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domenica, novembre 30, 2008

 

PRETI PEDOFILI: VIA LIBERA PROCESSO CONTRO VATICANO PER PEDOFILIA

Usa, via libera processo contro Vaticano per pedofilia.
Santa Sede: no comment


NEW YORK - Via libera al processo contro il Vaticano per presunti casi di abusi sessuali. A dare l'ok la corte di Cincinnati, Stati Uniti. Secondo la corte i vertici della Chiesa Cattolica avrebbero dovuto mettere in guardia il pubblico e denunciare alle autorità gli abusi commessi da religiosi contro minori. È la prima volta che allo stato Vaticano non viene garantita dagli Usa l'immunità sovrana sancita dal Foreign Sovereign Immunities del 1976. No comment dal Vaticano.

La corte di appello ha dichiarato legittima la richiesta a procedere in sede processuale contro la Santa Sede in un caso di abusi sessuali commessi da religiosi della diocesi di Louisville in Kentucky, ipotizzando dunque che il Vaticano potrebbe essere ritenuto corresponsabile della condotta dei suoi membri. La denuncia è stata fatta da tre uomini che sostengono di esser stati molestati quando erano chierichetti. I tre accusano la Santa Sede di aver per decenni insabbiato la piaga della pedofilia su scala nazionale. Alle presunte vittime aveva dato ragione in prima istanza l'anno scorso un giudice federale del Kentucky avallando la richiesta di rivalersi contro il Vaticano. Il giudizio era stato impugnato in appello e oggi il Sesto Circuito delle Corti d'Appello di Cincinnati ha dato luce verde all'azione legale.

La direttiva di Giovanni XXIII. Il caso si basa su una direttiva del 1962, a firma di papa Giovanni XXIII, resa pubblica nel 2003, che chiede alle gerarchie ecclesiastiche di mantenere il segreto su abusi sessuali da parte del clero. Secondo William Murray, avvocato delle presunte vittime, il documento rende la Santa Sede responsabile per gli atti del clero mantenuti segreti a causa della direttiva.

Jeffrey Lena, avvocato della Santa Sede, pur dicendosi «attualmente non intenzionato» a chiedere alla corte d'appello di rivedere la decisione, ha precisato che «la sentenza è ancora molto lontana dal dimostrare la responsabilità diretta del Vaticano» per la condotta dei suoi membri.

Jonathan Levy, avvocato di Washington che rappresenta un folto gruppo di sopravvissuti dei campi di concentramento in una azione legale rivolta contro varie parti incluso il Vaticano, riferendosi alla mancata garanzia della immunità sovrana alla Santa Sede, spiega che «se qualcuno può rompere questa barriera viene aperta la strada ad altri processi contro la Chiesa Cattolica».

L'azione legale dei tre di Louisville non è la prima in cui in America sono chiesti risarcimenti diretti al Vaticano e non solo alle singole diocesi. Fino a oggi però i processi non erano mai arrivati al livello di Corte d'Appello. 25.11.2008



«Che schifo una società che non difende nemmeno i propri bambini.»
Paul Harris

«Il cristianesimo è nemico dell’Umanità.»
Ennio Montesi

Considerato l’attuale gravissimo stato di censura
e di manipolazione delle informazioni
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domenica, novembre 23, 2008

 

GESU’ CRISTO? SALSI E TRANFO CHIEDONO A MINOLI UN CONFRONTO IN RAI CON RAVASI E MESSORI SULLE ORIGINI DEL CRISTIANESIMO. LA RAI TACE OMERTOSA

Roma - I cristologi di studi storici laici evoluti, Emilio Salsi autore del libro-denuncia “Giovanni il Nazireo detto Gesù Cristo e i suoi fratelli” www.vangeliestoria.eu e Giancarlo Tranfo “La Croce di Spine - Gesù: la storia che non vi è ancora stata raccontata” www.yeshua.it hanno chiesto a Giovanni Minoli con una lettera ufficiale un confronto in diretta televisiva sulle Origini del Cristianesimo con i rappresentanti e storici della Chiesa cattolica mons. Gianfranco Ravasi e Vittorio Messori. Campo di battaglia per la diatriba culturale la redazione di Rai Educational, La Storia Siamo Noi. La lettera firmata da Salsi e da Tranfo è stata inviata in raccomandata al giornalista Minoli, direttore di Rai Educational. Nessuna risposta da parte di Minoli né dai suoi collaboratori della Rai. Sembrerebbe chiaro che parlare della “non storicità di Gesù Cristo, degli Apostoli e della Sacra Famiglia” sia impossibile e assolutamente non gradito alle gerarchie della Chiesa cattolica. Strano e bizzarro comportamento per una associazione religiosa il cui pane quotidiano è quello di sbandierare in continuazione Gesù Cristo. Probabilmente Minoli è obbligato a obbedire e ad asservire la cricca degli stregoni del Vaticano non facendo parlare gli storici davvero esperti sulle origini del Cristianesimo, su Gesù Cristo, sugli Apostoli e sulla “Sacra Famiglia”, ma preferendo, come nel gioco delle tre carte, continuare ad imbonire e ad indottrinare i cittadini permettendo di confondere la “fede” con la “storia”, l’immaginazione fantasiosa con la realtà storica documentata. Probabilmente al titolo della trasmissione “La Storia Siamo Noi…” bisognerebbe aggiungere “…che teniamo famiglia e non possiamo permettere che in Rai si dicano cose che i cittadini non devono sapere sennò possono capire che i personaggi Gesù Cristo, Apostoli e Sacra famiglia sono personaggi mai esistiti, cioè personaggi di pura fantasia.”

Tutti i cittadini che non si ritengono sudditi, né servi delle gerarchie cattoliche e che volessero sollecitare per iscritto o per telefono Minoli e la sua redazione affinché sia realizzata una puntata seria ed onesta con la presenza di Emilio Salsi, Giancarlo Tranfo, Gianfranco Ravasi e Vittorio Messori, ricordando a Minoli che egli non è il padrone della la Rai né tanto meno dell’informazione, ma che la Rai è (o dovrebbe essere) soprattutto l’organo principale di informazione pubblica dello Stato Italiano e a beneficio di tutti i cittadini - che tra l’altro pagano il canone annuo - troveranno i riferimenti qui di seguito. Domandiamoci tra l’altro che senso ha continuare a pagare il canone a un servizio di informazione così pessimo e fazioso? Ricordiamocelo anche quando la Rai inizierà a martellarci per bussare a soldi.
La redazione di Axteismo

Raccomandata A. R.
Alla C. A.
Dr. Giovanni Minoli
g.minoli@rai.it
lastoriasiamonoi@rai.it
Rai Educational - Redazione La Storia Siamo Noi
via Ettore Romagnoli 30 Palazzina A
00134 Roma
Telefoni redazione La Storia Siamo Noi: 0636868832 - 0636868984
Massarosa, 15 Novembre 2008

Oggetto: Richiesta di confronto dibattito sul tema Vangeli e Origini del Cristianesimo a seguito del programma Rai “Inchiesta su Gesù".

A partire dal Dicembre 2004, periodicamente, per la serie “La storia siamo noi”, Rai Edu. 2 ha messo in onda, su tutte le reti televisive RAI, la trasmissione “Inchiesta su Gesù” condotta da Giovanni Minoli insieme al vaticanista Andrea Tornielli. In tale “inchiesta”, fatta passare come storico-giornalistica, si giunge alla conclusione che Gesù Cristo è realmente esistito e si dichiara testualmente “…negli ultimi due secoli oltre un centinaio di libri di studiosi o polemisti hanno accanitamente (sic!) negato che Gesù di Nazaret sia mai esistito”.
Constatato:

che in tale trasmissione si è di fatto impedito a studiosi di cristologia comparata alla storia di far valere le proprie ragioni basate sull’analisi critica delle vicende narrate nei vangeli e delle falsificazioni delle testimonianze degli scrittori del I secolo a noi fatte pervenire dai copisti amanuensi;

che il programma si concludeva con l’invito rivolto agli storici contrari di farsi avanti e produrre prove per smentire la “Inchiesta su Gesù”, pertanto noi, Emilio Salsi e Giancarlo Tranfo, dopo aver svolto un’annosa indagine e studi approfonditi sui sacri testi comparandoli alla storiografia dell’epoca, abbiamo deciso di onorare il reiterato invito diffuso dalla RAI e, nel Novembre 2007, tramite lettera raccomandata A.R., ci siamo resi disponibili a confutare la reale esistenza di Gesù Cristo attraverso un confronto in diretta TV con gli storici della Chiesa rappresentati dal sacerdote Gian Franco Ravasi e dal sig. Vittorio Messori;

che la RAI, ignorando la nostra disponibilità, durante il periodo natalizio ha rimesso in onda lo stesso programma invitando ancora gli storici a “dimostrare il contrario”, facendo apparire che nessuno studioso è in grado di smentire l’avvento del Messia divino, della “Sacra Famiglia” e degli Apostoli, traendo in inganno con questo sotterfugio gli spettatori.

Ciò premesso, i sottoscritti, oggi, rinnovano pubblicamente la disponibilità ad un confronto in diretta TV con i suddetti studiosi della Chiesa Cattolica finalizzato sulla veridicità della “inchiesta” trasmessa e dei vangeli tramite la presente lettera aperta.

Considerato che la Rai è l’organo principale di informazione pubblica dello Stato Italiano e di tutti i cittadini, riteniamo doveroso da parte della Direzione offrire il massimo rigore sulla verità dei fatti in oggetto e delle notizie storiche che influiscono sulla vita, sulle scelte culturali e sociali di tutti noi e dell’intero Paese.
Questa lettera verrà pubblicata e diffusa.
Distinti saluti,

Emilio Salsi e Giancarlo Tranfo

:::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::
Riferimenti:
www.vangeliestoria.eu
www.yeshua.it
http://nochiesa.blogspot.com
Interviste, conferenze, convegni e altro tel. 3393188116

“Non esiste delitto, inganno, trucco, imbroglio e vizio che non vivano della loro segretezza.
Portate alla luce del giorno questi segreti, descriveteli, rendeteli ridicoli agli occhi di tutti e prima
o poi la pubblica opinione li getterà via. La sola divulgazione di per sé non è forse sufficiente,
ma è l'unico mezzo senza il quale falliscono tutti gli altri”.
Joseph Pulitzer, Fondatore Premio Pulitzer

Questo testo è in regime di Copyleft: la pubblicazione e riproduzione è libera
e incoraggiata purché l’articolo sia riportato in versione integrale, con lo stesso titolo,
citando il nome dell’autore e riportando questa scritta.


Fonte: http://nochiesa.blogspot.com
Diffusione: Axteismo Press l’Agenzia degli Axtei, Atei e Laici
http://nochiesa.blogspot.com

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martedì, novembre 18, 2008

 

Stop al silenzio sulla responsabilità della Chiesa Cattolica nel Genocidio dei bambini Nativi Americani!

Scrivo la presente lettera per sottoporre alla vostra cortese attenzione l'implicazione della Chiesa Cattolica nei crimini commessi nelle scuole residenziali canadesi e nelle boarding school americane. Questi crimini sono ormai documentati e ampiamenti diffusi su Internet, ma trovano scarsa attenzione sui media e sui giornali; la nostra richiesta è di porre fine a questo ingiustificato silenzio. Nel giugno scorso il primo ministro canadese Stephen Harper ha chiesto ufficialmente scusa per gli orrori commessi in queste scuole, sancendo, con questo atto, se non giustizia, il riconoscimento ufficiale degli orrori perpretati in queste scuole. Più di 100.000 nativi americani furono costretti dal governo degli Stati Uniti a frequentare scuole cristiane. Il sistema, che ha avuto inizio con il presidente Grant nel 1869, è continuato anche nel 20° secolo. Funzionari della Chiesa, missionari, e le autorità locali hanno preso i bambini dai loro genitori e li hanno spediti nelle scuole cristiane, le Boarding School, e costretti altri ad iscriversi nelle scuole cristiane delle riserve. Sono stati separati dalle loro famiglie, per la maggior parte dell’anno, talvolta senza una sola visita della famiglia. Praticamente imprigionati nelle scuole, i bambini hanno sperimentato una devastante litania di abusi, di assimilazione forzata e abusi sessuali e fisici. L’escalation di abusi sessuali sulle scuole delle riserve è continuata fino alla fine degli anni 1980. Le sevizie fisiche e psicologiche, le torture, gli stupri, i reati sessuali, gli omicidi e tutti gli altri atti di violenza, aggravati dal comportamento silente ed omertoso fin qui sistematicamente ossevato dalal Chiesa, non possono e non devono essere ulteriormente nascosti. Tali crimini, che hanno avuto come conseguenza la morte, solamente nel Canada, di 50.000 bambini Nativi Americani, strappati alle loro famiglie con la complicità dei governi e costretti con la forza alla conversione culturale e religiosa, con la finalità e il modus operandi definito dal Diritto Internazionale come “Genocidio”. Studiosi e attivisti hanno solo adesso iniziato ad analizzare quelli che definiscono “gli effetti cumulativi di queste esperienze storiche in genere sulle comunità tribali e le generazione di oggi”. Effetti in molti casi devastanti. Kevin Annett ha realizzato un documentario, “Unrepentant: Kevin Annett and Canada’s Genocide”, che è stato premiato, al New York Independent Film and Video Festival nel 2006 e come miglior documentario al Los Angeles Independent Film Festival nel marzo 2007; descrive la storia personale di Kevin Annett quando, nelle veste di reverendo, si è scontrato con la Chiesa Unita per il suo interessamento ai fatti accaduti nelle scuole residenziali canadesi e il genocidio commesso dai responsabili religiosi di queste scuole, e riporta numerose testimonianze dei nativi sopravvissuti. Questo documentario è stato, oggi, da noi sottotitolato in italiano, chiediamo che sia trasmesso integralmente, siamo a disposizione per fornirlo a chiunque sia interessato a mandarlo in onda. Attualmente è possibile vederlo su www.nativiamericani.it. Stiamo attivando una campagna informativa per far conoscere questi fatti, i loro responsabili diretti e indiretti. Chiediamo il vostro supporto e il vostro aiuto. Ci rendiamo conto che non è una richiesta semplice, ma facciamo appello al vostro senso di reponsabilità e giustizia, ai valori civili e democratici che sono certo animano il vostro lavoro, affinchè essa sia accolta. La maggioranza di queste scuole scuole - lager era gestita dalla Chiesa Cattolica, e per la restante parte da altre Chiese. Potete facilmente trovare informazioni dettagliate sul sito www.hiddenfromhistory.org, sul nostro Blog www.nativiamericani.it ma anche su centinaia di siti internet. Aiutateci a ristabile la verità, a dare giustizia a tutti i bambini uccisi e senza nome, senza degna sepoltura, ai sopravvissuti e alle loro famiglie. Aiutateci a far sì che la Chiesa Cattolica riconosca ufficialmente e pubblicamente la propria responsabilità diretta in questi crimini. Questo è il link alla lettera che abbiamo inviato al Vaticano. http://www.nativiamericani.it/?p=560
Cordiali saluti
Alessandro Profeti
Nativi Americani.it
Blog d'informzazione sui Popoli Nativi Amer

 

Revisionando la Revisione

Appunti e spunti di polemica anti-revisionista sulla “Santa Inquisizione”alla luce della storia, della Ragione e del buonsenso

“Ogni sacerdote deve ubbidire agli ordini del papa, pur qualora fossero diabolici”. Innocenzo III

“Inquisizione”: una parola che riecheggia all’istante eventi noti più o meno a tutti nei termini in cui siamo stati abituati a visualizzarli. Quantomeno in teoria così dovrebbe essere, dacché in questi ultimi decenni l’ondata revisionistica che ha sommerso un po’ ovunque la storiografia con una velleità reazionariamente mendace, interessando gli eventi a carattere religioso più di qualsiasi altro settore, si è dedicata per prima cosa a “limare” appunto il capitolo dell’Inquisizione, ritenendo opportuno "rivedere e correggere" la visione universale della critica su parecchi argomenti riguardo la storia del cristianesimo e della cristianità.
Si sa: l’essere umano tende ad annoiarsi molto velocemente delle cose che conosce già da tempo, che ha sentito ripetere monotonamente per anni, e soprattutto che amerebbe ascoltare con un tono meno perentorio e certificante: ciò perché tende a collegare il processo continuativo di cognizione con quello di continuazione della specie, al punto che temerebbe di non avere più alcuno scopo di vita, qualora certificasse un qualche argomento in maniera definitiva. Nel caso specifico, tale azione si rende molto più pressante in quanto la posta in gioco è importantissima: la sussistenza di una classe di “diversi sociali” e del sistema costruito sul Preconcetto Ultimo (l’esistenza di Dio), che garantisce i primi ed i loro manutengoli. Per motivi siffatti, l’uomo potrebbe adagiarsi ben facilmente a voler revisionare a tutti i costi proprio queste cose, specie qualora non ce ne sarebbe stato alcun bisogno…
In effetti, per molti revisionisti la critica storica, agendo sulla scorta della “diffamazione” protestante, illuminista e marxista, finora si sarebbe dimostrata sin troppo estremi­sta e facilona, finendo così giocoforza per essere relegata tra i “dinosauri ideologici dell’anti-clericalesimo” (come la definì tempo fa un “apologeta amatoriale” mio conoscente): così, non contenti di continuare a parlare di "Leggende Nere" (termine coniato nel lontano 1914 dal Juderías ne La leyenda negra y la verdad histórica), ovvero "Rosa" (così la definisce frequentemente il notorio sito www.kattoliko.net, che rac­coglie le perle di fini studiosi del calibro di Introvigne o Messori…), per costoro l’Inquisizione sarebbe stata uno "strumento necessario" che “ha reso un servizio alla società” minacciata da “eretici e streghe” (!), e perciò automaticamente non giudicabile (anche perché “da contestualizzarsi all’epoca in questione”…). Ma soprattutto, nel corso dei suoi ben sei secoli di “santa attività”, non avrebbe mietuto quel numero di vittime così astronomico che le imputano i critici: si parla tutt’al più “qualche centinaio” di morti, non oltre.
Avrei voluto evitarmi di tributare a certe pretese più importanza di quanto oggettivamente meriterebbero, se non fosse che per constatarne l’effetto a vasto raggio basterebbe già fare un breve giro su internet, e listare le centinaia di siti filo-cattolici che diffondono – sovente con un atteggiamento irritante oltre il limite del protervo, condito da irridenti esalazioni di Te Deum – “la verità sul vero modo in cui si svolsero i fatti” ad uso e consumo dell’ho­mo probus (che il più delle volte risulta parecchio refrattario agli anticorpi della “dea Ragione”, a dire il vero). D’altronde, questa tattica non è cosa de’ tempi nostri: gli “avvocati di Dio” ci avevano già provato sulla scia della Restaurazione, e puntualmente vi furono critici (ad es. tra i primi, due secoli fa, l’ex francescano Joseph McCabe) che sottolinearono l’inconsistenza di tale “metodo” sia per la sospetta pochezza di dati in possesso, sia per questioni meramente etiche, che impediscono di ridurre la responsabilità di un atto in proporzione alla quantità di vittime cagionate, quando i fattori in gioco sono di presunta natura sovrannaturale. Per questo motivo riterrei più opportuno sottolineare soprattutto questo tipico modo di pensare così "ragionieristico", in quanto assai sintomatico anche per dare un’idea del livello di mistificazione a cui si è giunti in un paese che, da un lato, imputa alla mancanza di fede le difficoltà della sussistenza quotidiana, mentre dall’altro concede placido ostello e lauto sostentamento ad un’istituzione sedicente spirituale, rivelatasi ab origine molto sollecita allorquando si tratta di “calcoli” (dimentichiamo ad esempio che ad "eretici" e "stregoni" di norma venissero confiscati per prima cosa i beni terreni?).
Vero è che molti fatti furono sicuramente inflati dalla contro-propaganda luterana e deutero-illuminista (del resto assai adeguate al modo di fare della cristianità nei confronti di tutto quanto ne ha preceduto l’auge e ne ha messo in discussione l’ostentato candore), e certo è che l’Inquisizione mieté molte meno vittime di quanto non accadde nei quasi milleseicento anni di continue lotte intestine tra le varie sette cristiane: rimane comunque specioso che, in questo come in altri casi analoghi, gli apologisti disconoscano come il vero problema non sia costituito da termini numerici, bensì dal fatto che questa stessa istituzione predicatrice di pace, amore e carità abbia comunque autorizzato o perpetrato – che ciò sia stato personalmente o tramite agenti compiacenti, la cosa rimane del tutto irrilevante e non giustificativa – la condanna, la tortura e l’uccisione di persone ree d’aver contraddetto ai dogmi di un "dio" altrimenti onnipotente, onnipresente ed "infinitamente misericordioso".
Quel passato non è caduto in prescrizione per il mero fatto che sono trascorsi ormai quasi nove secoli: anzi, esso è ancora molto attuale e grida vieppiù vendetta perché è stato proprio grazie a strumenti del genere, oltre che all’inganno ed alla macchina­zione politico-economica (si pensi alle “donazioni” falsificate ed agli appoggi garantiti dal papato ora a questo ora a quel potente, talora contro la stessa Italia), che la chiesa è riuscita ad assicu­rarsi un proficuo presente e tenta tutt’oggi di perpetuarsi a tutti i costi per il futuro a venire. In questo la colpa della “santa madre” chiesa non può essere minimamente paragonata a qualunque atrocità commessa da qualsiasi altra dittatura al mondo che non si sia puntellata su pretese religiose. Ciò è indubbio soprattutto qualora al danno aggiungiamo le beffe, come accadde in occasione del discorso giubilare di Giovanni Paolo II (a cui opinione il comportamento dei “figli della chiesa” sarebbe stato comunque un po’ “giustificabile”, in quanto cagionato dalla stolidità delle loro stesse vittime, che li “costrinsero” a comportarsi così!), supervisionato dall’allora capo della Congregazione per la Dottrina della Fede (vale a dire, appunto quello che fu già noto come “Sant’Uffizio”, organo direttivo del tribunale dell’Inquisizione): sua eminenza cardinal Joseph Ratzinger, attuale pontefice.
* * *
Dal canto mio, mi asterrò comunque dal riportare i soliti elenchi di torture e strumenti di morte, nonché dal questionare di Galileo, streghe, moriscos e relapsi, o se sia stata più feroce l’Inquisizione medievale, spagnola o romana, dacché li trovo argomenti tanto abusati quanto revulsivi, pur in tutta la loro urlante, attualissima tragicità: mi soffermerò quindi sulla base di ciò che i revisionisti filo-clericali stanno cercando d’imporre all’opinione pubblica oramai da decenni, e nel far ciò preavviso l’ascoltatore di scusarmi qualora mi capitasse d’indulgere leziosamente nel concessivo, in quanto la velleità revisionistica risulta molto spesso automaticamente prona a sollecitare considerazioni salaci malgrado tutta la sua leguleica gravosità (ed anzi, probabilmente proprio a cagione di essa), che risulta disgustosa per chiunque abbia la certezza del fatto che Dio sia un primitivo mass controller, e non un Essere reale che funge da elemento pulsore dell’intelligenza umana.
In effetti, mi riesce arduo pensare con serietà in che modo potrebbe mai risultare soddisfacente una revisione "quantitativa", considerato che, secondo i documenti rintracciati dallo storico palermitano La Mantia ben due secoli or sono, già per la sola Inquisizione Siciliana – sulla cui triste realtà basterà dire che diede “lavoro” a circa 25000 persone; ed era soltanto una dependance di quella Spagnola! – si parla di oltre settanta condanne a morte certificabili nella sola prima metà del 1500, in barba alla “trentina” di esecuzioni totali proposte illo tempore dall’illustre medievalista Franco Cardini. Com’è possibile ciò? È possibile perché il “metodo” con cui i revisionisti hanno estrapolato le loro cifre è analogico ad una velleità sofistica, dacché si basa su una percentuale di documenti molto bassa: ed è lecito dire che, in proporzione, i dati sarebbero stati di certo più ingenti, qualora gli archivi ci fossero pervenuti integralmente. Spesso era il popolo stesso, terrorizzato ed esasperato da questo bel “servizio reso alla società”, ad assaltare i tribunali inquisitorii per distruggere gli archivi con le liste di condannati e sospettati: ma il più delle volte erano coloro i quali ne erano stati autori. Ad esempio, per volere di Giuseppe II, pio cattolico imperatore d’Austria, furono bruciati tutti i documenti relativi all’Inquisizione di Milano che coprivano il lungo periodo tra 1314 e 1764; per lo stesso motivo, dei soli archivi italiani fino al 1771 (7900 circa, di cui 4148 volumi di processi e 472 di sentenze!!!) portati a Parigi da Bonaparte se ne salvarono ben pochi, mentre quel che rimase in Italia delle annate tra il 1772 ed il 1810 fu distrutto dei funzionari del Sant’Uffizio: stessa cosa accadde in tutte le terre spagnole e portoghesi, colonie incluse. Del resto, quando Leone XIII aprì trionfante gli archivi vaticani ai ricercatori, il grande storico della chiesa Pastor tentò di consultare le liste di condanna, ma invano: ciò evidentemente perché qualcuno – racconta ancora McCabe – aveva rimosso i registri di tutte le annate dell’Inquisizione Romana.
Quanto al ridimensionamento "qualitativo", la tortura fu ufficialmente autoriz­zata sin dall’inizio, con la famigerata Ad exstirpanda di Innocenzo IV (dunque già a partire dalla seconda metà del 1200), che sovvertì prontamente le posizioni concilianti di Nicola I in concordia gli appelli all’uso della violenza contro gli eretici espressi negli atti del Terzo Concilio Laterano (1179), prodromo alla crociata contro gli albigesi: e dato che la chiesa non poteva spargere sangue, si optava per sevizie di strappaggio o soffocamento, spesso effettuate in due sessioni per mano del braccio secolare, al quale fu demandato l’onere della repressione fisica a seguito dei decreti di Innocenzo II (1139: atti del Secondo Concilio Laterano, can. 23), dietro minaccia di ritorsioni in caso di riluttanza. Tanto rimase pratica ufficiosa perlomeno fino al 1557, quando Paolo IV – che equipaggiò di tasca sua gli inquisitori con vari gingilli di tortura – nella Pro Votantibus autorizzò lo spargimento di sangue fino alle conseguenze più estreme. Né si può dire che le icone letterarie e filmografiche degli ufficiali inquisitorii cui siamo stati abituati non corrispondessero ad una letterale presa d’atto della realtà documentaria, ad osservare il modo in cui – per citare uno di quelli definiti “più umani” – il famoso Bernard Gui traesse un compiacimento direi lattanziano dai supplizi cui erano sottoposti i malcapitati, come vediamo ad esempio dalle annotazioni del suo manuale riguardo l’esecuzione di fra’ Dolcino e compagna:
“Margherita fu tagliata a pezzi sotto gli occhi di Dolcino; poi costui fu a sua volta tagliato a pezzi. Le ossa e le membra dei due suppliziati furono gettati tra le fiamme, assieme ad alcuni dei complici: era il meritato castigo per i loro crimini”.
Casi isolati? Non direi. Si trattava di una mentalità avvezza e diffusa, che mesceva allo zelo del crociato un sottile compiacimento nel macabro, come vediamo paragonando ad es. le righe di cui sopra con le parole di Bartolomé de Fonseca, inquisi­tore della colonia di Goa, attivo quasi tre secoli dopo il collega francese:
“Mi hanno consegnato un tribunale pacifico, senza processi, prigioni con pochi prigionieri (una sola nuova cristiana, che si rifiutava di confessarsi, che non cedette in nulla e morì in quello stato); nel paese segretamente infiltrata questa gentaccia di nuovi cristiani, tranquilli e a riposo.
Io ho reso il tribunale piegato sotto il peso dei processi, le prigioni sono riempite al massimo di prigionieri: ce ne sono stati di più in questo solo anno che nei tredici anni in cui lavoravano congiuntamente un arcivescovo e due inquisitori. Il paese è pieno di fuoco e di cenere dei cadaveri degli eretici e degli apostati, ed io vengo considerato più come uno sposo di sangue che come uno sposo di pace, odiato da tutti quelli che tengono nascosti i loro interessi con questa gentaccia: e sono numerosi”.
Vigeva piuttosto un behaviorismo abbastanza beffardo, tale da permettere delle eccezioni alle regole scritte, come ad esempio nel caso di quella scheggia impazzita che risponde al nome di Nicola Eymerich, contemporaneo di Gui ed inquisitore del trono d’Aragona, a cui richiesta fu reintrodotto l’uso di trapassare la lingua dei condannati con un chiodo, affinché non profferissero blasfemie: desiderio che re Giovanni tòsto assecondò unitamente alla repressione dei seguaci di Lullo, salvo far retromarcia allorché Valencia insorse all’unisono contro le angherie dell’inquisitore. Fine quasi simile, ma più tragica, toccò all’odiatissimo Pedro d’Arbues, inquisitore del distretto di Saragozza al tempo del leggendario Torquemada (“uomo rigoroso e duro, ma di grande correttezza”, lo commemorò ancora Cardini in un’intervista a Il Timone del gen./feb. 2003…), che per vendicarne la morte per mano dei cittadini inferociti fece un gigantesco falò di “eretici”, e poi lo proclamò santo. Non meglio andò a Rolando di Cremona, fatto fuori da alcuni avversari, od all’atroce Corrado di Marburgo, forse eliminato dagli sgherri di un suo imputato, ingiustamente accusato; Roberto il Bulgaro, domenicano ed ex cataro, invece se la cavò con la condanna al carcere a vita dietro ordine dei superiori, ma non prima d’aver eliminato oltre 250 “dissidenti della fede”.
Allo stesso modo, a proposito di “eretici” (semmai così potremmo chiamare i seguaci di linee di fede dissidenti da una “ortodossia” fondata su favole…), i revisionisti dimenticano altrettanto facilmente che l’Inquisizione agisse ab antiquo in coordinazione con la pianificazione di stermìni di massa, proprio come nel caso delle crociate catare e valdesi, veri e propri genocidi spesso sfuggiti al controllo dei capitani della chiesa: inutili furono i richiami del papa nei confronti dei metodi eccessivamente violenti dei monarchi, che eccedevano per eccesso di zelo e bramosia di confische, tanto quanto eccedeva nelle persecuzioni la popolazione tormentata dallo spettro delle carestie, cagionate – come predicava la chiesa stessa, in fondo – dalla presenza di musulmani e soprattutto di “deicidi” giudei: i pogrom di Siviglia (tristemente famosa per i quemaderos, antenati dei forni crematoi nazisti), Barcellona, Cordova e Valencia sono memorabili, in tal senso.
I revisionisti dicono che la chiesa ebbe poca responsabilità in queste azioni, che ascrivono a sovrani altrimenti illustrati come esempio di luminosa cristianità: ma in realtà il problema non sussiste, in quanto distruggere le eresie cui si opponevano i regnanti per evitare la caduta nel caos da parte della società del tempo, era un piano condiviso con il papato (che molti revisionisti però lodano, disgiungendolo dall’azione del potere secolare). A riprova, sovente accadeva addirittura l’inverso: ad es., tra i carteggi del "Santo" Uffizio figurano i documenti della grande campagna lanciata dal già citato Paolo IV e portata avanti da Pio V contro vescovi e uomini di chiesa italiani del ‘500, colpevoli di simpatie per le correnti moderate della Riforma e per le idee di Valdes!
* * *
Ben altro è quanto circola a livello di divulgazione popolare, e che pertanto costituisce ipso facto un pericolo molto più marcato per le coscienze di quei “poveri di spirito” ai quali – bontà loro – sarebbe stato destinato il Regno dei Cieli: per questo motivo, anziché dedicarmi all’Inquisizione in sé per sé, come fulcro del mio intervento ho ritenuto consono proporre una disamina dell’apologetica che si occupa di essa, ed in particolare quella più “mangereccia”, perché è tanto più perniciosa quanto più risibile. Per darne un saggio concreto commenterò le righe di un noto apologista mio conterraneo, Rino Cammilleri
[1], il quale, in un libello raccogliticcio intitolato "Fregati dalla scuola" (Effe­dieffe, 1999), scritto in polemica con il sistema scolastico statale (secondo lui, figlio di una sorta di congiura anti-papista mirante a svilire la chiesa…), ha cercato volenterosamente di "mettere in guardia" gli "ignari" sulla realtà di questa ed altre "leggende" imbastite dalla “storiografia anticristiana” di cui sopra, e nel far ciò apriva l’argomento del capitolo di cui in oggetto con un argomento spigolosissimo qual è appunto la più volte citata eresia catara:
"La Chiesa pensò di affidare il compito di contrastare l’eresia a teologi cistercensi, inviati direttamente da Roma. Ma questi delegati papali spesso finivano trucidati dagli eretici e dai signori ghibellini che li sostenevano per loro motivi politici. Fu l’assassinio dei legati pontifici (mandante il conte di Tolosa, Raimondo VII) a scatenare la cosiddetta crociata contro gli Albigesi. La famosa frase "Uccideteli tutti, Dio distinguerà i suoi"; è una fandonia storica. Non fu mai pronunciata".
Che si tratti di una "fandonia storica", ne dubito assai, dato che la frase attribuita all’abate cistercense Arnaud-Amaury fu riferita – e ben prima di sospetti “riformisti” – addirittura da un altro cistercense: il priore Cesare d’Hesterbach, agiografo e noto dettatore della regola di disciplina elogiata proprio da Cammilleri in altre parti del medesimo libello, e di stanza proprio a Béziers in quel tempo. Il dubbio risulterebbe comunque oltremodo velleitario, dacché ad averla pronunziata sarebbe stato quello stesso Arnaud-Amaury che così scrisse ad Innocenzo III proprio dopo le mattanze di Béziers:
"Senza risparmiare né vincoli di sangue, né sesso, né età, i nostri sterminarono circa 20000 persone: e, dopo quel gran massacro di nemici, la città fu saccheggiata ed arsa. La vendetta divina ha fatto meraviglie".
Perché mai un personaggio come questo – descritto dalle cronache coeve come qualcosa di più vicino ad un principe che ad un monaco – non avrebbe dovuto mostrarsi irridente nel guidare al massacro degli eretici proprio quelle truppe a lui stesso sottoposte? Si dimentica che persino i capi degli assalitori della fortezza catara di Montsegur, quarant’anni dopo, furono altri due inquisitori? E non si rammenta neppure che uno dei cavalieri francesi che accolsero l’invito del famigerato Innocenzo III fu proprio il capo di Amaury, vale a dire quell’avventuriero Simon de Montfort, allettato dal papa con l’offerta delle terre confiscate?
Ma torniamo al nostro filo conduttore:
"Paradossalmente è proprio l’Inquisizione a inventare il processo moderno. I tribunali laici medievali, infatti, funzionavano col sistema «accusatorio»: il giudice poteva intervenire solo su istanza di parte e giudicava sulle prove fornite dalle parti. Anche l’omicidio. Se i parenti dell’ucciso perdonavano l’assassino, questo veniva liberato.
L’Inquisizione inventa il verbale redatto da un cancelliere, il «corpo del reato», la giuria popolare, gli sconti e la remissione di pena per buona condotta, le licenze per malattia, gli arresti domiciliari, l’avviso di garanzia.
Essa condannò un numero di persone di gran lunga inferiore a quel che certi romanzi «gotici» ci hanno tramandato. E salvò la civiltà europea da un gravissimo pericolo. Proprio perché l’Inquisizione inventa il processo scritto e verbalizzato gli storici sanno tutto su questa istituzione, i cui documenti sono tutti conservati e a disposizione degli studiosi.
Anche la tortura inquisitoriale è una sciocchezza tramandata da disegni e incisioni di fantasia, diffusi dalla propaganda antipapista protestante dopo l’invenzione della stampa. La tortura, come mezzo per far confessare, era usata da sempre da tutti i tribunali. Se (l’accusato) non confessava, veniva liberato. Se confessava sotto tortura la sua confessione doveva essere da lui confermata dopo, senza tortura, altrimenti non era valida. Gli inquisitori la impiegarono pochissimo perché non se ne fidavano: sapevano che c’è chi sotto tortura confesserebbe anche quel che non ha commesso.
La tortura comunque era applicata sempre sotto stretto controllo medico e mai a vecchi e minori (...) Comunque l’Inquisizione ebbe il merito di sottrarre la questione dei falsi convertiti ai linciaggi di piazza. Fu garantito un processo giusto e puntiglioso. I veri convertiti vennero provvisti di regolare certificato inquisitoriale e garantiti contro ogni ulteriore molestia; agli altri fu posta l’alternativa tra la vera conversione o la condanna (...) A bruciare streghe furono soprattutto tribunali laici e protestanti".
È davvero singolare il modo in cui si possano sciorinare verbali, licenze e domiciliari, dimenticando però che gli inquisitori introdussero pure la confisca, la condanna in contumacia, il processo post mortem e tante altre "innovazioni" analoghe, di cui non è possibile parlare diffusamente semplicemente perché di tutti i documenti sicuramente disponibili ci è rimasto piuttosto ben poco. Dai registri e dai manuali in nostro possesso sappiamo comunque che a trascinare una persona di fronte al tribunale sarebbero state sufficienti già chiacchiere e dicerie (la cosiddetta diffamatio), basate su almeno due confessioni (di cui egli riceveva solo un riassunto): inoltre, l’imputato, ritenuto automaticamente colpevole fino a prova contraria, non poteva conoscere l’identità dell’accusatore né il capo d’accusa od i verbali redatti in merito alle sue stesse dichiarazioni. Praticamente, non godeva di alcun diritto, come specificato già da Bonifacio VIII, talché spesso presenziava senza difensori (quello d’ufficio era chiamato semplicemente pro forma, allo scopo di convincerlo a confessare, non già per difenderlo).
Quanto ai giudici, essi potevano usare qualsiasi mezzo a loro discrezione, tra i quali veniva scelto preferibilmente il carcere preventivo, dove l’imputato veniva incatenato e lasciato a languire senza cibo
[2]. A riprova del canone di “legge uguale per tutti”, si usavano due pesi e due misure nel giudi­care e punire i plebei od i nobili: la In multis depravatis di Giulio III prevedeva la perfora­zione della lingua, la fustigazione ed i lavori forzati per i primi, una multa, la perdita di titoli e benefici, il divieto di fare testamento e un bando di tre anni dalla città per i secondi.
Qualora, nonostante tutto ciò, l’imputato non testimoniava o non c’erano prove sufficienti a suo carico, l’inquisi­tore poteva autorizzare la tortura per certificare la pena, la cui “razionalità” può essere sufficientemente illustrata da uno dei metodi “scien­tifici”con cui era estorta la confessione: l’ordalia dell’acqua
[3]. Con simili metodi, è chiaro che la tortura prescindesse piuttosto dalla falsa confes­sione, come vediamo ad es. da alcune famose righe di Francisco Peña, continuatore dell’opera di Eymerich:
"La finalità del processo e della condanna a morte non è quella di salvare l’anima dell’accusato, bensì di mantenere il bene pubblico e terrorizzare il popolo. È compito dell’avvocato incitare l’accusato alla confessione ed al pentimento, e sollecitare una penitenza per il crimine che ha commesso. Non siamo dei carnefici! Che si faccia di tutto affinché il penitente non possa proclamarsi innocente, sì da non dare al popolo il minimo motivo di credere che la condanna sia ingiusta (…) Lodo la pratica di torturare gli accusati".
Direi che quanto a concezione aderente quantomeno al “diritto naturale”, ci siamo quasi… Ma riprendiamo dunque con Cammilleri:
"L’Inquisizione Romana, o Sant’Uffizio, nacque per rispondere alla sfida luterana. Essa fu centralizzata a Roma e affidata ai cardinali. Santi come Pio V (il papa della battaglia di Lepanto) furono inquisitori. Il Sant’Uffizio evitò all’Italia la caccia alle streghe e le guerre di religione. Il periodo della Controriforma, contrariamente a quanto molti sostengono, fu un’epoca di splendore di arti, lettere e scienze".
Se Pio V – fondatore dell’Indice dei libri proibiti, ed egli stesso provetto ex-inquisitore – fu “santo” per via dell’episodio di Lepanto, questa non sarebbe una gran santità, considerato che per suo ordine la polizia romana fece una retata di zingari per spedirli nelle galee, in quanto essere “rom” a quel tempo equivaleva automaticamente ad essere colpevole, quindi sottoponibile a stato di fermo forzato. E il “santo” non volle sentir ragioni nemmeno allorquando alcune persone di buona fede firmarono una petizione di rilascio: anzi, intimò che venissero espulsi da Roma tutti i firmatari (tutti, eccetto "san" Filippo Neri).
Tornando a questioni meno “evasive”, già dal 1233 Gregorio IX diede il via ad un inondazione di follia collettiva contro le streghe sulla scia del Canon Episcopi; ma la caccia massiccia iniziò ufficialmente nel 1484, con la Summis Desiderantes di Innocenzo VIII, che istituì due suoi inquisitori, i famigerati Sprenger e Kramer, il cui tristemente famoso manuale continuò per decenni ad ispirare tantissimi colleghi, nonostante fosse stato iscritto all’Indice dalla stessa chiesa già poco tempo dopo la sua prima tiratura; infine, sulla scorta degli insegnamenti di pontefici tutt’altro che immacolati come Alessandro VI, Leone X, Giulio II, Adriano VI e Gregorio XVI, che stabilirono "infallibilmente" l’esistenza delle streghe, vennero i vari Borromeo, Beltramino, Antonio da Casale, tutti sicuramente preoccupati di eliminare quante più streghe possibili in Italia, di certo nell’ipotetico tentativo di evitarne l’ingrata fatica al Santo Uffizio!
Sorvoliamo, infine, sulla reale consistenza della cultura e delle scienze nel periodo della Controriforma, perché usciremmo abbondantemente fuori tema.
* * *
È con dispiacere, sebbene non senza una punta di compiacimento mordace, che mi sono visto obbligato a dare un saggio di ciò che circola in Italia a proposito dell’In­quisizione, tramite un campionario esemplare di mala-informazione e disonestà intellettuale di cui avrei senz’altro fatto a meno, se non fosse stato che – come ho anticipato – si renderebbe necessario denunciare in primo luogo i tentativi di basso profilo, dal momento che, a differenza degli accaniti salmodiatori di rosarii, perlomeno le penne di un certo spessore ogni tanto si concedono una pausa introspettiva (anche perché difficilmente la loro verbosità speciali­stica potrà attecchire nell’animo dell’uomo di tutti i giorni, più di quanto non accade per l’animo degli apologisti che li prendono a modello).
Sicuramente molti si chiederanno per quale motivo queste persone agiscono in tal modo, sfidando – col supporto di molti circoncellioni e di pochi esperti buonisti – il giudizio della comunità e della storiografia non allineata. Il motivo è assai semplice ad individuarsi: la radicata presunzione d’innocenza di tutto ciò che è presupposto essere di matrice “divina”, in cui omaggio è possibile salvare dalla damnatio memoriae qualsiasi fatto od evento altrimenti censurabile seduta stante. Tanto quanto gli inquisitori che essi tentano d’emendare, costoro non agiscono soltanto per il mero guadagno commerciale, bensì perché seriamente convinti del fatto che stanno agendo per tutelare l’egida del Bene: e penso proprio che neppure il passare l’icona divina ebraico-cristiana al setaccio della Logica potrà mai convincerli del contrario.
A mio parere, il vero problema specifico insito in un argomento simile non è tanto lo speculare quale sia la sua realtà storica vera (che, come visto, per poter sortire fuori non necessita affatto di monumentali tomi dottorali, ma quantomeno di un minimo di buonsenso), bensì per l’appunto fronteggiare certi sinuosi tentativi “apologetici”, e provvedere ad una giusta informazione su ciò che in realtà è la chiesa, la sua storia, la sua agenda e la sua teoria teologica: ne va della salute di coscienza dei nostri figli, ai quali, con la mediazione del­l’attivismo degli scettici, tutti i genitori di buona volontà dovrebbero additare esempi molto più validi di certi personaggi vestiti in maniera bislacca, che predicano facilmente pace e amore da un pulpito innalzato su oltre due millenni di violenza e deliberata eliminazione del Diverso, attuate col supporto di governi compiacenti in nome di un improbabile “ordine superiore”, a contraltare di un culto costruito sull’icona di un ribelle simbolico, giusti­ziato per mantenere lo status quo di una società tendente al parassitismo da oltre due mil­lenni.
Viviamo da secoli in un’Italia di disastro, un’Italia che è visibilmente uno zimbello per tutti, fuorché per quelle maestranze padronali reazionarie che tendono a governare basando la propria “politica” su “valori” desunti proprio da quel credo che ha ridotto il paese ad una perenne fattoria di precarietà: ed è su questo beffardo punto specifico della questione che, sempre a mio parere, si rende più necessario un dibattito organico ed un’azione di sensibilizzazione ben più vibrante, anziché continuare a cercare altrove le cause del malessere.
Fonte:
www.alexamenos.com
[1]Altro abitué editoriale de "Il Timone", introduttore al Manuale dell’Inquisitore di Gui, edito nel 1998 dalla Piemme, e recentemente autore di un altro libro su tema, intitolato La vera storia dell’Inquisizione (Piemme 2003, prefazione di Franco Cardini), nonché curatore della traduzione italiana di Elogio dell’Inquisizione, di Jean-Baptiste Guiraud.
[2]I medici c’erano per assicurarsi se il fisico delle vittime potesse sopportare i supplizi, e rianimarle per far si che non spirassero prima d’aver confessato; inoltre, le indagini di Escamilla-Colin hanno accertato che in molti casi i torturati subissero comunque lesioni permanenti, talché il supporto dei medici sarebbe stato comunque palliativo.
[3]L’imputato veniva posto su uno dei due piatti di una grande bilancia, e se pesava meno della Bibbia che era situata sull’altro piatto, si trattava di un indemoniato; se invece pesava di più, era un eretico!
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Il libro che la tua chiesa non ti farebbe mai leggere, ed. Newton Compton
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venerdì, novembre 14, 2008

 

DERATTIZZAZIONE DEI TRIBUNALI ITALIANI DAI CROCIFISSI

Luigi Tosti, magistrato:
“Se non verranno derattizzati
i tribunali italiani dai crocifissi
mi rifiuterò di essere processato”.

Al Presidente della Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione
Piazza Cavour 00193 Roma

All’Avv. Pierdominici Fabio
Via Farnese n. 75 - 62032 Camerino

All’Avv. Dario Visconti
Via XX Settembre n. 19 - 67100 L’Aquila

e per conoscenza:
Al Ministro di Giustizia On.le Angelino Alfano
Via Arenula 70 - 00186 Roma

Al Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione
Piazza Cavour 00193 Roma

Oggetto: Richiesta di rinvio dell’udienza di discussione del ricorso R.G. N. 03482400-07, fissata per il 18.11.2008.

Io sottoscritto Luigi Tosti, imputato ricorrente nel procedimento penale n. 03482400-07 R.G., chiedo che la discussione del ricorso, fissata per il prossimo 18 novembre 2008, venga rinviata per i motivi che seguono.
1°) La presenza generalizzata dei crocifissi nelle aule giudiziarie italiane, imposta dalla Dittatura confessionale Fascista del 1926 e tuttora condivisa dall’attuale regime repubblicano, pregiudica e lede in modo eclatante il principio supremo di laicità delineato dalla Carta Costituzionale Italiana, cioè l’obbligo costituzionale dei giudici di essere e di apparire imparziali, neutrali ed equidistanti nei confronti dei cittadini giustiziabili e dei loro legali: così ha in effetti sancito la IV Sezione Penale della Corte di Cassazione nella sentenza 1.3.2000 n. 4273, imp. Montagnana. Come cittadino-imputato avanzo, dunque, la pretesa di essere giudicato, il 18 novembre prossimo, da giudici visibilmente LAICI, che cioè non accettano di far parte di un’Amministrazione giudiziaria che è simbolicamente connotata da una smaccata “partigianeria cattolica”: tanto più in un processo che mi vede imputato per un comportamento diametralmente opposto, cioè per essermi rifiutato di tenere le udienze a causa della presenza coatta dei crocifissi.
2°) L’esposizione generalizzata dei crocifissi nelle aule di giustizia lede anche il mio diritto fondamentale di libertà di religiosa, dal momento che ho il diritto di essere tenuto lontano, quando sono costretto a frequentare le aule di giustizia, da simbolismi religiosi di una particolare fede. L’esposizione del crocifisso come “simbolo venerato, ammonimento di verità e giustizia” non è infatti un atto “anodino”, ma si tratta di un vero e proprio atto con significato religioso: ciò lo si argomenta sia dalla circostanza che l’art. 58 del regolamento penitenziario (D.P.R. 30.6.2000 n. 230) qualifica come “manifestazione di libertà religiosa” “l’esposizione da parte dei detenuti, nella propria camera individuale, dei simboli della propria confessione religiosa”, sia dalla circostanza che la più “Alta Carica Istituzionale” della Repubblica (Pontificia) Italiana -cioè Papa Ratzinger- ha imposto ai Governanti italiani il dictat di non rimuovere i crocifissi “cattolici” dalle aule giudiziarie della sua Colonia -cioè l’Italia- perché “Dio deve essere presente nei Tribunali”.
D’altro canto, a casa mia non espongo crocifissi e non mi sono mai sognato di esporre nella case altrui i miei simboli religiosi: esigo dunque un pari rispetto quando sono costretto a frequentare le aule dei palazzi di Giustizia della Repubblica Italiana.
3°) La presenza dei SOLI crocifissi lede anche il mio diritto fondamentale di eguaglianza e NON DISCRIMINAZIONE religiosa perché -come afferma la Corte di Cassazione penale nella sentenza n. 4273/2000- “l’art. 3, 1° comma, Costituzione stabilisce espressamente il divieto di discipline differenziate in base a determinati elementi distintivi, tra i quali sta per l’appunto la religione”. E, nella specie, si differenzia appunto in base alla religione nel momento in cui si dispone l’esposizione del SOLO crocifisso”.Quale “sporco” imputato “ebreo”, dunque, rivendico gli stessi diritti e la stessa dignità che la Dittatura Fascista, prima, e l’attuale Repubblica Pontificia Italiana, oggi, accordano alla “Razza Superiore” dei Cattolici: chiedo, dunque, che i Giudici della VI sezione Penale della Cassazione tutelino e garantiscano il mio diritto inviolabile di EGUAGLIANZA e NON DISCRIMINAZIONE RELIGIOSA, o attraverso la preventiva “derattizzazione” di TUTTE le aule giudiziarie italiane da qualsiasi simbolo religioso -e in particolare dai crocifissi- o, in alternativa, con l’ostensione, a fianco dei crocifissi, di tutti gli altri simboli religiosi e, in particolare, della mia menorà ebraica.
Ribadisco che la “derattizzazione” deve essere generalizzata (e non limitata alla SOLA aula dove sarà celebrato il processo a mio carico), perché così ha sentenziato la IV Sezione penale della Cassazione nella sentenza n. 4273/2000 (l’occasionale assenza del crocifisso in un’aula non ha alcun rilievo ai fini del rispetto effettivo del principio di laicità: ciò che conta, infatti, è che l’Amministrazione nella sua “globalità” rifiuti connotazioni religiose partigiane).
Ribadisco, infine, che giammai accetterei di essere processato in aule addobbate con croci uncinate naziste -e questo perché ripudio ed aborro i crimini compiuti dai cristiani nazisti- e che quindi -e a maggior ragione- non accetto di essere processato da Giudici che mi impongono -o comunque accettano di impormi- la presenza del crocifisso, cioè il vessillo della più grande associazione per delinquere e della più grande banda di falsari della storia del Pianeta, la Chiesa Cattolica, che si è resa autrice, nell’arco di circa 1.800, dei più efferati crimini contro l’umanità, condividendoli di papa in papa, senza manifestare alcun moto di resipiscenza e/o di pentimento.
La storia del “crocifisso” gronda di sangue, di genocidi, di assassini, di torture, di criminale inquisizione, di criminali crociate, di criminale razzismo, di criminali roghi contro eretici e streghe, di criminale schiavismo, di superstizione, di criminale discriminazione e persecuzione razziale, di criminale shoà, di criminali rapimenti di bambini ebrei, di criminali genocidi dei nativi americani, di criminali confische, di disprezzo e discriminazione delle donne e degli omosessuali, di omofobia, di sessuofobia patologica, di intolleranza, di oscurantismo, di violazione e prevaricazione dei più elementari diritti politici ed umani di eguaglianza, di libertà di opinione, di libertà di pensiero, di libertà di religione e di libertà di scienza e ricerca, di omertosa e criminale copertura dei preti pedofili, di false natività di Gesù cristo, di falsificazioni di donazioni costantiniane, di falsificazioni e taroccamenti di scritture sacre, di false creazioni, di false reliquie, di falsi Cristi, di falsi “figli” di Dio, di false resurrezioni, di falsi prepuzi di Gesù Cristo (ben 13!), di falsi e truffaldini “sangui di San Gennaro”, di falsi veli della Madonna, di false apparizioni della madonna, di false madonne che lagrimano sangue, di false ostie che si tramutano in fiorentine al sangue, di false case della madonna di Loreto, di falsi chiodi della croce di Gesù, di falsi legni della croce di Gesù, di false lance di Longino (Heilige Lanze) venerate dal cattolico Hitler, di false sindoni, di false veroniche, di falsi miracoli, di falsi Santi autori di falsi miracoli, di falsi esorcismi, di false stigmate, di false transustanziazioni, di impostori Padri Pii santificati, di falsi paradisi, di falsi purgatori, di falsi limbi, di falsi demoni, di falsi angeli, di falsi arcangeli, di falsi cherubini, di falsi serafini, di falsi troni, di falsi indemoniati, di truffe, di costante abuso della credulità popolare a fini speculativi, di truffaldine messe gregoriane, di mercimonio di indulgenze, di truffaldine vendite di medaglie “miracolose”, di bolle di componenda, di illeciti finanziari, di accumulazione parassitaria di ricchezze ingenti e scandalose e di altre assurdità.
Esporre nelle aule giudiziarie il crocifisso, dunque, significa condividere tutti questi crimini ed identificarsi con la storia criminale della Chiesa cattolica, offendendo la dignità di chi crede REALMENTE nei valori della tolleranza, dell’eguaglianza e del rispetto dei diritti umani ma, soprattutto offendendo ed oltraggiando la memoria delle centinaia di milioni di esseri umani che “in nome di quel simbolo” sono stati assassinati, torturati, sbudellati, incarcerati, discriminati, inquisiti, ghettizzati, prevaricati, abbindolati, truffati, vilipesi ed emarginati dalla Chiesa Cattolica negli ultimi 1.800 anni.

Sulla base di quanto sin qui esposto, tenuto conto che la Cassazione ha sentenziato che spetta all’amministrazione pubblica garantire ai cittadini che frequentano gli uffici giudiziari il rispetto della loro dignità e dei loro diritti fondamentali (cfr. Cassazione penale, sentenza 17.11.2001 n. 3376), chiedo che la discussione del mio ricorso per cassazione venga rinviata ad altra udienza e che, contestualmente, i Giudici della VI sesta Sezione penale si attivino presso il Ministro di Giustizia per ottenere la rimozione dei crocifissi a garanzia del rispetto del principio di laicità e del rispetto dei miei diritti inviolabili di libertà di fede religiosa e di eguaglianza e non discriminazione, sollevando, in caso di persistente rifiuto, un conflitto di attribuzione nei confronti del Ministro nei termini prospettati nel mio ricorso.

Dichiaro sin d’ora che, se non verrà disposto il rinvio della discussione, “mi rifiuterò di farmi processare da giudici partigiani che si identificano platealmente nei crocifissi cattolici appesi sopra la loro testa, e non nei simboli neutrali dell'unità nazionale che, guarda caso, sono accuratamente estromessi dalle aule giudiziarie italiane, tanto più in processi nei quali questi giudici di parte cattolica -che cioè accettano di far parte di un'Amministrazione connotata di cristianità- sono chiamati ad esprimere un giudizio di colpevolezza o di innocenza in relazione ad un mio comportamento che è diametralmente opposto, cioè di rifiuto radicale di giudicare in nome di quel "loro" idolo”.
Come preannunciato, questo mio “rifiuto” sarà attuato con la revoca del mandato ai miei difensori di fiducia Avv.ti Pierdominici Fabio e Visconti Dario -che mi leggono in copia- i quali dovranno ritenersi esonerati dall’incarico di difensori di fiducia nello stesso momento in cui i Giudici della Sesta Sezione penale decideranno di celebrare il processo a mio carico in presenza del crocifisso.

Sottolineo, infine, che i giudici della VI Sezione penale sono chiamati a pronunciarsi -seppure in via incidentale- sulla legittimità della presenza dei crocifissi nelle aule giudiziarie, sicché non posso nutrire nessuna fiducia sull’ “imparzialità” dei giudici di fede cattolica che dovranno giudicarmi: essi, infatti, hanno un chiaro interesse in questa causa, ex art. 36 C.P.P., dal momento che la mia caldeggiata assoluzione costringerebbe poi il Ministro di Giustizia a rimuovere i crocifissi cattolici dalle aule giudiziarie. E se si considera che i cittadini “battezzati” sono anche dei “sudditi” della Chiesa (così ha affermato la Corte di Appello di Firenze), la mia fiducia nei giudici di fede cattolica si assottiglia ancora di più in quanto essi, come “sudditi” della Chiesa, sono indotti ad obbedire al dictat dell’attuale Legale Rappresentante di Dio sul Pianeta Terra, il quale ha già “tuonato” ai giudici italiani rammentando loro che “Dio deve essere presente nei Tribunali con i crocifissi”.
Io non posso accettare questa illecita ingerenza della Chiesa cattolica nel mio processo, così come ritengo vergognoso, inaccettabile e criminoso che nello stesso giorno della discussione del ricorso “Englaro” il Vaticano, per il tramite del cardinale Javier Lozano Barragan, abbia intimidito ed oltraggiato i giudici delle SS.UU. civili della Cassazione, bollandoli preventivamente come “assassini” se avessero “osato” accogliere il ricorso di Beppino Englaro.

Concludendo, chiedo che il dibattimento venga rinviato ad altra prossima udienza. In caso di diniego invito sin d’ora i miei difensori a comunicare immediatamente al Collegio giudicante la cessazione del loro mandato difensivo di fiducia. Peraltro, non perseguendo io alcun intento dilatorio, dichiaro sin d’ora di non oppormi all’immediata nomina degli avvocati Pierdominici Fabio e Visconti Dario come difensori d’ufficio, acciocché sia garantita la sollecita definizione di questo processo a mio carico.

Copia della presente inoltro al Ministro di Giustizia e al Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione con invito a promuovere un altro procedimento disciplinare nei miei confronti per la frase, sopra scritta, “mi rifiuterò di farmi processare da giudici partigiani che si identificano platealmente nei crocifissi cattolici appesi sopra la loro testa, e non nei simboli neutrali dell'unità nazionale che, guarda caso, sono accuratamente estromessi dalle aule giudiziarie italiane, tanto più in processi nei quali questi giudici di parte cattolica -che cioè accettano di far parte di un'Amministrazione connotata di cristianità- sono chiamati ad esprimere un giudizio di colpevolezza o di innocenza in relazione ad un mio comportamento che è diametralmente opposto, cioè di rifiuto radicale di giudicare in nome di quel "loro" idolo”.
Rammento che questa identica frase ha dato origine, su impulso dello stimatissimo Ministro di Giustizia Clemente Mastella, ad un epico procedimento disciplinare conclusosi con una esemplare mia condanna perché il mio “rifiuto di farmi processare” -cioè di presenziare alle udienze dibattimentali se non fossero stati rimossi i crocifissi o aggiunte le menorà ebraiche- è stato ritenuto un rifiuto “aprioristico” “offensivo” dell’autorità dei giudici aquilani, del tutto analogo ai rifiuti “aprioristici” dell’On.le Silvio Berlusconi e dei brigatisti rossi. Dal momento che l’esercizio dell’azione disciplinare è divenuto OBBLIGATORIO per effetto del D. L.vo n. 109/2006, caldeggio l’immeditato promovimento di altro procedimento disciplinare a mio carico, magari con la contestazione dell’aggravante della “recidiva”: in caso di inerzia dovrò necessariamente dedurre l’esattezza di quanto a suo tempo denunciato, e cioè che questa incolpazione e questa condanna hanno connotazioni criminali, cioè mi sono state inflitte, col classico “coraggio” del branco, allo scopo di recarmi nocumento con abuso dei poteri.
Sperando di essere stato sufficientemente chiaro, porgo i saluti in modo distinto.
Rimini, li 13 novembre 2008

Luigi Tosti

Via Bastioni Orientali, 38 - 47900 Rimini
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Nella foto il giudice Luigi Tosti

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George Orwell



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venerdì, novembre 07, 2008

 

SECONDA QUERELA CONTRO LA CHIESA CATTOLICA PER ABUSO DELLA CREDULITÀ POPOLARE

Gesù Cristo non è un personaggio esistito.

Viterbo - Rovigo - Dopo la prima denuncia contro la Chiesa cattolica nella persona del parroco di Bagnoregio, don Enrico Righi, per abuso della credulità popolare e sostituzione di persona, terminata in seguito all’archiviazione del Tribunale di Viterbo e alla respinta del Tribunale di Strasburgo per vizio di forma, Luigi Cascioli ne ha presentata una seconda, sempre per gli stessi reati, contro Mons. Lucio Soravito de Franceschi, vescovo di Rovigo.

ALLA PROCURA DELLA REPUBBLICA
PRESSO IL TRIBUNALE DI ROVIGO


Il sottoscritto Luigi Cascioli, residente in Roccalvecce (Viterbo) via delle Province 45/B

ESPONE QUANTO SEGUE

Il sottoscritto, dopo lunghi e approfonditi studi consistenti anche (e non solo) in un’esegesi testuale del Vecchio e Nuovo Testamento, è arrivato alla conclusione che molti dei fatti presentati come veri e storici dalle “Sacre Scritture” sono in realtà dei falsi, primo fra tutti la storicizzazione della figura di Gesù il Cristo, per buona parte mutuata sulla figura di Giovanni di Gamala, figlio di Giuda il Galileo, discendente della stirpe degli Asmonei.
Le motivazioni che hanno condotto il sottoscritto a tale conclusione sono dettagliatamente esposte nel libro che si allega al presente esposto, del quale costituisce parte integrante e sostanziale. Con il seguente esposto non si vuole contestare la libertà dei cristiani di professare la propria fede, sancita dall'art. 19 della Costituzione, ma si vuole stigmatizzare l’abuso che la Chiesa Cattolica commette avvalendosi del proprio prestigio per inculcare come fatti reali e storici quelle che non sono altro che invenzioni.
Un chiaro esempio di tale abuso è stato commesso da Mons. Lucio Soravito de Franceschi, vescovo della diocesi di Rovigo, allorché ha sostenuto in un messaggio pastorale del 23 dicembre 2005 la figura storica di Gesù affermando falsamente: «Dio (Gesù) nascendo in un luogo ben definito, Betlemme, e in un preciso momento storico: al tempo di Augusto, sotto il governatore della Siria Quirinio, durante il censimento: Gesù non è mito, non è una favola, ma una realtà che appartiene alla nostra storia».
Che la figura di Gesù sia stata costruita per intero su quella di certo Giovanni di Gamala, figlio di Giuda detto il Galileo, risulta in maniera inconfutabile da una si grande quantità di prove da togliere ogni dubbio sulle falsificazioni operate dai redattori dei vangeli. Basterebbe soltanto quella riguardante la trasformazione dell'appellativo Nazireo, con cui veniva chiamato Giovanni di Gamala, in quella di Nazareno data a Gesù, quale abitante di Nazaret, per dimostrare nella maniera più assoluta la sostituzione di Persona.
Da un punto di vista penalistico, tali falsificazioni storiche possono integrare le fattispecie di due reati: l’abuso della credulità popolare e la sostituzione di persona (nel caso di Gesù Cristo).
Ai sensi dell’art. 661 C.P., si ha abuso della credulità popolare quando taluno, per mezzo d’imposture, trae in inganno una moltitudine di persone. Nel caso di specie, i ministri del culto della Chiesa Cattolica, come Mons. Lucio Soravito de Franceschi, commettendo dei falsi storici (quindi presentando come veri e realmente accaduti dei fatti inventati funzionali alla dottrina religiosa) ingannano tutte le persone che vengono a contatto con l’insegnamento di tale religione inducendoli a credere nella stessa sulla base non di argomentazioni puramente teologiche (del tutto lecite e ammissibili), ma sulla base di un’ingannevole rappresentazione dei fatti. Il reato è contravvenzionale, per cui è sufficiente l’elemento psicologico della colpa, che è certamente riscontrabile in tutti i ministri del culto cattolico (quindi anche di Mons. Lucio Soravito de Franceschi), atteso che non è possibile che persone istruite e che, per vocazione e mestiere, studiano continuamente la Bibbia e i Vangeli non si siano accorte delle numerose e ripetute falsità (anche grossolane) contenute in tali scritti. Per quanto attiene al delitto di sostituzione di persona, esso si riscontra allorquando un soggetto, per trarre vantaggio, induce altri in errore attribuendo, a se o ad altri, un falso nome.
Nel caso in esame, il libro “La Favola di Cristo”, (cui rimando per più esaurienti spiegazioni) dimostra che Gesù Cristo non è mai esistito e che sotto tale nome si cela tal Giovanni di Gamala.
Quindi Mons. Lucio Soravito de Franceschi che fa proselitismo, come tutti i ministri della Chiesa, per trarre vantaggio dal numero dei fedeli che tanto è maggiore e tanto più grande sarà l’introito economico derivante dalle sue offerte, tra cui quella dell’8 per mille abbinata alla dichiarazione dei redditi, inducendo in errore, sulla base di tali falsità, coloro i quali ricevono il messaggio, commette il reato previsto e punito dall'articolo 494 del Codice Penale.
Tra l’altro, per integrare il reato in parola, “non è necessario che il fine propostosi dall’agente sia di per se stesso illecito o di natura patrimoniale, ben potendo essere lecito e non patrimoniale” (Cass.pen. n. 10805/98 -- n 3645/99 -- n 230694/04 -- 1910/05).
L’elemento soggettivo richiesto è il dolo specifico che sussiste in tutti questi soggetti che, pur essendo consapevoli di tale falsità, non si fanno scrupolo di continuare a propalare come fa Mons. Lucio Soravito de Franceschi.
La responsabilità del Sommo Pontefice può essere solo morale, attesa la sua immunità ai sensi dell'articolo 3 -- I comma C.P., mentre per gli altri ministri del culto cattolico (come nel caso specifico Mons. Lucio Soravito de Franceschi) è da prospettarsi di natura penale.
La continua presentazione di fatti falsi gabellati come veri lede anche la tranquillità morale e la serenità dell’esponente, con conseguente danno di emotional distress, di cui si chiederà il risarcimento del danno nelle opportune sedi, mediante tempestiva costituzione di parte civile, che si riserva fin d’ora.
Il sottoscritto rimanendo a disposizione dell’autorità giudiziaria per fornire ogni chiarimento, si riserva d’integrare quanto esposto e chiede espressamente di essere sentito sui fatti di cui sopra.
Tanto premesso e considerato, il sottoscritto Luigi Cascioli presenta formale

DENUNCIA-QUERELA

nei confronti di Mons. Lucio Soravito de Franceschi, residente presso la diocesi in via Sichirollo 18 45100 Rovigo, per i reati p.e p. degli articoli 494 e 661 C.P., nonché per ogni altro reato che la Signoria Vostra Illustrissima vorrà ravvisare nel comportamento sopra descritto.
Con riserva di costituzione di parte civile nei modi e nei tempi stabiliti dalla legge, chiedo, ex art. 408 C.P.P. di essere informato in caso di archiviazione della notizia criminis.
Si allega alla presente denuncia il libro “La Favola di Cristo” e la copia della lettera pastorale a miglior riprova di quanto esposto.
Roccalvecce 08/11/2008
Con osservanza.

Luigi Cascioli
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Nella foto il cristologo Luigi Cascioli, attorniato dalle televisioni internazionali, autore dei libri denuncia:
“La favola di Cristo - Inconfutabile dimostrazione della non esistenza di Gesù”
“La Morte di Cristo - Cristiani e Cristicoli”

Riferimenti:
www.luigicascioli.it
http://nochiesa.blogspot.com
Interviste, conferenze, convegni e altro tel. 3393188116


“Non esiste delitto, inganno, trucco, imbroglio e vizio che non vivano della loro segretezza.
Portate alla luce del giorno questi segreti, descriveteli, rendeteli ridicoli agli occhi di tutti e prima
o poi la pubblica opinione li getterà via. La sola divulgazione di per sé non è forse sufficiente,
ma è l'unico mezzo senza il quale falliscono tutti gli altri”.
Joseph Pulitzer, Fondatore Premio Pulitzer



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mercoledì, novembre 05, 2008

 

Convegno Promosso da Axteismo ad Arpiola

Da sinistra: Emilio Salsi, Ennio Montesi, Giancarlo Tranfo, Luigi Cascioli, Biagio Catalano, Francis Sgambelluri.

 

Convegno Promosso da Axteismo ad Arpiola

Da sinistra: Luigi Cascioli, Fiorella Di Stefano, Biagio Catalano.

 

Convegno Promosso da Axteismo ad Arpiola

Da sinistra: Luigi Cascioli, Fiorella Di Stefano.

 

Convegno Promosso da Axteismo ad Arpiola

Da sinistra: Luigi Cascioli, Ennio Montesi, Biagio Catalano.

martedì, novembre 04, 2008

 

VIDEO LUIGI CASCIOLI – CONVEGNO ARPIOLA


Intervento del cristologo Luigi Cascioli al convegno promosso
da Axteismo sulla non esistenza di Gesù Cristo. Ottobre 2008

Per vedere e ascoltare il video clicca qui:

http://video.google.it/videoplay?docid=6001205494926106414&ei=UB4PSZyjKYKw2gKd6KWDDQ&q=luigi+cascioli&dur=3

Invitiamo a mettere questi video sui vostri siti e blog così da accelerare
il processo della fine della Chiesa cattolica e delle menzogne propagandate.


L’accesso al video è possibile anche dalla home page di www.luigicascioli.it se riuscite a scaricarlo è meglio dato che la definizione è maggiore e non si rischia che venga rimosso per le solite vergognose ragioni inquisitorie e censorie. Straordinario documento ad uso didattico da conservare.

Nella foto il cristologo Luigi Cascioli, attorniato dalle televisioni internazionali, autore dei libri denuncia:
“La favola di Cristo - Inconfutabile dimostrazione della non esistenza di Gesù”
“La Morte di Cristo - Cristiani e Cristicoli”


Rif.
www.luigicascioli.it
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Interviste, commenti, conferenze e altro tel. 3393188116

“Non esiste delitto, inganno, trucco, imbroglio e vizio
che non vivano della loro segretezza.
Portate alla luce del giorno questi segreti, descriveteli,
rendeteli ridicoli agli occhi di tutti e prima
o poi la pubblica opinione li getterà via.
La sola divulgazione di per sè non è forse sufficiente,
ma è l'unico mezzo senza il quale falliscono tutti gli altri”.
Joseph Pulitzer (1847-1911), Fondatore Premio Pulitzer

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