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mercoledì, agosto 16, 2006

 

Gesù lava più bianco - Ovvero come la Chiesa inventò il marketing

La Chiesa ha preso lezioni di marketing?
Scherziamo? La Chiesa può solo darne, di lezioni. Le aziende mortificano gli uomini misurandone la produzione, noi invece sappiamo valorizzarli. Il marketing? Ha cominciato Gesù, già duemila anni fa”.
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monsignor Ernesto Vecchi, 2 ottobre 1997
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Tratto dal libro di Bruno Ballardini
Gesù lava più bianco - Ovvero come la Chiesa inventò il marketing
Edizioni Minimum Fax
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In questo tour de force documentatissimo e irriverente sulla storia della comunicazione pubblicitaria nella Chiesa cattolica, Ballardini decostruisce senza falsi ossequi la dottrina, la ritualità, la teologia, l’architettura, l’evangelizzazione nei loro elementi propagandistici e, in senso linguistico, pragmatici, e fornisce così un contributo a un’altra, nuova controstoria della Chiesa – la grande azienda con il settore marketing più efficace e capillare di tutta la storia occidentale.

lunedì, agosto 14, 2006

 

Paura all’interno delle gerarchie ecclesiatiche

La Famiglia
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di Fabio Milani
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Un argomento così caro alla Chiesa, tanto caro da rientrare costantemente nella quasi totalità dei discorsi tenuti dal Pontefice e dal suo stuolo di cardinali, e più giù fino ai parroci più miopi ben al riparo dalla luce della ragione. Il problema affrontato sembra essere sempre il solito: la solidità della famiglia, l’unione, l’importanza della stessa che verrebbero messe a repentaglio dal riconoscimento di altre unioni non autorizzate dalla Chiesa. Ecco in poche parole quale sarebbe la preoccupazione principale del Vaticano o quantomeno questo è quanto vorrebbero farci credere.
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Un’analisi più approfondita dell’argomento evidenzierebbe piuttosto facilmente la nebulosità nella quale è avvolto il mistero riguardante gli effetti che scatenerebbe questa minaccia così temuta dalla Chiesa. Non appare molto chiaro in quale modo le unioni cosiddette di fatto potrebbero effettivamente arrecare danno altre famiglie “regolari” o come potrebbero in qualche modo screditarle, svalutarle. In quale modo l’amore che tiene unite due persone, che siano di sesso uguale o opposto, che abbiano solamente scelto di vivere insieme senza dover approdare necessariamente al matrimonio, che decidano anche solo di invecchiare insieme per una mutua assistenza, potrebbe andare ad intaccare l’unione di altre coppie, metterne in discussione il rapporto, minare le fondamenta delle famiglie esistenti?
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È effettivamente una questione religiosa?
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E dato che la “morale” sembra essere un altro degli argomenti cari al popolo Cattolico: è considerabile “morale” la negazione al proprio “fratello” dei suoi sentimenti nel momento in cui questi non combacino con l’idea di amore che è stata “venduta” per millenni e che la presunzione religiosa ritiene l’unica possibile e soprattutto “vera”?
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Non è forse vero che si possono ritrovare in questi tentativi di alienazione di una parte della popolazione, gli stessi principi che erano alla base dell’inquisizione? Le stesse paure legate alla perdita del controllo? Gli stessi timori generati dall’ignoranza, dal rifiuto di apertura di dialogo e di conoscenza?
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È più che logico che non una risposta a questi interrogativi verrà mai fornita dagli organi ufficiali della Chiesa, semplicemente per il fatto che le risposte sono già dentro tutti coloro che riescono a pensare ancora con il proprio cervello, con la libertà delle proprie idee, scevri da ogni condizionamento.
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La paura che serpeggia all’interno delle gerarchie ecclesiastiche non riguarda minimamente la solidità delle famiglie, né la loro incolumità, tanto meno l’amore che dovrebbe sancirne l’unione. Dopotutto non crederete veramente che al Vaticano interessino queste cose vero? Com’è possibile che proprio chi, per un Dogma inventato al proposito, non è in grado di poter approdare ad una vita di coppia, all’espressione dell’amore anche fisico tra due esseri viventi, possa erigersi a giudice proprio di situazione che gli sono negate per vocazione?
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Le loro fobie sono molto più probabilmente generate dal pericolo che potrebbe scaturire dall’illuminazione che la gente vivrebbe nel riconoscere nuclei di persone, che avrebbero accesso ad un’esistenza più serena, svincolata dalla paura che il controllo della Chiesa, al contrario, esercita o cerca di fare su tutte le altre unioni.
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Per non parlare dello scandaloso atteggiamento di un Pontefice che approfittando ancora una volta del potere mediatico attribuito alla sua persona, si permette di giudicare la “qualità” delle diverse forme di amore, condannando pubblicamente all’esilio sociale (non c’è religioso, ma di questo non mi preoccuperei molto, anzi, sarebbe auspicabile), tutti quegli amori definiti di “serie B” (sono le parole usate dal Pontefice per definire gli amori omosessuali, tanto per intenderci) che possono e devono invece tranquillamente co-esistere, insieme a tutti gli altri. *(1)
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Mi domando se veramente le persone che si considerano Cattoliche non riescano ad individuare la fortissima vena razzista contenuta in queste affermazioni, così palese da risultare imbarazzante se pronunciata da un essere definito “infallibile” e portavoce di una presunta entità definita come “amore assoluto” che secondo quanto sopra genererebbe figli propri per poi negare loro il poter vivere il proprio amore, lo stesso da lui generato. E che non mi si venga a parlare di libero arbitrio per cortesia, una scusa troppo comoda inventata ad hoc per “spiegare”, senza effettivamente farlo, le falle e gli errori propri di una religione, che come tutte le altre, essendo un prodotto della mente umana, tutto può essere fuorché infallibile.
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*(1) A tal proposito, ricordo una sensata nonché ironica risposta ad alcune affermazioni di una certa D.ssa Laura Schlesinger, famosa giornalista di una radio americana e integralista Cattolica, riguardanti passi presi dalla Bibbia, che allego in calce:
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La dottoressa Laura Schlesinger è una famosa giornalista della radio americana; nella sua trasmissione dispensa consigli alle persone che le telefonano: è un po' la trasposizione americana della nostra Radio Maria. Qualche tempo fa, Laura ha affermato che l'Omosessualità, secondo la Bibbia (Lev.18:22) è un abominio, e non può essere tollerata in alcun caso proprio PERCHÈ LO DICE LA BIBBIA. La seguente è una lettera spedita alla signora Schlesinger.
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Cara Dottoressa Schlesinger,

le scrivo per ringraziarla del suo lavoro educativo sulle leggi del Signore. Ho imparato davvero molto dal suo programma, ed ho cercato di dividere tale conoscenza con più persone possibili. Adesso, quando qualcuno tenta di difendere lo stile di vita omosessuale, gli ricordo semplicemente che nel Levitico 18:22 si afferma che ciò è un abominio. Fine della discussione.
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Però, avrei bisogno di alcuni consigli da lei, a riguardo di altre leggi specifiche e come applicarle.
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1. Vorrei vendere mia figlia come schiava, come sancisce Esodo 21:7. Quale pensa sarebbe un buon prezzo di vendita?
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2. Quando do fuoco ad un toro sull'altare sacrificale, so dalle scritture che ciò produce un piacevole profumo per il Signore. (Lev. 1.9). Il problema è con i miei vicini. I blasfemi sostengono che l'odore non è piacevole per loro. Devo forse percuoterli?
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3. So che posso avere contatti con una donna quando non ha le mestruazioni. (Lev.15: 19-24.) Il problema è: come faccio a chiederle questa cosa? Molte donne si offendono...
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4. Lev. 25:44 afferma che potrei possedere degli schiavi, sia maschi che femmine, a patto che essi siano acquistati in nazioni straniere. Un mio amico afferma che questo si può fare con i filippini, ma non con i francesi. Può farmi capire meglio? Perchè non posso possedere schiavi francesi?
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5. Un mio vicino insiste per lavorare di Sabato. Esodo 35:2 dice chiaramente che dovrebbe essere messo a morte. Sono moralmente obbligato ad ucciderlo personalmente?
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6. Un mio amico ha la sensazione che anche se mangiare crostacei è un abominio (Lev. 11:10) , lo è meno dell'omosessualità. Non sono d'accordo. Può illuminarci sulla questione?
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7. Lev. 21:20 afferma che non posso avvicinarmi all'altare di Dio se ho difetti di vista. Devo effettivamente ammettere che uso occhiali per leggere... La mia vista deve per forza essere 10 decimi o c'è qualche scappatoia alla questione?
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8. Molti dei miei amici maschi usano rasarsi i capelli, compresi quelli vicino alle tempie, anche se questo è espressamente vietato dalla Bibbia (Lev 19:27). In che modo devono esser messi a morte?
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9. In Lev 11:6-8 viene detto che toccare la pelle di maiale morto rende impuri. Per giocare a pallone debbo quindi indossare dei guanti?
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10. Mio zio possiede una fattoria. È andato contro Lev. 19:19, poiché ha piantato due diversi tipi di ortaggi nello stesso campo; anche sua moglie ha violato lo stesso passo, perchè usa indossare vesti di due tipi diversi di tessuto (cotone/acrilico). Non solo: mio zio bestemmia a tutto andare. È proprio necessario che mi prenda la briga di radunare tutti gli abitanti della città per lapidarli come prescrivono le scritture? Non potrei, più semplicemente, dargli fuoco mentre dormono, come simpaticamente consiglia Lev 20:14 per le persone che giacciono con consanguinei?
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So che Lei conosce questi argomenti molto meglio del sottoscritto, per cui sono sicuro che potrà rispondermi a queste semplici domande. Nell'occasione, la ringrazio ancora per ricordare a tutti noi che la parola di Dio è eterna e immutabile.
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Questo testo è in regime di Copyleft: la pubblicazione e riproduzione è libera e incoraggiata
purchè l’articolo sia riportato in versione integrale,
con lo stesso titolo,
citando il nome dell’autore e riportando questa scritta.
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Nella foto, Fabio Milani
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giovedì, agosto 10, 2006

 

Perché mi riesce impossibile credere nell'esistenza di Dio

Saggio di Luigi Tosti (*)
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(*) Il giudice Tosti chiese, difendendo la Costituzione italiana e la Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo, la rimozione dei crocifissi dai luoghi pubblici.
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E' bene premettere che credere nell'esistenza della balena e credere nell'esistenza di Dio non è la stessa cosa. Chi crede nella balena lo fa perché l'esistenza fisica del cetaceo è stata materialmente accertata e documentata e, inoltre, può essere riscontrata da chiunque lo voglia, viaggiando per mare o visitando acquari e/o musei di storia naturale. Chi crede in Dio, invece, non lo fa perché l'esistenza fisica di Dio sia stata acclarata da qualcuno e possa essere, all'occorrenza, riscontrata da chi lo voglia: in realtà l'esistenza di Dio è stata (e viene tuttora) supposta per fornire la giustificazione "logica" dell'esistenza del Creato, cioè dell'Universo. Si tratta di un'esigenza che è scaturita nel momento in cui l'uomo ha raggiunto l'autocoscienza, cioè la consapevolezza di "esistere" e di essere immerso in un universo che "esisteva".
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La propria "esistenza" non è stata percepita dall'uomo (né lo è tuttora) come ferma, illimitata e immutevole, ma in senso diametralmente opposto. In altre parole l'uomo ha la consapevolezza di nascere, prima, dai propri genitori, poi di crescere e, alla fine, di dover morire, e nel suo convincimento tutto questo avviene in un ciclo causale (cioè di causa-effetto) che si consuma nel tempo: se io esisto, lo devo al fatto che sono stato generato dai miei genitori i quali, a loro volta, sono stati generati dai loro genitori; e così via, a ritroso nel tempo.
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Anche l'esistenza dell'universo è stata percepita (e viene percepita) come mutevole e limitata. Infatti tutto si muove, si trasforma e cambia: prima vi è una realtà, poi ve n'è un'altra e, infine, domani ve ne sarà un'altra ancora. Orbene, la consapevolezza che l'esistenza propria e dell'universo fosse necessariamente correlata col tempo ha indotto l'uomo (e tutt'ora lo induce) ad ipotizzare un "inizio" e a porsi, dunque, questa fatidica domanda: "chi mai ha creato l'uomo e il mondo?".
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In altri termini, se l'esistenza dell'universo non è ferma, ma si è svolta nel passato, si svolge nel presente e si svolgerà nel futuro, è sembrato lecito (e tutt'ora lo sembra) chiedersi quando essa sia iniziata e, altresì, quando essa finirà. Ebbene, la risposta primordiale a questa domanda è stata quella di ipotizzare che l'inizio del mondo e di tutti gli esseri viventi fosse da attribuire ad un atto creativo di un Essere soprannaturale e immortale (quindi pre-esistente), capace appunto di creare dal nulla la materia e gli esseri viventi e ad ipotizzare, poi, che vi dovesse essere anche la "fine" dell'universo (creato). L'attributo principale ed essenziale che è stato (e che tuttora viene) appioppato a Dio, dunque, è quello di "creatore" dell'universo. D'altra parte, se Dio non fosse un essere creatore, egli si troverebbe -come essere esistente- sullo stesso piano dell'universo. In altri termini, ipotizzare un Dio che "esiste", ma che "non ha creato nulla", è perfettamente inutile, dal momento che "anche" l'universo "esiste" e "non ha creato nulla".
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Tuttavia, la supposizione dell'esistenza di un Dio-creatore, oltre che assolutamente inconcludente sotto il profilo logico, si rivela del tutto incompatibile con una delle leggi fisiche fondamentali, quella secondo cui "in natura nulla si crea, nulla si distrugge e tutto si trasforma": legge fisica dalla quale si deve trarre anche il necessario corollario che il tempo, inteso come "inizio" (o creazione) e "fine" (o annichilimento) della materia (e quindi dell'universo), in realtà non esiste.
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La legge fisica in questione afferma, infatti, che se brucio un foglio di carta non ho in realtà distrutto un bel nulla, ma ho soltanto trasformato quel foglio di carta in calore e cenere. Il calore e la cenere corrispondono perfettamente, infatti, alla stessa materia che è stata coinvolta, all'inizio, in quel processo di trasformazione. Alla stessa stregua, l'esplosione di una bomba atomica non determina l'annichilimento di un solo atomo, bensì la trasformazione di materia in energia: un processo, questo, che può essere invertito, dal momento che l'energia può essere trasformata in materia. Il corollario che scaturisce dalla legge fisica che in natura nulla si crea e nulla si distrugge è che il "tempo" (inteso come "inizio" (o creazione) e "fine" (o annichilimento) della materia) non esiste nella realtà fisica, ma è solo una rappresentazione convenzionale della nostra mente, necessaria per misurare il movimento della materia, cioè le sue continue trasformazioni. Così, ad esempio, quando si dice che "è trascorso un anno", non si fa reale riferimento al trascorrere effettivo della "entità" "tempo", quasi si trattasse di un punto (presente) che si muove verso il futuro lungo una retta, lasciando dietro di sé la scia del passato, ma si afferma soltanto che la terra ha fatto un giro attorno al sole. Quando si dice che "occorrono venti anni perché un bambino diventi uomo", si fa un'affermazione scorretta, perché non è il tempo che fa crescere e maturare un bambino, ma sono le sostanze alimentari che egli ha assunto -e che l'organismo ha assimilato- che gli consentono di svilupparsi sino a quel punto. Se quel bambino avesse omesso di alimentarsi in quei venti anni (cioè in quei venti giri della terra attorno al sole), sicuramente non sarebbe divenuto uomo, ma si sarebbe trasformato in uno scheletrino. E che il tempo sia soltanto un modo convenzionale per misurare il movimento della materia (organica o inorganica che sia) non può essere contestato, dal momento che la velocità del "movimento" della materia influisce sulla misurazione del tempo, rendendolo "relativo". Un giorno terrestre dura le attuali 24 ore dell'orologio (anch'esso creato dall'uomo con meccanismi che "si muovono" per misurarlo) solo perché correlato all'attuale velocità di rotazione della terra. Se questa velocità raddoppiasse, però, il giorno durerebbe 12 ore dell'attuale "velocità di movimento" delle lancette dell'orologio.
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Dalla diretta correlazione tempo-movimento deriva il necessario corollario che, se tutta la materia -dagli atomi all'universo- fosse completamente immobile (ivi compresa l'elaborazione dei pensieri da parte del nostro cervello), non si potrebbe neppure avere l'idea del tempo come attualmente la percepiamo: ogni attimo, infatti, sarebbe perfettamente eguale a quello precedente e a quello successivo, essendo tutto perfettamente eguale nel cosiddetto "passato", nel cosiddetto "presente" e nel cosiddetto "futuro".
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Da queste considerazioni logiche discende che l'universo di cui facciamo parte non è minimamente influenzato dal "tempo" che, in realtà, non esiste: ciò che realmente esiste è soltanto la continua ed incessante trasformazione della materia, ma questa "trasformazione" -che è la caratteristica intrinseca e peculiare della materia stessa- non ha mai determinato la distruzione -cioè l'annichilimento- di un solo atomo!
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Per poter dimostrare che il tempo (inteso come inizio, trascorrere e fine dell'universo) esiste realmente, bisognerebbe dimostrare che è possibile creare o annichilire una pur minima porzione di materia: questa possibilità, però, cozza con la realtà della fisica e, dunque, si profila del tutto irrazionale e inammissibile. Solo se qualcuno riuscisse a dimostrare che è possibile annichilire un solo atomo (e non, semplicemente, trasformare l'atomo in energia o viceversa), si potrà ipotizzare la tesi del "creazionismo", cioè che vi possa essere stato un "momento in cui è stata creata, dal nulla, la materia", e, conseguenzialmente, che "il tempo esiste come entità", cioè come entità che consente ad un Dio, già esistente, di creare ciò che prima non esisteva e magari, poi, di distruggerla. Questa eventualità, tuttavia, è categoricamente esclusa dalla legge fisica che governa la natura, sicché si può tranquillamente affermare che è fisicamente impossibile che un solo atomo della materia dell'universo possa essere stato creato o possa essere distrutto da chicchessia, ivi incluso Dio.
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In conclusione: è assolutamente incompatibile con la realtà fisica ipotizzare che l'universo possa essere stato "creato" (o possa essere annichilito) da chicchessia: caduta l'ipotesi del "creazionismo", cade necessariamente l'ipotesi del Dio-creatore. Pertanto, alla domanda "chi ha creato l'universo" si può fornire una sola risposta: "Nessuno". E il perché di questa risposta univoca è assai semplice: "Perché la domanda si fonda, in realtà, su un postulato falso, dal momento che le leggi fisiche escludono che vi sia la possibilità di creare materia: non è dunque possibile identificare l'autore di un'azione che è impossibile compiere".
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Le stesse considerazioni varrebbero per qualsiasi altra domanda che si fondasse su postulati altrettanto falsi. Ad esempio, alla domanda "Chi è che fa volare le balene nel cielo?" solo gli "Iddioti" (neologismo che mi permetto di mutuare dal matematico prof. Piergiorgio Odifreddi) potrebbero scervellarsi per cercare di fornire le generalità di "Colui che fa volare le balene"; i sani di mente, al contrario, risponderebbero senza alcuna esitazione: "Nessuno!" E la giustificazione di tanta certezza risiede anche qui nel fatto che la domanda si fonda su un postulato falso, dal momento che le leggi fisiche escludono che vi sia la possibilità che le balene volino nel cielo, sicché non è possibile identificare l'autore di un'azione che è impossibile compiere.
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Queste conclusioni non possono essere invalidate dalla teoria del Big Bang: si può infatti tranquillamente affermare -al di là della validità o meno di questa teoria- che l'universo attualmente esistente è esattamente identico a quello esistente al momento del Big Bang. La teoria del Big Bang, in effetti, non fa altro che ipotizzare l'esplosione di una quantità immane di materia che si era precedente addensata sino a raggiungere una massa volumetrica piccolissima. Questa esplosione avrebbe poi determinato il lancio e l'espansione della materia nello spazio e lo sviluppo di energia, analogamente a quanto avviene nell'esplosione di una stella supernova. Il Big Bang non prova però nulla, né tantomeno prova che "l'universo esiste da tot miliardi di anni", come alcuni affermano, lasciando quasi supporre che, prima di quell'evento, l'universo... non esistesse! In realtà il Big Bang nient'altro è se non uno degli infiniti eventi trasformativi della materia -presumibilmente ricorrente- che riguarda quella porzione di universo infinito che noi possiamo indagare. All'attuale espansione dell'universo per noi visibile, infatti, potrebbe seguire una contrazione sino a generare un nuovo big bang: e così via di seguito, sino all'infinito. Né si può ipotizzare che la cosiddetta "vita" sia una prerogativa esclusiva del pianeta Terra e che essa si sia formata soltanto qualche miliardo di anni fa. La constatazione che la materia si trasforma incessantemente deve indurre, semmai, ad ipotizzare l'esatto contrario, e cioè che la materia ha la capacità di trasformarsi da forme inorganiche a forme organiche, e viceversa: e questo in qualsiasi punto dell'universo e in qualsiasi momento. Questa incessante trasformazione -per nient'affatto influenzata dal "tempo"- non è a senso unico, cioè proiettata nel futuro, bensì ciclica: si può ragionevolmente affermare che tutto ciò che è accaduto accadrà di nuovo. Se vi è vita sulla terra, vi è stata vita e vi sarà vita anche in altri infiniti pianeti: qualsiasi trasformazione, infatti, avviene senza il minimo "dispendio" di materia e di energia, cioè senza che venga annichilito un solo atomo, sicché l'Universo si manifesta come una macchina eterna ed illimitata, che non ha bisogno di Dio per funzionare e il cui bilancio tra energia e materia è sempre in pareggio. D'altra parte, la tesi del Dio-creatore si rivela come un modo surrettizio e inconcludente di rispondere alla domanda "chi ha creato il mondo?". Nel momento in cui, infatti, si identifica in Dio l'Essere che avrebbe "creato" l'universo in un certo istante, si deve necessariamente ipotizzare che quel Dio già esistesse e non abbia mai avuto un "inizio" ed una "fine": in caso contrario, infatti, questo Dio-creatore avrebbe le stesse caratteristiche che si attribuiscono all'universo-creato. Ma allora sorge spontanea un domanda: che senso ha ipotizzare l'esistenza di un Essere (Dio), che non avrebbe mai avuto inizio e non avrà mai una fine, per giustificare l'esistenza di un altro Essere (l'Universo) che -sino a prova contraria- non ha mai anch'esso avuto un inizio e non avrà mai una fine? In altre parole, se il Dio-creatore esisteva già prima della creazione dell'universo, come si può negare che egli avesse la stessa identica prerogativa che compete all'attuale Universo, cioè quella dell' "esistenza"? E per quale motivo, allora, sarebbe necessario -per giustificare l' "esistenza" dell'Universo- ipotizzare l'esistenza di un Dio-creatore, e non sarebbe invece necessario ipotizzare l'esistenza di un altro Essere-creatore, per giustificare l'esistenza del Dio che ha creato l'Universo?
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Come si vede, la "soluzione" del Dio-creatore, congetturata per giustificare l'esistenza dell'universo, non risolve un bel nulla ma, al contrario, fa sorgere la necessità di congetturare l'esistenza di una catena infinita di altri Dei-creatori, per giustificare l'esistenza di ciascuno di essi! Tanto vale, allora, affermare che l'Universo -che abbiamo sotto gli occhi e della cui esistenza siamo certi- c'è sempre stato e sempre ci sarà, come peraltro ci insegna e ci attesta in modo inconfutabile la fondamentale legge fisica secondo cui è assolutamente impossibile, in natura, creare o distruggere una pur infinitesimale porzione di materia.
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Luigi Tosti
tosti.luigi@alice.it
mobile 3384130312
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Questo testo è in regime di Copyleft: la pubblicazione e riproduzione è libera e incoraggiata
purchè l’articolo sia riportato in versione integrale, con lo stesso titolo,
citando il nome dell’autore e riportando questa scritta.
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Nella foto, il giudice Luigi Tosti
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lunedì, agosto 07, 2006

 

Niente tasse rifiuti a tutte le confessioni religiose

La vergogna delle tasse
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Riceviamo e pubblichiamo.
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Cari Amici,
con la presente vorrei segnalare la decisione del Comune di Torino che da quest'anno esenta dal pagamento della tassa raccolta rifiuti tutte le confessioni religiose, anche quelle prive d'intese con lo Stato. Ciò sulla base di 2 sentenze della Corte Costituzionale che bocciavano i privilegi delle "religioni regolamentate" e/o della Chiesa di Roma, in riferimento a leggi regionali. In aggiunta, com'è noto ad altre agevolazioni fiscali decise dal Governo precedente.
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Anche Axteismo potrebbe sfruttare tali privilegi in quanto confessione "per la libertà e la verità contro il plagio e la menzogna". Di certo è vergognoso sentire strillare di crisi economica, di carenza d'entrate fiscali e poi regalare milioni o forse miliardi di euro a chi già affoga nel denaro o comunque - a parole - sostiene che non è un valore per l'uomo!
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venerdì, agosto 04, 2006

 

Il Vaticano “scomunica” Madonna

“Svende la sofferenza di Cristo. Farsi crocifiggere nella città dei papi è atto blasfemo di aperta ostilità. Diffama il cristianesimo e Cristo le chiederà conto delle sue malefatte”.
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Il Vaticano «scomunica» Madonna. «Stavolta si è davvero passato il limite», deplorano Oltretevere. In vista del concerto di domenica prossima a Roma della cantante americana (che nel suo Confessions tour si fa provocatoriamente issare sulla croce), la Santa Sede punta l’indice contro la «sfida blasfema» alla fede e la «profanazione» della croce. «Farsi crocifiggere nella città dei papi e dei martiri è un atto di aperta ostilità, uno scandalo creato ad arte da astuti mercanti per attirare pubblicità - tuona il cardinale Ersilio Tonini, voce autorevole del Sacro Collegio -. A ferire in modo particolare sono la volontà dissacratoria, l’anticlericalismo di pessimo gusto e soprattutto l’insulto a Cristo». Una protesta che diventa monito. «Verrà il momento in cui questa signora capirà che Gesù è morto in croce e ha versato il suo sangue anche per lei - aggiunge il porporato - Provo pietà per lei. Vuol proprio dire che ha toccato il fondo se, per mendicare l’attenzione dei mass media, è ridotta all’estrema provocazione di svendere la sofferenza di Cristo».
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Una blasfemia in mondovisione che allarma la Curia per il segnale di «disfacimento etico» che ne deriva. «E’ vergognoso che la morte di Gesù venga derisa nella città eterna - insorge il teologo orionino Giovanni D’Ercole, capufficio della Segreteria di Stato vaticana -Attraverso la croce calpestata e spettacolarizzata, domenica verrà inflitto un supplizio ignobile alle coscienze dei credenti. Cosa potrà mai insegnare ai suoi figli chi si macchia di simili nefandezze per vile tornaconto economico?». Una tendenza tanto più rischiosa per la religione perché rilanciata dalla moda, con il boom della croce griffata, nella versione dissacrante di gioiello sexy.
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Una «pericolosa tendenza» di cui proprio Madonna è stata l’apripista. «E’ immorale strumentalizzare e trasformare il segno della Passione in amuleto paganeggiante e status symbol per scollature volgari - puntualizza monsignor D’Ercole -. La sacrilega provocazione di Madonna è l’emblema della superficialità della nostra epoca, che tende a relativizzare fino all’autodistruzione. Dobbiamo mostrare maggior decisione nel difendere il sacrificio di Gesù».
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A condannare la «demoniaca parodia della crocifissione» è anche il vescovo Velasio De Paolis, segretario del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica e consultore dell’ex Sant’Uffizio. «Maghi e satanisti impiegano oggetti religiosi per fatture e messe nere, Madonna segue le loro orme: è il frutto marcio della secolarizzazione e rappresenta l’assurdità del male, le tenebre, il mistero dell’iniquità descritto da San Paolo - attacca De Paolis -. E’ come il bestemmiatore che non crede in Dio ma lo nomina di continuo. Per le vignette satiriche su Maometto è scoppiato il finimondo, qui invece una sconsiderata profana la croce nella culla della cattolicità e la fa franca». Anzi, senza che una voce laica si levi a dissentire, intasca («sulla pelle dei credenti») una montagna di soldi. «In fondo è già tutto scritto nel Vangelo - rimarca De Paolis -. La croce simboleggia al tempo stesso la malvagità umana e la bontà divina».
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Rincara la dose Vittorio Messori, tra gli scrittori cattolici più letti nel mondo e l’unico ad aver pubblicato un libro con gli ultimi due pontefici. «Stia attenta lady Veronica Ciccone perché Dio non paga il sabato. Quindici secoli fa un santo e padre della Chiesa scrisse che Gesù sopporta ogni insulto contro di lui ma non tollera che venga offesa, denigrata e vilipesa sua madre - sottolinea Messori -. Fin dalla scelta del nome Madonna (che significa “Mia signora”, quindi indica il ruolo di madre di Gesù) questa cantante suscita in me compassione e mi inquieta. Sinora l’è andata bene e si è arricchita dileggiando il cristianesimo. Alla lunga Cristo le chiederà conto delle sue malefatte».
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Per l’Islam l’equivalente di Maria è Fatima, figlia prediletta di Maometto. «Oggi l’unica diffamazione ammessa dal "politically correct" è quella del cristianesimo - osserva Messori -. La signora Ciccone non si è assegnata il ruolo di Fatima e non sbeffeggia le mezzelune islamiche o le stelle di David perché il cristiano è più tollerante, non mette mano alla scimitarra e non lancia fatwe. Insomma, non fa paura a nessuno».
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Inoltre, la messinscena blasfema della crocifissione, evidenzia Messori, è al contempo un punto di non ritorno e una «misera» provocazione anacronistica: «Non hanno osato tanto neppure i fanatici della Rivoluzione francese e i mangiapreti come Garibaldi che definiva Pio IX un metro cubo di letame e organizzava il venerdì santo banchetti massonici a base di carne di maiale».
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Giacomo Galeazzi
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Nella foto, Madonna in “Confessions”.
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Fonte:
La Stampa 02.08.2006

giovedì, agosto 03, 2006

 

Quale amore ha bisogno di sacrifici umani? Il mito dell'IO contro D'IO

Analisi critica del racconto cristiano. Il potere suggestivo della religione. Dio non c'era a Norimberga.
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di Sergio Martella
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L'idea di un rapporto sui danni della dottrina cattolica è recente nella forma di divulgazione popolare che si intende adottare[1]. C’è da chiedersi perché di tanto ritardo che contrasta con l’enorme varietà di confutazioni filosofiche, letterarie e storiche rivolte contro il cristianesimo. La risposta è disarmante quanto ovvia: solo l’indagine psicologica sul valore simbolico del racconto cristiano è in grado di svelare il senso diseducativo di un messaggio improntato al controllo degli affetti familiari. La carica suggestiva della religione è infatti la componente principale della sua efficacia e risiede unicamente nel gioco fisiologico ed affettivo che si instaura nel rapporto tra generazioni, cioè tra sessualità e potere, a cominciare dall’evento del parto-creazione. La spiritualità è una materia squisitamente psicologica che non può essere intaccata altrimenti sul piano della ragione e della razionalità. Sebbene i principali autori della ricerca in psicologia e in psicoanalisi siano dichiaratamente estranei ad ogni adesione fideistica alle religioni, la divulgazione mediatica delle loro opere ha avuto cura di sminuire e di occultare l’importanza della premessa di laicità di ogni indagine sulla natura psichica dell’uomo.
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L’attività clinica dà modo di verificare e raccogliere una serie di connessioni tra modalità formative che tendono a deprimere l'identità psico-affettiva nella costituzione evolutiva della persona e le inevitabili conseguenze nella determinazione del destino individuale e sociale dell'uomo. Il mondo reale è, infatti, una rappresentazione di ciò che è stato impresso nella fase costituente dell'Io. La psicologa svizzera Alice Miller, per esempio, ne "La persecuzione del bambino" [2] cerca con ansia di mettere in guardia gli educatori dagli effetti della pedagogia nera della religione. Ma ogni appello alla razionalità è utile solo se possiamo educare a riconoscere gli stili formativi che producono un accumulo di cattiveria, di distruttività e di infelicità nell'uomo.
L'insegnamento cristiano è falsamente improntato all'amore universale: basta guardare il simbolo genetico del cristianesimo, il crocifisso e ciò che esso rappresenta, per capire la componente di ambivalenza sadica e masochista che questo "amore" veicola nell'inconscio dei bambini. Il sacrificio come premessa, l'esordio della vita nella colpa, l'inquietante percezione di un uso distorto dell'autorità del genitore, equiparato a dio, nell'espropriare il corpo del figlio e nel farne l'oggetto da distruggere per le proprie incarnazioni mistiche. Infatti, secondo il racconto cristiano: la trinità familiare si incarna nel ruolo del figlio, il quale viene destinato al martirio ed al sacrificio per la salvezza dei suoi stessi assassini e dell’umanità.
Quanta perversione traspare nella semplice formulazione di un tale precetto! Quale amore ha bisogno di sacrifici umani? Può la salvezza dell'umanità derivare dalla disgrazia procurata ad un incolpevole? Si tratta di umana perversione, di cannibalismo affettivo e domestico! Come può accadere che una tale deviazione della coscienza si affermi in modo così radicale nella cultura dell'Occidente? Perché l'intellettualità europea, salvo poche eccezioni, per lo più originate dall'ambiente di cultura ebraica, non sanno rilevare l'evidenza di una tale incongruità con i precetti fondamentali del rispetto umano? Perché ci si ostina a ritenere degne di fede false acquisizioni razionali e a falsificare la storia stessa senza suscitare una opposizione netta tra coloro che si dicono laici?
Ho cercato di dare le risposte a questi quesiti in due saggi
[3]: uno dedicato alla straordinaria metafora anticristiana del Pinocchio di Collodi, e l’altro alla intuizione di Nietzsche che contrappone l’eroe nella tradizione del mito greco alla sconfitta del prototipo del figlio cristiano che finisce in croce o sconfitto nel suo progetto di vita, come Amleto.
Ora, con l'estendersi dell'interesse su questi temi, al di fuori della tradizionale banalità dell'ateismo che cercava di dimostrare la non esistenza materiale di dio ci si prefigge di registrare i danni della esistenza di dio come categoria della mente e dell'educazione di massa. Dove era dio, si chiedono in tanti, mentre in Europa imperversavano i roghi crematori della shoa? Il dio cristiano e antigiudaico della tradizione era proprio lì, furente per la perdita della sovranità sul territorio pontificio e per la forzosa liberazione dell’identità sociale ebraica dai ghetti reclusori. Tormentato per l’estendersi del credo di laicità nelle masse, che sospettava opera di Ebrei! In apparente distacco dinanzi alla logica conseguenza dell'odio antigiudaico seminato per secoli e, anche in quegli anni, sulle pagine dell'organo vaticano, la "Civiltà Cristiana"
[4]. Rimase assente solo sui banchi degli imputati a Norimberga, dove si è negata la verità inconfutabile che gli Ebrei sono stati perseguitati in quanto tali – Ebrei – da una identità culturale altra ed egemone: i Cristiani d’Europa, luterani e laterani alleati per l’occasione! Mai il cristianesimo ha pagato per le conseguenze storiche dei suoi insegnamenti ambigui, di un amore sadico, improntato alla sofferenza come valore e all'infelicità dell'esistenza reale. Oltre la storia, la cronaca di ogni giorno – da Ave Maria di Cogne, ai giovani assassini di satana – registra le forme del disagio radicato nelle istanze della religione che continua impassibile a rivendicare per sé il diritto all'egemonia sull'etica e sulla morale. E' invece evidente che la presenza dei valori cristiani (esaltazione della sofferenza, prescrizione del peccato, liturgia del sangue e istituzione del demonio) è stata l'unica organizzazione sempre garantita nei luoghi del degrado umano ed economico, non solo non riuscendo ad apportare modifiche strutturali alle cause della sofferenza, ma legandosi in modo complementare ed ambivalente con le dinamiche stesse dell'ingiustizia e dell'ignoranza.
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L’affermarsi del degrado in ambiente umano non è quindi conseguenza della mancanza di quei valori dello spirito, come si dice da più parti, ma è conseguenza dell’affermarsi di quei valori egemoni in mancanza di una loro attenuazione ad opera dell’emancipazione civile e laica.
Al di là di un auspicabile risveglio della ragione di fronte alle palesi deformità introdotte dalla religione cristiana, cattolica in particolare, nelle basilari nozioni di igiene degli affetti e del rispetto umano; nonostante siano già accertate responsabilità storiche incredibilmente gravi e altre restino ancora inesplorate, a riprova di un amore immaturo inculcato nella soggettività dell'Occidente, resta non risolto il nodo centrale della comprensione profonda di questo fenomeno. Non è sufficiente contrapporre il darwinismo al conato del creazionismo nelle tendenze regressive del presente. E' necessario aprire gli armadi di una conoscenza così gravosa da recepire in termini estesi, da essere rifiutata largamente anche nelle fasce della popolazione "di fede democratica" in Italia.
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DIETRO LA RELIGIONE E I SUOI DETTAMI DI CRUDELTA' OGGETTIVA NEI RAPPORTI PEDAGOGICI TRA GENERAZIONI SI LEGITTIMA IL MOTORE STESSO DELL'ALIENAZIONE SESSUALE DELLA DONNA (quindi dell'intera umanità), LA SUA ESCLUSIONE DA UNA COMPLETA INDIVIDUAZIONE E RESPONSABILITA' SOCIALE.
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La mistificazione di questo importantissimo tema è tale da riferire l'ambito delle discussioni unicamente al conflitto tra sessi. Niente di più sbagliato. Lo studio dell'esegesi analitica del mito, come accade con lo studio dei sogni e del simbolismo in generale applicato alla letteratura e all'arte, rivela nel racconto cristiano (eucaristia, spirito santo e pos-sesso sulla figlia Maria, negazione del ruolo del padre, incarnazione nel corpo dei figli con le stimmate sessuali femminili del sangue e del dolore) l'estensione in termini socializzati della psicologia della Grande Madre intesa nel senso junghiano, in particolare, nell’accezione di Erich Neumann
[5]. L'alienazione della donna madre, unitamente all'enorme potere neuro-affettivo che il mistero del parto-creazione le conferisce (per la natura fisiologica dei mammiferi), connota l'identità dell'Eterna Fattrice di una attribuzione divina da sempre riconosciuta nelle culture di ogni epoca, a partire dalle più remote.
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La religione in genere e, in Occidente, il monoteismo cristiano costituiscono esattamente l'espressione più coerente della psicologia della Grande Madre. Da qui deriva l'invisibilità e la radicale impunibilità delle istanze, anche sadiche (ma ammantate di profonda affettività), del cristianesimo. Da qui l'assoluta incongruenza tra buon senso, ragione e fede. La madre può sbagliare, essere immatura negli affetti, esigere tributi di sangue a infinito risarcimento di quello da lei donato nella gestazione e nel parto, e tuttavia conservare intatta la forza del suo potere che le deriva dall'aver "pettinato" i neuroni e l'identità affettiva dei nati da lei, uomini e donne.
La religione è la rappresentazione socializzata di questo potere. Dalla natività di un essere destinato al rito di sangue e martirio, al controllo delle istanze sessuali e di generazione, alle perversioni mistiche del corpo martoriato ben raffigurate nella gino-iconologia dolente e sanguinosa dell’arte sacra, la religione non è solo un’istanza del potere politico o culturale: essa è innanzitutto la realtà di un’alienante e radicata sofferenza domestica, è un’affezione così profonda da essere riverita con tenacia anche da chi non si dice praticante e tuttavia, difende il cristianesimo nella sua essenza.
Per lo stesso motivo il cristianesimo, subendo scismi e insanabili contraddizioni, ha resistito ad ogni critica razionale, ad ogni rendiconto di colpa pur riconosciuta valida e dimostrata. Ma non è più lecito tollerare un uso anti-umano del potere degli affetti, diretto specialmente contro i bambini e la loro aspettativa di benessere!
Alla base di tutto ciò, è una originaria mancanza di generosità, una inveterata attitudine al possesso, all’esproprio della proprietà sessuale del figlio e della figlia in quanto causa temuta di emancipazione e di distacco, in piena autonomia di generazione: si fraintende, con frode, la naturale proprietà di ruolo che ha la donna di essere madre, con la proprietà materiale sui corpi dei figli generati e con il bisogno di confonderne in modo suggestivo lo spirito. A differenza di altre religioni e dell’ebraismo, che propone un patto tra generazioni attraverso l’attribuzione della legge al padre, la dottrina del Nuovo Testamento espone e pianifica l’apologia di un puro e semplice esproprio della vita dei figli (e della loro autonomia sessuale) sotto il controllo della trinità familiare.
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L’attitudine al possesso (pos-sesso) è la modalità di dominio esercitata dalla generazione che detiene il potere attuale. Il potere ha, infatti, una origine sessuale: c’è un paradosso intrinseco alla natura sessuale dell’umanità che evidenzia come solo la figlia, in quanto femmina, può divenire più grande e potente del suo creatore, che è la madre. Unicamente lei, non il maschio vezzeggiato, può procreare e mettere in mora il ruolo di potere generazionale della madre! Il sesso della donna, prediletto dalla natura, è reietto nel confronto con il potere acquisito della madre. L’imposizione dello ius dello spirito santo sulle “cose” di Maria è l’esemplificazione del conflitto della madre contro la natura: è perversione. Solo alla luce di questa premessa si possono comprendere i legami di senso che in varie culture uniscono riti crudeli contro la giovane donna, quando non è ancora madre; come l'infibulazione (rito di ingresso della giovane nel clan delle donne adulte), la cacciata con maledizione e colpa della figlia Eva dalla gratuità domestica per partorire con dolo e dolore, e, peggiore di tutte, lo spossessamento del corpo e della sessualità della figlia Maria da parte della madre spirito-santo, trinità matriarcale che già incorpora, nel sistema monadico, il padre e il figlio.
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Un approccio neurolinguistico e simbolico - non etimologico - rivela in alcune forme lessicali delle lingue neolatine la natura matriarcale e androgina della chiesa: "Don" è contrazione di "donna", è anche il suono del batacchio sotto la gonna-campana, iconologia della madre che in sé trattiene il figlio-fallo, nella fattispecie il prete; "duomo" è, infatti, la fusione fonetica di donna-uomo; i frati recano il cordone ombellicale ancora non reciso alla vita, le suore il velo placentale segno di possesso della madre. Il divieto all'uso della sessualità sottolinea la centralità e l'obbedienza all'unico sesso della madre. Nel caso del racconto dei vangeli, la giovane donna semplicemente viene privata del diritto di succedere alla madre nel potere di una autonoma procreazione. Non bastano i cento anni di coma letargico della giovane, dal momento del menarca (la prima goccia di sangue) fino al risveglio, per placare l’ira della madre-strega. Il veleno della mela, la maledizione biblica e la cacciata dal mondo domestico non placano la sete di invidia e di rancore nella matrigna; né la sterilità procurata alla terra ripaga Demetra dell’insana gelosa nei confronti della figlia Core che assurge al ruolo di sposa in un altro regno. Né Psiche ha ancora finito di pagare alle altre donne (sorelle, madre e suocera) il tributo a causa della sua bellezza e del suo amore per Eros. La figlia é la vittima prediletta dalla brama del rispecchiamento di ogni madre. L'infelicità che ne consegue si riverbera nel rapporto con l'uomo, nel masochismo congenito che la lega al persecutore, nella depressione post partum che sfocia nel figlicidio o nella sterilità.
Se il tema del conflitto tra matrigna e figlia viene trattato e risolto nel mito e nelle fiabe (Cenerentola, la Bella Addormantata, Biancaneve,...), l'entità unica matriarcale proposta dal modello cristiano imperversa, invece, nell'illusione di vivere due esistenze in una: la sua e quella della figlia che le appartiene per diritto di proprietà indivisa e di invidia (individia). Per compiacere l’insana pretesa della madre crisitana, Maria non ha sesso (vergine immacolata) e non ha un amante, che invece la tradizione ebraica conferisce ad Eva, che succede, sia pure con colpa, alla divinità matrilineare ebraica. Il figlio Cristo, esito nella giovane e succube Maria di una radicale mancanza di riconoscimento della proprietà sessuale, prodotto di un tale spossessamento, nato per caso inopinato (per virtù dello spirito santo e non di una libera scelta), non può che essere predestinato al rango di un... “povero cristo”! Tale è, in effetti, la premessa ed il suo destino. Sul suo corpo, reso femminile con la ferita nel costato (da cui era nata Eva) e dagli attributi di innocenza, passività ed esclusione, convergono le istanze femminili irrisolte dell'infelicità e dell'immaturità affettiva. Lo scarico sul corpo mistico dell'uomo femminilizzato e mestruato da ferite emorragiche (Cristo, Che Guevara o Padre Pio,...) costituisce il punto di saldatura e di scarico emotivo delle scorie di violenza frutto della innaturale fusione tra madre e donna (ma-donna). Si completa così un ciclo di asservimento, sempre a scapito della giovane e del rinnovo di generazione. Cristo assume una apparente funzione lenitiva, attraverso la rappresentazione della sua morte nel rituale del ma-sacro (sacralità materna). Perciò il cerchio mistico dell’incesto cristiano si alimenta di dolore, perversione, proiezione e controllo.
Guai a toccare la figura sanguinante, emblema di scarico dell’ingiustizia e dell’infelicità, avvolta nel sudario della placenta sindone! Il corpo, oggetto di necrofilia, è pianto nella scena della deposizione dalla madre che lo ha sacrificato a compenso della propria alienazione; in ugual modo, nei riti dell’antico matriarcato tramandati da Euripide, la baccante Agave piange il figlio Penteo da lei stessa smembrato. Si tollera l'intollerabile pur di non riconoscere il conflitto tra generazioni al femminile!
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Cosa si può fare per porre rimedio a questa barbarie nella civiltà degli affetti? Si provi a spiegare alle masse di fedenti (credenti in cattiva fede) e credini (credenti passivi) – resi sadici o masochisti per benedizione divina, furbi et orbi – quali istanze innaturali e contrarie alla naturale emancipazione della sessualità si riproducono nella formazione pedagogica cristiana. Da tempo combattiamo una battaglia impari contro le istituzioni alienate dello sfruttamento che conseguentemente e coerentemente con la disumanità del credo si sono stabilizzate in accordo e reciproco sostegno con la religione. Non è forse vero che, in economia, ogni Azienda Madre Controlla e Possiede le Azioni delle sue Filiali? Non è forse vero che il Nazismo (un primato composito di nascita e nazione, madre-patria) e il Razzismo fondino le loro ragioni sul diritto di sangue e di appartenenza forzata, che sono attributi del codice materno?[6] E i misfatti sanguinosi delle “nostre cose”, nella tragica epopea di “cosa nostra”, non sono forse ascrivibili ad una affiliazione intorno al corpo centrale del “mammasantissima”, nelle famiglie di mafia? Non è semplice accettare di capire fino a che punto si estendono le implicazioni di una sub-cultura matriarcale degli affetti, che è al tempo stesso potente, disumana e incontrollata. Essa confonde uomini e donne in una esistenza crudele ed alienata.
Molto si può fare nel senso di una presa di coscienza. La pratica professionale di terapeuta dimostra che le connessioni analitiche e culturali, difficili da spiegare in termini scientifici, diventano di colpo comprensibili nella valutazione clinica della storia personale di ciascuno. Di fronte al personale libro della vita e degli affetti familiari, ossia dinanzi al codice di relazioni che hanno determinato la nostra vita, risulta logico e facile distinguere la causa dall'effetto che governa la percezione di felicità o l'impotenza dolorosa del fallimento nel progetto di vita. I risultati si possono apprezzare in termini clinici. Ma ovviamente ciò non basta. Occorre mettere in atto strategie di recupero e di consapevolezza in larghi strati della popolazione. Sempre Alice Miller dimostra la ineluttabile relazione tra formazione affettiva e qualità della vita. Tuttavia, in Italia, non una sola ora di educazione alle ragioni della laicità è stata organizzata nei programmi scolastici nazionali!
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Una volta individuato il fenomeno, non spetta alla psicoanalisi fornire le risposte di un problema reale che riguarda invece la coscienza civile e sociale. Lo Stato italiano è nato su criteri di latinità pre-cristiana, la scienza (Giordano Bruno, Galilei,...) si è costituita intorno ad un nucleo anticristiano, il Rinascimento è stato possibile solo grazie alla riscoperta dei classici greci, l'antifascismo e la liberazione non ha visto il vaticano attivo contro i regimi, bensì schierato dall'altra parte, intento a redigere la propria legittimazione nei concordati con Hitler e Mussolini, ai quali garantiva consenso e sostegno nell’ascesa. Il meglio prodotto in Italia (compresa l'arte sacra, che non era certo realizzata da stinchi di santo) è stato ispirato da una visione laica e democratica della vita e del corpo. Proporre la necessaria questione della emarginazione del cristianesimo nel novero delle opzioni del privato incontra oggi una resistenza fortissima. In tutti i settori. Nella migliore delle ipotesi si tende a sminuire il problema e a lasciare intatte le contraddizioni.
Nonostante i giusti propositi, il movimento femminista contribuisce in parte a ritardare la comprensione del fenomeno: radicalizzando inutilmente il conflitto tra i sessi; operando nel senso della rimozione, della censura o della reticenza sulla vera natura del conflitto sessuale, che non è tra generi, ma tra generazioni, tra madre e figlia, in particolare.
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Non si pensi che la critica all’apologia cristiana del controllo sul ruolo sessuale dei figli sia una battaglia di retroguardia: è raro che si ponga in modo cosciente e radicale la proposta concreta di rendere visibile al largo pubblico le responsabilità, non solo storiche, ma formative e causali del cristianesimo. Bisogna comunque agire nel senso di educare ad una igiene degli affetti.
Il credo monoteista sta ad indicare un uso improprio della centralità del ruolo sessuale della madre (anche se incarna corpi maschili) che condiziona il costituirsi degli eventi del reale. Perfino la storia recente dimostra che la religione è più efficace della politica nel determinare gli eventi, per questo è importante che si voglia sapere dei reali contenuti trasmessi. Di per sé la religiosità sarebbe un fattore umano compatibile con la civiltà, a patto che vi sia consapevolezza delle istanze veicolate nel racconto di fede, che poi è prescrizione e istanza morale.
Sarebbe altresì necessario che le rappresentazioni religiose e rituali rimanessero tali, ossia distinte dall'imposizione di un credo che confonde il simbolico con il reale. Per esempio, il fatto di celebrare la festa della nascita a dicembre con il rito dei doni da parte di Babbo Natale non deve imporre la necessità dell'inganno sulla reale esistenza di un personaggio della fantasia come se fosse reale! Una cosa è la naturale progressione che i bambini attuano nel distinguere la fantasia dalla realtà, altra cosa è la pelosa e deleteria attitudine degli adulti di vedere realizzate le proprie istanze di insoddisfazione infantile facendo credere per forza l'esistenza del falso. Forse che non si può giocare o godere di un rito gioioso sapendo che è un rito in quanto tale? Il racconto evangelico evoca i fantasmi di una affettività immatura, distruttiva e colpevole; ma, nell’assumere le istanze del conflitto non le risolve, non si limita a rappresentarle: le istituzionalizza.
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Le religioni monoteiste non sono uguali negli effetti delle istanze da esse inoculate fin dalla più tenera età. Non sempre è facile riconoscere, nel confronto, il grado di pericolosità; infatti, concorrono altri fattori nelle società a influenzare gli effetti del credo. In Occidente la cultura laica e razionalista ha attenuato enormemente gli effetti in sé deleteri del cristianesimo (oltre alla secolare reclusione e sterminio degli Ebrei, si pensi all'analogo scempio attuato nelle Americhe: la crudeltà è un vizio congenito ai custodi del cristianesimo!). Nel paesi arabi l'islamismo non si giova di una analoga progressione sociale. L'ebraismo ha invece individuato le corrette radici del problema proponendosi in termini di patto, di legame (akedà) tra generazioni: sempre la madre si pone nel ruolo di dio (l'appartenenza ebraica è matrilineare), ma conferisce il potere della legge terrena (Dio verso Mosè) al ruolo paterno. L'esatto opposto della regressione cristiana, che rimanda il padre nella vacuità dei cieli o nel pleonasmo di un vecchio e sterile sposo. Sostituisce il rito totemico del pene-pane del padre nella tradizione ebraica con l’eritrofobia dell’ostia-imene che celebra la reintegrazione della lacerazione del parto-creazione a cui è destinato il martirio del figlio che restituisce carne e sangue alla madre.
Nell'ebraismo la madre ideale è colei che è disposta a separarsi dal figlio purché egli viva (il giudizio di Salomone). Nel cristianesimo la madre è entità globale, indistinta, inglobante e distruttiva, come la grande madre del clan o gregge pre-sociale. È la menade crudele e folle che smembra il figlio Penteo e poi lo piange, come fa Maria sul corpo di Cristo ancora avvolto nella placenta sindonica
[7].
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Ogni religione rimane comunque una opzione implicita della coscienza su temi che invece sono alla portata della comprensione umana. Meglio sarebbe una civiltà fondata sulla capacità di rappresentare, senza obbligo di fede, tutte le istanze dell'animo umano. La tradizione dei Greci in questo è maestra.
E' necessario in tutti i casi nominare la natura sessuale delle cose. Personalmente non esito a rischiare attacchi personali o scomuniche di varia natura, poiché ritengo una battaglia di assoluta civiltà rendere visibili gli effetti dell'ignoranza e della malafede. Tutti i campi del sapere e della società sono chiamati ad affermare la civiltà e l’igiene degli affetti. So per certo che è possibile. Se è prevedibile una reazione con la consueta violenza già riscontrata nella storia di fronte agli avanzamenti della coscienza e della società, esiste tuttavia oggi, molto più che in passato, una minoranza numerica di individui, che è già maggioranza qualitativa nel distinguere e rendere visibili i fantasmi dell'inconscio retaggio di una aggressività non risolta. Si tratta di individuare i percorsi di una emancipazione ulteriore per adeguare la consapevolezza umana allo sviluppo della tecnologia e all'inedito potere che essa conferisce all'uomo. Le nuove potenzialità richiedono una dilatazione della coscienza per far sì che ciò che abbiamo costruito non sia rivolto contro di noi, ma a vantaggio di una integrazione con la natura, di cui siamo e restiamo una cosciente emanazione.
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Sergio Martella
sergio.martella@alice.it
mobile 3283841536
www.arte-e-psiche.com
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Note:
[1] Un recente studio statistico sui danni sociali correlati alla religiosità:
Gregory S. Paul, Cross-National Correlations of Quantifiable Societal Health with Popular Religiosity and Secularism in the Prosperous Democracies, Journal of Religion & Society, vol. 7 2005.
Una sintesi è al sito: http://moses.creighton.edu/jrs/2005/2005-11.html
[2] Alice Miller, La persecuzione del bambino, Bollati Boringhieri, Torino,1989.
[3] Sergio Martella, Pinocchio eroe anticristiano. Il codice della nascita nei processi di liberazione, Edizioni Sapere, Padova, 2000.
Sergio Martella, Il furore di Nietzsche. La nascita dell'eroe e della differenza sessuale, Cleup, Padova, 2005.
[4] David I. Kertzer, I papi contro gli ebrei. Il ruolo del Vaticano nell'ascesa dell'antisemitismo moderno (titolo originale: The Popes against the Jews, Alfred A. Knopf Inc. 2001), Rizzoli, Milano, 2001.
[5] Erich Neumann, Storia delle origini della coscienza, Astrolabio, Roma, 1978.
[6] Jamine Chasseguet Smirgel, L’ideale dell’Io, Cortina Editore, Milano, 1991, pp. 59,60.
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Nella foto, lo psicoterapeuta Sergio Martella, autore del libro
Il furore di Nietzsche - La nascita dell'eroe e della differenza sessuale
Edizioni Cleup di Padova.
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