chiesa". Inoltre bisogna ricordare che Pio IX agì nel pieno rispetto sia della legge civile che del diritto canonico; di suo aggiunse l'affetto ,ricambiato per tutta la vita,per il piccolo Edgardo, che a ventitrè anni assunse il nome di Pio. Eléna Mortara, una discendente di una delle sorelle di Edgardo e professoressa di letteratura a Roma, continua peraltro la campagna per ottenere le scuse del Vaticano per il ratto di Edgardo e contro la canonizzazione di Pio IX. Lei dice di essere "scioccata dall'idea che la chiesa cattolica voglia far Santo un Papa che ha perpetrato un atto di intolleranza inaccettabile e un abuso di potere". Lei spiega di sentirsi "storicamente obbligata, in nome della mia generazione, di chiedere [alla Chiesa] se è questo l'esempio che vuole dare".

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